mercoledì 29 maggio 2019

Nietzsche: un “cavallo pazzo”, o forse è il caso di dire di lui “l’uomo che sussurrava ai cavalli”


Che lui fosse fuor di melone, lo sappiamo un po’ tutti: a proposito, la Meloni, al plurale, non c’entra proprio nulla con lui, diciamolo in partenza! Ciò detto, non tanti sanno che avrebbe potuto avere una parte nel romanzo di Nicholas Evans, già! Il non plus ultra della tenerezza, potremmo aggiungere, nel leggere la sua storia! 
Oggi, restando tra i confini del lessico ippico, il cavallo di battaglia, invece, è quello di Troia: dire e disdire, cioè mentire, è piuttosto comune, infatti, per mandare in tilt il cervello dei cittadini, ormai decaduto a molecola bovina. Giacché siamo diventati popolo bue, meglio invocare, a questo punto, la lucida follia di chi, come lui, schiuse i suoi fragili sogni, sia pure nella nebulosa della sua non facile esistenza. Forse, la sua “firma” dovremmo imprimercela di più nella mente per dare “forma” ad una vita più autentica, chissà!

Incontestabile il suo carattere esuberante: 

«Ich bin kein Mensch, ich bin Dynamit» 

(Ecce Homo “Perché sono un destino”, 1) 

«Io non sono un uomo, sono dinamite»

Tuttavia, era insito in lui un disordine necessario per dare ordine al suo pensiero: un contrappasso, spesso sottile, ai limiti della ratio, e a tinte caravaggesche, bisognoso di luce.

«Man muss noch Chaos in sich haben, um einen tanzenden Stern gebären zu können» 

(Così parlò Zarathustra, Prefazione di Zarathustra, 5) 

ovvero: «Bisogna avere ancora il caos dentro di sé per generare una stella danzante»
Veniamo ora ad un aneddoto che, a mio dire, nell’attraversare la sua persona, sa porgere bene la sua umanità. 
Friedrich Nietzsche, il filosofo tedesco del mito del Superuomo e di Così parlò Zarathustra, si trovava a Torino, in Piazza Carlo Alberto, una sera del gennaio 1889. Aveva quarantacinque anni, allora: i suoi occhi catturavano la bellezza del Piemonte nel cuore del suo capoluogo. “Su Torino non c’è niente da ridire: è una città magnifica e singolarmente benefica” e ancora “Torino non è un luogo che si abbandona”. C’era tutta la sua nostalgia messinese della terra sicula ad accompagnarlo: come non ricordare, in questa sede, i suoi Ditirambi di Dioniso ed Idilli di Messina! 


«Che io sia bandito da ogni verità! Soltanto pazzo! Soltanto poeta»: proprio da lì, dalla terra degli Dei, esplorò il mondo con le corde liriche di una nuova poesia.  Cosa capitò nella città sabauda, sorge spontaneo saperlo, a questo punto! Uscendo di casa, vide un cocchiere frustare violentemente e prendere a calci il suo cavallo. Sconvolto da questa immotivata ferocia, corse a fermare l’uomo e una volta arrivatogli vicino, con le lacrime agli occhi, iniziò ad abbracciare e baciare il corsiero. Il filosofo fu riaccompagnato a casa, stravolto, mentre urlava di essere “Dioniso” o “Gesù Crocifisso”. 
C’è da dire che lui stesso nel maggio precedente aveva scritto in una lettera ad un amico:

...... stanotte ho fatto un sogno strano. Abbracciavo il collo di un cavallo......

Certo, non siamo ai livelli di Caligola, come ben riporta sull’imperatore romano Cassio Dione Cocceiano nella sua Storia romana, ma in fatto di delirio, l’interlocutore sembra essere il medesimo: [Caligola] era solito portarsi a cena uno dei suoi cavalli, che aveva chiamato Incitatus, e gli offriva orzo e beveva vino alla sua salute da calici dorati; giurava sulla vita e il destino dell’animale e si ripromise anche di nominarlo console, una promessa che avrebbe sicuramente mantenuto se fosse vissuto più a lungo.
Furia, cavallo del west: forse, l’uno, e po’anche l’altro, fuor di battuta!


Comunque, tornando a noi, il 9 gennaio, l’amico Overbeckper, teologo protestante e suo ex insegnante, giunse a Torino per portare via Nietzsche e farlo curare in una clinica psichiatrica a Basilea. 
Per la cronaca, in via Carlo Alberto 6, nella dimora che lo ospitò, al quarto piano, prima del suo collasso mentale, si trova ancora adesso una effige con su scritto: “In questa casa Federico Nietzsche conobbe la pienezza dello spirito che tenta l’ignoto, la volontà di dominio che suscita l’eroe. Qui, ad attestare l’alto destino e il genio, scrisse Ecce Homo, libro della sua vita. A ricordo delle ore creatrici, primavera autunno 1888, nel primo centenario della nascita la città di Torino pose”. 
“Follie”, avrebbe chiosato Verdi in una celebre aria: necessari squilibri! Così è se vi pare!

Francesco Polopoli

fonte: I VIAGGIATORI IGNORANTI

Bibliografia 

Nietzsche, Poesie, Idilli di Messina / Ditirambi di Dioniso, a cura di Luca Crescenzi, Roma 1998 (per la parte biografica utile il profilo ivi contenuto pp.13-17, a cura di A. Venturelli). 

Sitografia 

http://www.ilsalottodinonnama.it/aneddoti/144-pazzia-di-un-filosofo-tedesco-nietzsche.html 


FRANCESCO POLOPOLI
Nato nel 1973, filologo, esperto di filologia neotestamentaria e divulgatore gioachimita. Ha partecipato a Convegni di italianistica, in qualità di relatore, sia in Europa (Budapest) che in Italia (Cattolica di Milano). Attualmente risiede a Lamezia Terme e da articolista si prende cura dell’antico non solo tramite le testate on line della propria cittadella natale ma anche attraverso Orizzonte Scuola e Tecnica della Scuola, diffondendo in comunità virtuali sempre più condivise i propri contributi. Attualmente è docente di latino e greco presso il Liceo Classico di San Giovanni in Fiore e Membro del Centro internazionale di studi gioachimiti. Ultimo è il volume Vitamina classica. Approccio semiserio alla cultura dell’antico.

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