giovedì 25 luglio 2019

"fu allora che vidi il Pendolo"


Fu allora che vidi il Pendolo.
Con queste parole Umberto Eco iniziò il suo secondo, straordinario romanzo, intitolato proprio “Il Pendolo di Foucault”. Una vertiginosa cavalcata attraverso i complottismi e i misteri veri o presunti della storia dell’umanità, costruita attraverso un artificio narrativo che vede dei colti ma spesso ingenui redattori di una casa editrice impelagarsi in una sorta di “gioco” intellettuale attraverso il quale si divertono a inventare complicati e misteriosi complotti partendo da reali fatti storici fino a scoprire che in molti, più o meno apertamente, ci credono davvero, tanto da diventare persino pericolosi per se stessi e per gli stessi autori inconsapevoli del “gioco”.
Una trama sorprendente e complessa, che in questa epoca brulicante di “complottismi” ai vari livelli si rivela essere stata, come spesso accadde al grande scrittore piemontese, una autentica e clamorosa anticipazione degli anni che stiamo vivendo (Basti pensare che tutto il meccanismo che regola “Il codice Da Vinci” di Dan Brown, clamoroso caso letterario e non solo di inizio millennio, è già raccontato e racchiuso in uno solo dei dieci capitoli del romanzo di Eco, scritto nel 1988).
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Riportiamo, giusto per rendere l'idea di quanto Dan Brown non abbia inventato nulla che lo scrittore italiano non avesse già provveduto a "smantellare", la citazione presente in testa al capitolo 66 del romanzo di Umberto Eco: 
« Se la nostra ipotesi è esatta, Il Santo Graal... era la stirpe e i discendenti di Gesù, il 'Sang Real' di cui erano guardiani i Templari... Nel contempo il Santo Graal doveva essere, alla lettera, il ricettacolo che aveva ricevuto e contenuto il sangue di Gesù. In altre parole doveva essere il grembo della Maddalena. (M. Baigent, R. Leight, H. Lincoln. "The Holy Blood and the Holy Grail" 1982, London, Cape, XIV)»
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Fra le sempre innumerevoli suggestioni e gli infiniti rimandi che ogni scritto di Eco ha sempre portato all’attenzione dei lettori, ci interessa qui raccontare l’elemento che l’autore scelse per il titolo, elemento che all’interno della storia assume significati simbolici e presenza fisica di primaria importanza per tutto lo svolgimento della vicenda.

Chi era Foucault? E di che pendolo si sta parlando?

Si tratta di Jean Bernard Léon Foucault, conosciuto più semplicemente come Léon Foucault, un fisico francese dell’800, nato a Parigi il 18 settembre del 1819 e morto nella stessa capitale francese l’11 febbraio del 1868, a soli 48 anni. Fu un brillante scienziato che si interessò prima alla medicina e poi alla fisica, e con invenzioni ed esperimenti tanto semplici quanto geniali produsse delle dimostrazioni spettacolari di diversi fenomeni fino ad allora conosciuti solo nella teoria.
Nel 1850 riuscì a dimostrare, per mezzo di uno specchio girevole, che la velocità di propagazione della luce nell'aria è maggiore che nell'acqua. Stabilì anche che la velocità della luce varia in maniera inversamente proporzionale all'indice di rifrazione del mezzo nel quale si propaga.
Con uno dei suoi geniali esperimenti, utilizzando opportunamente il cosiddetto specchio di Wheatstone, riuscì a calcolare la velocità della luce, con i mezzi dell’epoca, scostandosi da quella reale accertata quasi un secolo dopo di solo uno 0,6% (ottenne un valore di 298.000.000 metri/sec, ben  10.000.000 metri/sec  inferiore al valore comunemente accettato all'epoca. Oggi la velocità della luce è indicata a 299.792.458 metri/sec). Vi riuscì misurando lo scostamento di un raggio di luce dopo che questi aveva colpito un primo specchio curvo, poi un secondo specchio piano che rimandava indietro la luce al primo specchio mentre questo stava ruotando e infine lo rimandava al punto di partenza. La distanza fra il punto da dove era partito il raggio e il punto dove era tornato, in relazione a quanto lo specchio era ruotato nel frattempo, gli fornì la velocità che aveva impiegato il raggio di luce a percorrere avanti e indietro la distanza fra i due specchi. Molto più complesso a dirlo che a farlo, in realtà, e forse meglio comprensibile con un disegno: 
Ma l’esperimento più spettacolare Foucault lo ideò per una dimostrazione ancora più clamorosa: rendere evidente a tutto il mondo la rotazione del pianeta Terra intorno al suo asse. Nel 1850 la fisica non aveva più dubbio alcuno riguardo alla rotazione terrestre e ai suoi meccanismi, ma non era ancora stato trovato il modo di rendere visibile a tutti, senza ricorrere alle stelle e agli altri pianeti, il fatto apparentemente ovvio che la terra girasse!
Il colpo di genio di Foucault arrivò da una constatazione semplice (come spesso capita per i colpi di genio) riguardante un attributo fondamentale di un oggetto da tutti conosciuto: il pendolo. L’attributo riguardava il suo piano di oscillazione. Si sapeva, anche per semplici esperienze dirette, che qualunque pendolo mantiene inalterato il suo piano di oscillazione (per le proprietà di un sistema inerziale) anche se il suo supporto si muove. È una esperienza che chiunque può fare avendo a disposizione anche un piccolo pendolo con una struttura portante che lo sostenga: se si ruota la struttura alla quale è appeso, il pendolo continua ad oscillare nella stessa direzione. Lavorando su questo principio, fra l’altro, lo stesso Foucault inventò qualche anno dopo il giroscopio, un meccanismo che ormai trova applicazioni in centinaia di apparecchi anche di uso comune.


Ma l’idea di Foucault nel 1851 fu ancora più grandiosa: se avesse usato come supporto girevole proprio la terra? Per qualunque osservatore, che poggiava sulla terra stessa, sarebbe stato il pendolo a cambiare direzione!
Per poter rendere visibile un simile fenomeno, Foucault aveva bisogno di uno spazio molto grande, un filo molto lungo e un pendolo piuttosto pesante che potesse compiere ampie oscillazioni. La location fu la più adatta e la più spettacolare possibile: il Pantheon di Parigi.


Il 31 Marzo del 1851 Foucault appese alla volta dell'altissima cupola del Pantheon un gigantesco pendolo con un filo di 67 metri in fondo al quale pendeva una sfera di 28Kg, e lo fece oscillare di continuo per molte ore. In un sistema inerziale, il pendolo avrebbe dovuto continuare ad oscillare sempre nella stessa direzione, ma accadde qualcosa di molto diverso.
Per rendere evidente il movimento, Foucault applicò alla sfera una punta che sfiorava il pavimento senza toccarlo, e fece disporre a terra uno strato di sabbia. I segni lasciati sulla sabbia dalle oscillazioni del pendolo sarebbero stati così ben visibili. Accadde quindi che col passare delle ore il pendolo cominciò a tracciare linee curve, tendendo sempre a deviare verso destra, fino a compiere dopo molte ore un giro completo: il Pantheon, tutti gli spettatori ormai a bocca aperta, Parigi, la Francia, l’Europa e con loro tutta la Terra avevano girato intorno al pendolo, unico punto fermo in tutto il pianeta.


Diremo ora, per precisione scientifica, che il pendolo avrebbe impiegato un giorno esatto a compiere tutto il girosolo se si fosse trovato posizionato su uno dei due poli. Ad altre latitudini infatti il suo periodo di rotazione cambia in base ad una semplice formula matematica (e al di sotto dell'equatore ruota in senso inverso, cioè "piega" verso sinistra), che comunque non staremo ad illustrare qui. Ci basti sapere che alla latitudine di Parigi impiega (ed impiegò all’epoca) circa 32 ore a compiere un giro completo. Il fenomeno era (ed è tuttora) comunque sensibilmente riscontrabile anche ad intervalli più brevi, perché ogni ora il piano di oscillazione del pendolo (in realtà, come detto, tutta Parigisi sposta comunque di circa 11 gradi, ed è una variazione ben visibile.
Per capire l’importanza della geniale dimostrazione di Foucault, nonostante la rotazione terrestre fosse all’epoca ben conosciuta ed accettata, riportiamo ciò che scrisse lui stesso sul “Journal des debats” dopo il clamoroso successo del suo “spettacolo”:
“La nozione del movimento della Terra è oggi  talmente diffusa ed ha così vittoriosamente superato l’ambito accademico per diventare un’idea in possesso di tutti, che potrà sembrare inutile cercare di fornirne una nuova prova. Tuttavia, se si considera che i principali argomenti a sostegno di tale movimento sono basati sull’osservazione dei fenomeni celesti, si vorrà forse prestare attenzione al risultato di un esperimento che permette di dimostrare la rotazione terrestre attraverso l’osservazione di un fenomeno prodotto a domicilio, senza gettare un occhio al cielo”
Lui comunque amava gettare gli occhi al cielo, dato che dopo essere stato colpito, nel 1866, da un morbo allora sconosciuto che con tutta probabilità fu una forma di sclerosi (multipla o laterale amiotrofica) una volta perso l'uso delle gambe e poi quello della parola, da un certo punto in poi si fece montare uno dei suoi specchi (una sua invenzione, che seguiva il moto degli astri) in modo da poter continuare a vedere la volta stellata anche se paralizzato nel letto. Trascorse così, con gli occhi al cielo, l’ultimo periodo della sua vita finché la morte non lo raggiunse nel febbraio del 1868.


Ma non saremmo “viaggiatori” se non invitassimo anche alla visita. Tutto ciò che si è appena raccontato è tuttora visibile. Nella volta del Pantheon di Parigi (luogo da visitare anche per le solenni sepolture “laiche” dei più grandi personaggi della storia francese, da Hugo a Voltaire, dai Dumas a Zola, da Rousseau ai Curie) è di nuovo appeso un pendolo tal quale quello di Foucault (appena più moderno, con un meccanismo elettromagnetico, sempre inventato da Léon, che ne perpetua le oscillazioni per evitare che l’attrito dell’aria lo rallenti) e che permette in ogni momento di osservare “dal vivo” il movimento del nostro pianeta. Uno spettacolo indimenticabile che fa rivivere in ogni istante la meraviglia scientifica pensata e messa in scena dal grande scienziato.
E non solo al Pantheon. Il pendolo di Foucault dà mostra della sua meraviglia anche in un altro luogo di Parigi, cheè esattamente quello dove Umberto Eco colloca le scene iniziali e finali del suo geniale e monumentale romanzo.


È la chiesa sconsacrata di Saint-Martin-des-Champs (un ex priorato, la cui struttura originaria risale alle epoche merovinge e carolingie, tanto per restare nell'ambito cospirazionista), nel quartiere del Marais. Fa parte del magnifico Conservatoire National des Arts et Métiers, dove è possibile viaggiare nel tempo attraverso le più grandi conquiste tecniche e scientifiche dei secoli passati (dal laboratorio chimico di Lavoisier alle prime macchine da stampa, dal metro alle cineprese dei fratelli Lumiere,  dalle prime “macchine volanti” fino ai primi modelli di Ford T), interamente allestito negli edifici del priorato divenuti proprietà dello stato e dedicati alle scienze dal governo rivoluzionario fin dal 1794.


La chiesa è stata trasformata in un tempio della storia della tecnologia e delle invenzioni umane. Fluttuano appesi dalle volte a crociera i primi aeroplani della storia, stazionano nella navata automobili primordiali che sembrano sempre sul punto di mettersi in moto e partire, svetta al centro della facciata interna una garitta sulla quale si erge un modello in scala della statua della libertà di New York, notoriamente realizzata dallo scultore francese Bartholdi aiutato per le soluzioni tecniche più ardite dall’ingegnere Eiffel (si, proprio quello della torre, naturalmente). E infine, nel transetto, di nuovo lui, il pendolo di Foucault, proprio quello descritto da Eco (che all'epoca del romanzo era anche quello originale) che oscilla all’infinito scivolando sulla sua base e buttando a terra ad ogni passaggio un piccolo birillo diverso, a mostrarci ancora una volta come lui sia fermo, parallelo a se stesso, mentre noi con tutta la chiesa continuiamo inesorabilmente a danzargli intorno.


È un luogo magico, che il racconto del grande scrittore alessandrino coglie in tutta la sua suggestione per farne teatro del coagularsi di cento eventi storici tramutati dalla fantasia malata degli umani in grandi complotti planetari, fino a precipitare in eventi tragicamente gotici (come le strutture stesse della chiesa) che naturalmente qui non sveleremo.
Una visita imperdibile per qualunque viaggiatore curioso e appassionato di storia e di scienza (anche l’omonima fermata del metro è degna di essere vista), e altrettanto imperdibile per gli amanti della letteratura. 


E per chi, come il sottoscritto, è anche ammiratore sconfinato del professor Eco, un autentico universo parallelo che ad ogni ingresso trasmette la sensazione di entrare (letteralmente e letterariamente) in un altro mondo dal quale si riesce ad uscire soltanto dopo aver nuovamente varcato il portale ed essersi allontanati per almeno qualche centinaio di metri, seguendo una Rue o lungo un Boulevard, ma probabilmente senza riuscire del tutto a togliersi dalla mente le parole con cui lo stesso Foucault descriveva il suo pendolo:

« Il fenomeno si svolge con calma; è inevitabile, irresistibile [...]. Vedendolo nascere e crescere, ci rendiamo conto che non è in potere dello sperimentatore accelerarlo o rallentarlo [...]. Chiunque si trovi in sua presenza [...] è indotto a riflettere e tacere per qualche secondo, e in generale ne ricava un senso più forte e intenso della nostra incessante mobilità nello spazio. »



Note per i viaggiatori: oltre alle due parigine menzionate nell'articolo, ci sono nel mondo molte altre versioni del Pendolo di Foucault visibili ai visitatori. A solo titolo di esempio citiamo:
Palazzo della Ragione di Padova (Italia)
Museo delle Scienze della Ciudad de las Artes y las Ciencias di Valencia (Spagna)
Franklin Institute di Philadelfia (Pennsylvania, USA)


Jean Bernard Léon Foucault (Parigi,  18 settembre 1819 – Parigi, 11 febbraio 1868) 
Umberto Eco (Alessandria5 gennaio 1932 – Milano19 febbraio 2016
Il pendolo di Foucault (prima edizione 1988, Bompiani)

fonte: I VIAGGIATORI IGNORANTI


ALESSANDRO BORGOGNO
Vivo e lavoro a Roma, dove sono nato il 5 dicembre del 1965. Il mio percorso formativo è alquanto tortuoso: ho frequentato il liceo artistico e poi la facoltà di scienze biologiche, ho conseguito poi attestati professionali come programmatore e come fotoreporter. Lavoro in un’azienda di informatica e consulenza come Project Manager. Dal padre veneto ho ereditato la riservatezza e la sincerità delle genti dolomitiche e dalla madre lo spirito partigiano della resistenza e la cultura millenaria e il cosmopolitismo della città eterna. Ho molte passioni: l’arte, la natura, i viaggi, la storia, la musica, il cinema, la fotografia, la scrittura. Ho pubblicato molti racconti e alcuni libri, fra i quali “Il Genio e L’Architetto” (dedicato a Bernini e Borromini) e “Mi fai Specie” (dialoghi evoluzionistici su quanto gli uomini avrebbero da imparare dagli animali) con L’Erudita Editrice e Manifesto Libri. Collaboro con diversi blog di viaggi, fotografia e argomenti vari. Le mie foto hanno vinto più di un concorso e sono state pubblicate su testate e network nazionali ed anche esposte al MACRO di Roma. Anche alcuni miei cortometraggi sono stati selezionati e proiettati in festival cinematografici e concorsi. Cerco spesso di mettere tutte queste cose insieme, e magari qualche volta esagero.

domenica 14 luglio 2019

chi è l'ultimo erede di Napoleone Bonaparte?

Bonaparte valica il Gran San Bernardo, dipinto di J.L. David

Tutti conosciamo le grandi imprese del generale che fece tremare l’intera Europa e persino la Russia: basta leggere l’ode de Il 5 maggio di manzoniana memoria per ripercorrerne tutto il profilo biografico in quel laconico epitaffio del suo incipit lirico ed in quel suo meraviglioso explicit con cui si chiude nel nome della Provvidenza. 
Poco o quasi nulla sappiamo, invece, della sua famiglia, all’infuori del caso Pauline, benché stiano sorgendo negli ultimissimi anni interessi di ricostruzione di meritoria attenzione. Per esempio, il fratello Gerolamo (1784-1860) sfugge alla storiografia, oscurato tutto dalla fama napoleonica: e credo sia anche giustificabile! Che dire di lui, in questa sede? Beh, nel 1807, dopo la pace di Tilsitt, fu nominato re di Westphalie: quanto al suo privato, a seguirlo come compagna di vita fu Caterina di Württemberg, da cui ebbe tre figli, ovvero Gerolamo, Matilde e Napoleone Giuseppe Carlo. Saltata una generazione si passa a Napoleone Luigi Gerolamo che, da Alix de Foresta, fa arrivare ai loro legittimari diretti: Carlo, Caterina, Laura e Gerolamo.

Luigi Girolamo Vittorio Napoleone Bonaparte (1914-1997)

Questi vivevano a Ramatuelle, dice una nota cronista della Domenica del Corriere d’allora, non molto lontano dall’agitazione di Saint Tropez in una proprietà soprannominata ‹‹le pietre blu›› a causa del colore della pietra. Il paesaggio pienamente immerso in un regno di fiabe: dietro la casa, i pini; davanti, il mare sempre blu della Costa Azzurra. Come si conobbero Luigi Gerolamo ed Alix? Stando alle nostre fonti, si videro per la prima volta in una strada di Parigi e si sorrisero complici per poi rifrequentarsi. Fu tempo delle mele per entrambi ma caddero subito come pere cotte, appena il gossip produsse un boom. L’amore ebbe ragione sui loro sentimenti: così, malgrado gli spetteguless, i due finirono con lo sposarsi, vivendo a Parigi in inverno, in estate a Ramatuelle e in autunno nella Camargue, la terra dei cow-boys francesi, quella dove per lungo tempo hanno girato tutti i film western con Eddie Constantine, per intenderci! Forse laggiù non era raro incontrare la principessa su un baldo cavallo, ritta sulle staffe, i capelli al vento, correre attraverso la steppa con la sicurezza che le veniva dalla sua lunga esperienza di cavallerizza. Forse, anche lì, i due consorti, con un seguito di cavalleggeri armati fino ai denti, non mancavano di inneggiare al loro capostipite napoleonico tutta la loro tenzone d’amore. La loro coppia si allargò a famiglia di 4 figli in pochissimo tempo: Carlo Napoleone, Caterina Elisabetta, Laura Clementina, Girolamo Saverio.

Jean-Christophe Napoleon

Ora, mi mette fuori pista, in tutta sincerità, una notizia, pubblicata da Alessandro Carlini per Libero Quotidiano: l’erede di Napoleone Bonaparte non poteva che essere un manager di Wall Street. Il principe Jean-Christophe Napoléon, Napoleone VII per i suoi sostenitori, si è diplomato alla prestigiosa HEC School of Management di Parigi ed è consigliere presso la Morgan Stanley di New York. È giovane, 25 anni, ricchissimo, vive in una splendida residenza sul fiume Hudson, e ambizioso: vorrebbe un giorno darsi alla politica. Ha scelto di sicuro il settore migliore, quello finanziario, per fare il grande salto. Non certo come ai tempi del suo lontano parente, in cui la carriera militare permetteva di scalare la piramide sociale. E’ vero che per un lettore attento, proprio a metà dell’articolo, si sottolinea che questi non abbia la discendenza diretta da Napoleone I: tuttavia, il titolo dell’articolo "Trovato l’erede di Napoleone: è manager di Wall Street” può farci trarre in inganno. Con me, perlomeno, è stato così! Chi è il vero erede di Napoleone, oggi, quindi? Semplice, Carlo Napoleone Bonaparte (1950, vivente), in quanto primogenito dell’unico ramo sussistente dei discendenti in linea maschile e legittima di Girolamo Bonaparte, fratello dell’imperatore Napoleone I: tra l’altro, presidente della Federazione Europea delle Città di Storia Napoleonica e dell’Associazione Promuovere il Sud della Seine-et-Marne, presidente d’onore de l’Institut Napoléonien Mexique-France e membro della Federazione degli Ufficiali Repubblicani della Riserva. Ed in futuro, l’ultimo dei Mohicani, chi potrebbe essere? Pardon, l’epigono della famiglia reale, chi sarebbe, insomma!?

Carlo Napoleone Bonaparte in una rarissima fotografia da adolescente


Ovviamente suo figlio primogenito Giovanni Cristoforo Luigi Ferdinando Alberico (1986 – vivente), studente, che concentra in sé le due dinastie Borbone e Bonaparte, dal momento che la madre discende da Luigi XIV attraverso il ramo borbonico di Napoli, a sua volta ramo cadetto dei Borbone di Spagna. Chissà che faccia avrà o se se lo contende qualche principessa d’Europa! E qui lascio la storia ai paparazzi, perchè non è compito mio!

Francesco Polopoli

fonte: I VIAGGIATORI IGNORANTI

Bibliografia
Marina Riva, Questo ragazzo è il pretendente al trono di Napoleone in La Domenica del Corriere, Anno 63 n. 39 (24 settembre 1961), pagg. 6-7.

Sitografia




FRANCESCO POLOPOLI
Nato nel 1973, filologo, esperto di filologia neotestamentaria e divulgatore gioachimita. Ha partecipato a Convegni di italianistica, in qualità di relatore, sia in Europa (Budapest) che in Italia (Cattolica di Milano). Attualmente risiede a Lamezia Terme e da articolista si prende cura dell’antico non solo tramite le testate on line della propria cittadella natale ma anche attraverso Orizzonte Scuola e Tecnica della Scuola, diffondendo in comunità virtuali sempre più condivise i propri contributi. Attualmente è docente di latino e greco presso il Liceo Classico di San Giovanni in Fiore e Membro del Centro internazionale di studi gioachimiti. Ultimo è il volume Vitamina classica. Approccio semiserio alla cultura dell’antico.

sabato 6 luglio 2019

Lannes: scie chimiche, ecco le prove. Patto siglato nel 2001

Veleni dal cielo, contro tutti noi, da quasi 15 anni. Le scie chimiche? Verità sempre oscurata, perché aberrante: impossibile ammettere di irrorare i cieli con metalli pericolosi, per manipolare il clima a scopo militare. Inoltre, la colossale operazione-aerosol in corso da lungo tempo viola apertamente svariate disposizioni, che anche l’Italia aveva sottoscritto: una prescrizione europea e persino una convenzione dell’Onu, risalente al lontano 1977, ratificata nel 1980 grazie al presidente Sandro Pertini. Lo afferma un giornalista scomodo come Gianni Lannes, più volte minacciato di morte per le sue scottanti inchieste sulle eco-mafie. Molte delle sue denunce sono contenute nel suo blog, “Su la testa”. Sulle scie chimiche, Lannes sta per ripubblicare, aggiornato, il libro “Scie chimiche, la guerra aerea che avvelena la nostra vita e il pianeta”, già pubblicato da Arianna editrice. Retroscena rivelati e rilanciati anche a “Border Nights”, trasmissione web-radio: l’Italia, afferma Lannes, ha concesso i propri cieli durante l’infelice G8 di Genova del 2001, quando Berlusconi firmò un trattato segreto, con Bush, che trasformava l’Italia in un’area-test per l’irrorazione dell’atmosfera. Dal 2003, l’operazione è scattata. E nessuno ne parla: è top secret. Si chiama “Clear Skies Initiative”.
Lannes attinge direttamente a fonti della Casa Bianca e del Dipartimento di Stato: a differenza dei portali web delle autorità italiane, le pagine istituzionali americane ammettono apertamente che il 19 luglio 2011, a Genova, Bush e Berlusconi Aereo, emissioniimpegnarono i loro paesi in un programma di ricerca sul cambiamento climatico e sullo sviluppo di “tecnologie a bassa emissione”. Operazione poi approvata il 22 gennaio 2002 dal ministero italiano dell’ambiente e dal Dipartimento di Stato Usa. Dunque, scrive Lannes nel blog “Su la testa”, cambiamenti climatici indotti e “collaborazione” (si fa per dire) tra Stati Uniti e Italia, con quest’ultima a fare da cavia. «Dalla documentazione delle autorità nordamericane emerge che in questa vasta operazione gestita in prima battuta dal Pentagono, dalla Nasa e dalla Nato, sono coinvolte addirittura le industrie e le multinazionali più inquinanti al mondo: Exxon Mobil, Bp Amoco, Shell, Eni, Solvay, Fiat, Enel. Tutti insieme appassionatamente, compreso il settore scientifico: università italo-americane, Enea, Cnr, Ingv, Arpa e così via. Insomma, controllori e controllati. L’Enac addirittura ha partecipato ad un test “chemtrails” in Italia insieme a Ibm, ministero della difesa, stato maggiore dell’aeronautica e ovviamente Nato».
I militari, continua Lannes, «hanno trasformato il Belpaese e l’Europa in una gigantesca camera a gas, grazie alle complicità istituzionali e all’omertà dilagante degli scientisti». In realtà, aggiunge il giornalista, quella delle «operazioni clandestine di aerosol» è una storia che risale addirittura agli anni ‘60, anche se poi ha avuto un incremento decisivo, inEuropa, a partire dal 2002. «I primordi dell’operazione di copertura erano insiti nella mente perversa di Edward Teller, inventore della bomba all’idrogeno, che sulla scorta del Memorandum Groves del 1943, consigliò di usare armi nucleari in regioni abitate per fini economici di spopolamento». Teller è stato direttore emerito del Lawrence Livermore National Laboratory, dove furono elaborati i piani per le armi nucleari, biologiche e ad energia diretta. Nell’agosto 1997, Teller inviò un progetto in Italia, in un simposio svoltosi ad Erice sotto l’egida di Antonino Zichichi. «Vale a dire: il suo proposito di usare l’aviazione civile per diffondere nella stratosfera milioni di tonnellate di metalli elettroconduttivi, ufficialmente per ridurre il riscaldamento globale». Edward TellerTeller, poi, «ritenne che anche l’aviazione militare potesse essere usata per nebulizzare a bassa quota queste particelle tossiche nell’aria».
Secondo Lannes, il piano-Teller ricompare nel 2001, a seguito del “Piano dettaglio accordo Italia Usa sul clima”. «Si tratta di accordi internazionali, indirizzati a costituire un alibi per le inevitabili violente mutazioni climatiche che la diuturna diffusione di metalli e polimeri in atmosfera ha determinato. Tra questi, un innaturale “effetto atmosfera” indotto proprio dalle cosiddette “scie chimiche” e dalle emissioni elettromagnetiche. La stessa Nasa, pur definendole in modo menzognero “contrails” ovvero “scie di condensazione”, imputa a queste coperture artificiali un riscaldamento anomalo della bassa atmosfera». Non una parola, naturalmente, sui grandi media: «La popolazione viene mantenuta all’oscuro di tutto, mentre si mandano in onda disinformatori sgangherati, pennivendoli prezzolati e negazionisti quotati in tivvù». Eppure, il testo del trattato (allegato 4) parla apertamente di “sviluppo Gianni Lannesdi nuovi sistemi per la realizzazione di esperimenti di manipolazione dell’ecosistema che permettano di esporre la vegetazione a condizioni ambientali simili a quelle attese in scenari di cambiamento globale”.
Nel 2001, Italia e Stati Uniti hanno sottoscritto un impegno inquivocabile: testare la “risposta” dell’ambiente a sollecitazioni atmosferiche sperimentali, verificare la “vulnerabilità degli ecosistemi”, il meteo, la disponibilità idrica e le precipitazioni, la reattività della flora, la fertilità dei suoli. Tra le attività programmate, anche “la progettazione di tecnologie per la manipolazione delle condizioni ambientali con particolare riferimento al controllo della temperatura e della concentrazione atmosferica di CO2”. Se non c’è non niente di pericoloso per la salute collettiva, si domanda Lannes, perché nascondere e occultare, fino a negare (in modo ormai ridicolo) la presenza quotidiana, nei nostri cieli, di fittissime striature anomale, spacciate per bizzarre nubi o scie di condensazione? «Forse perché la vasta e complessa operazione va ad intaccare i cicli biologici e compromette la qualità della vita».
A livello politico, continua Lannes, in Italia l’operazione è stata gestita dal ministro Altero Matteoli, dal dirigente ministeriale Corrado Clini (poi ministro con Monti), mentre a livello tecnico (Cnr) in prima linea c’era soprattutto Franco Prodi, fratello di Romano Prodi, che su “Terra Nuova” nel 2008 dichiava: «Non mi consta che esistano esperimenti militari con dispersione di aerosol, tanto meno a danno della popolazione». Eppure, aggiunge Lannes, già nel 2003 il ministro della difesa Antonio Martino «ha autorizzato le forze aeree Usaf a sorvolare lo spazio italiano per provvedere alle irrorazioni chimiche, come da accordo Usa-Italia». Tutto torna, conclude Lannes: «Non a caso, il primo atto parlamentare (interrogazione a risposta scritta 4-05922) sull’aerosolterapia bellica in Italia  risale al 2 aprile 2003. Ed è stato indirizzato da un deputato dell’allora Pds, ovvero da Italo Sandi, al ministro della Salute. Dopo 11 anni, quell’atto interrogativo non ha ancora avuto una risposta da ben 6 Chemtrailsgoverni tricolore (Berlusconi, Prodi, Berlusconi, Monti, Letta, Renzi)». L’attuale premier, inoltre, è arrivato ad annunciare a “Ballarò” «il trattamento sanitario obbligatorio agli iscritti del Pd che si azzardano a parlare di scie chimiche».
Ma le leggi della fisica non sono mere opinioni, aggiunge Lannes: le scie di condensa (peraltro di brevissima durata) si formano notoriamente al di sopra degli 8.000 metri di altitudine, con meno 40 gradi centigradi e umidità inferiore al 70%. Quelle che ingombrano i cieli per intere giornate, evidentemente, non possono esserlo. Lo sospettava anche Katia Belillo, autrice di un’interrogazione presentata nel 2007 al ministro della salute, rimasta senza risposta. Sul caso era intervento anche il Parlamento Europeo già il 14 gennaio 1999, con una delibera contro le sperimentazioni Haarp. Secondo il report 2013 dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, «i popoli europei respirano attualmente misture di veleni tossici, aerosol di dimensioni microniche e submicroniche». Le sostanze tossiche utilizzate per le operazioni di aerosol, continua Lannes, «sono composte da metalli, polimeri, silicati, virus e batteri». Sotto accusa l’alluminio, un fattore determinante nell’Alzheimer: è una sostanza neurotossica che danneggia il sistema nervoso centrale e i processi omeostatici cellulari. «L’intossicazione di metalli,Berlusconi e Bushsoprattutto il bario, produce un abbassamento delle difese immunitarie. Alluminio e bario modificano il ciclo vegetale ed uccidono la flora batterica dei terreni».
«La diffusione in atmosfera di metalli pesanti come bario, alluminio, manganese – scrive ancora Lannes in post pubblicato da “Su la testa” – costituisce il colpo finale all’ambiente e alla salute umana, giacché questi elementi chimici sono neurotossici e perciò inducono patologie neuro degenerative come il Parkinson, l’Alzheimer, la Sla, nonché leucemie, tumori, malattie respiratorie gravi come la bronchiolite costrittiva». L’unico punto ancora da determinare sarebbe il livello di inquinamento e il grado di compromissione della salute collettiva. Che influenza hanno avuto, le operazioni di scie chimiche dal 2003 ad oggi, sulla salute pubblica e sulle singole persone, in particolare a danno dei bambini? Quali malattie infettive dell’apparato respiratorio sono state già provocate dalle scie chimiche? Quali allergie sono state scatenate dall’intossicazione acuta e cronica da metalli pesanti? Impossibile parlarne? Eppure, fa notare Lannes, nel 1977 la Corte Costituzionale ha sancito che «il segreto può trovare legittimazione solo ove si tratti di agire per la salvaguardia di supremi, imprescindibili interessi dello Stato (quali l’indipendenza nazionale, l’unità e indivisibilità dello Stato, la democraticità dell’ordinamento), e quindi «mai il segreto potrebbe essere allegato per impedire l’accertamento di fatti eversivi dell’ordine costituzionale». Per il giornalista, siamo di fronte a un «avvelenamento di massa» perpetrato da oltre 10 anni, in violazione dell’articolo 32 della Costituzione e anche della Convenzione europea di Aarhus del 1998, ratificata dall’Italia nel fatidico 2001, l’anno del patto segreto sull’irrorazione dei cieli.