martedì 25 settembre 2018

Messalina, la star della cronaca "rosa antico"


E’ la Cicciolina del mondo antico, o forse è il caso di chiamarla la Moana Pozzi del potere imperiale, volendo preservare, ma solo per delicatezza, Ilona Staller, visto che, negli ultimissimi tempi, dalla manna è passata alla mannaia governativa gialloverde, mannaggia! Magari è il caso di spogliare la metafora hot e di presentarla solo nel suo nome, forse è meglio! Giovane e dal cor inquietum, Messalina non amava molto la vita di corte, preferendo, piuttosto, un’esistenza eterodossa, se non anticonformista. Di lei si si narrano tuttora le storie più pruriginose: che avesse raggirato il marito con storie clandestine, che avesse avuto relazioni incestuose con i fratelli, che si prostituisse nottetempo nei postriboli sotto il falso nome di Licisca, dove pare si offrisse facilmente a marinai o gladiatori con tutta tranquillità. Di lei si diceva che, mascherata da meretrix, si concedesse addirittura nell’infimo quartiere della Suburra, uno dei più malfamati dell’Urbe, su luridi pagliericci rivestiti di rozze coperte, che sicuramente non avevano nulla da spartire con le alcove patrizie cui era, del resto, abituata tra le mani di buoni fattori, senza ombra di dubbio! Secondo il racconto di Plinio il Vecchio (10,172), una volta sfidò in gara la più celebre prostituta dell’epoca, una tal Lupa, forse, aggiudicandosi un guinness da primati, 25 concubitus (rapporti) in 24 ore, perbacco! Invicta, nei gossip di allora, mentre i paparazzi di quei tempi (sicuramente c’erano!), facevano passaparola del suo nome in lungo ed in largo. Tutta questa emancipazione andava a nozze con un’astuzia di fondo: quando Caligola salì al trono, era già la Sophia Loren della Roma bene. 



Per la cronaca, comunque, sarà Claudio, un uomo, tra l’altro, più anziano di lei di trent’anni, a subire il suo fascino, degno dell’incanto di una famelica Circe; lei, la gran dama del sex appeal non ebbe difficoltà ad averlo ai suoi piedi. Altro che velina! Sciolse i veli del potere finché poté. Ancora: lei aveva ogni cosa al posto giusto, lui, al contrario, lo zimbello di ogni letteratura domestica: balbuziente, zoppo, e per giunta, minorato, stando alle notizie senecane. Nelle questioni di governo ebbe parola su tutto: insieme al marito fece uccidere gli assassini di Caligola, esiliò Seneca in Corsica, bandì Giulia Livilla (sorella minore di Caligola nonché amante di Seneca) a Ventotene, dove fu uccisa, e fece rimpatriare Agrippina minore, sua zia. Maria la sanguinaria le avrebbe fatto un baffo, pardon, un baffetto, perché era già usa alla depilazione! Insomma, un’incarnazione dell’ira giunonica nei panni di una Venere umana, ad esaminare attentamente questo singolare personaggio. Una precisazione: se sapeva essere molto generosa e munificente con gli uomini che accondiscendevano ai suoi capricci, era anche pronta a far fuori con facilità quanti non vi si prestavano. Non fu il caso dell’attore Mnestere, che cedette alle richieste della satanassa, pur di salvare la pelle: così non fu, invece, per Appio Silano, scaraventato dalla Rupe Tarpea per averla rifiutata. La fedifraga passò, per concludere, a Gaio Silio, marito di Giulia Silana: questa volta, però, qualcosa andò storto. Informato senza indugio dal liberto Narciso, Claudio statuì all’istante la morte dei due amanti. Due statue di pietra, entrambi, di fronte al verdetto di morte: c’era da immaginarselo! Mentre l’amante non oppose resistenza (se mai richiese una morte subitanea per potersi sollevare), Messalina si rifugiò negli “Horti Lucullani”, dove fu uccisa da un tribuno inviato, per l’appunto, da un liberto. 



Ecco un reporter di allora, Tacito, che negli Annales XI, 37-38, ne traccia minuto per minuto la sua inesorabile fine: “Il liberto Evodo ebbe l’incarico di vigilare. Costui, precipitatosi negli orti, la trovò stesa a terra, con accanto la madre Lepida che, in disaccordo con la figlia quand’era al colmo della fortuna, si era lasciata vincere dalla compassione per le sue estreme difficoltà, e cercava di persuaderla a non aspettare il carnefice. La vita era passata e non le restava altro che cercare una morte dignitosa. Ma nessun senso dell’onore c’era più in quell’animo corrotto dai piaceri: portava in lungo inutili pianti e lamenti, quando le porte vennero spalancate di colpo dai sopravvenuti e nel silenzio apparve il tribuno, mentre il liberto inveiva con molte ingiurie volgari. Allora per la prima volta Messalina intravvide la sua sorte; prese la spada e la avvicinò invano, tremando, alla gola e al petto, finché fu trafitta dal colpo del tribuno. Il corpo fu concesso alla madre. A Claudio mentre banchettava fu annunciato che Messalina era morta, senza precisare se di mano propria o altrui. Claudio non fece domande, chiese una coppa e continuò il banchetto come di consueto”. L’episodio si chiude, prosasticamente, con l’immobile indifferenza dell’imperatore di fronte alla notizia, un atteggiamento sottolineato in modo da render palese l’idiosincrasia del cronista per il primo cittadino di Roma: liricamente, per fare un confronto poetico, mi sovviene Montale con i suoi Ossi di Seppia, benché qui chi ci abbia rimesso l’osso del collo sia stata una Perla di ostrica e non una cozza qualunque. Roba da umorismo nero tacitiano, così mi immagino la sua reazione e non credo di essere fuori pista! Chi avrebbe detto, infine, che soppressa una Star come lei, proprio lui finì ucciso da un bel brodo di funghi velenosi, apparecchiato dall’ultima delle sue mogli, Agrippina, l’unica che, sfregiando la vita del consorte, si fregiò, da sola, del titolo di Augusta nella storia al femminile. 


Francesco Polopoli

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.com/


Bibliografia


Fabrizio Dentice, Messalina, Milano, 1991

Marisa Ranieri Panetta, Messalina e la Roma imperiale dei suoi tempi, Milano, 2016

Nunzio Casanova, Messalina: romanzo dell’epoca imperiale, Firenze, 1902

Fonti
Tacito, Annales XI, 37-38 

Giovenale, Satire, VI, vv.114-132 

Letture romanzate
Marcello Camici, Messalina puttana imperiale. La figlia di Iside. S.l., Edizioni Book Sprint, 2018.

Sitografia: https://it.wikipedia.org/wiki/Valeria_Messalina

FRANCESCO POLOPOLI
Nato nel 1973, filologo, esperto di filologia neotestamentaria e divulgatore gioachimita. Ha partecipato a Convegni di italianistica, in qualità di relatore, sia in Europa (Budapest) che in Italia (Cattolica di Milano). Attualmente risiede a Lamezia Terme e da articolista si prende cura dell’antico non solo tramite le testate on line della propria cittadella natale ma anche attraverso Orizzonte Scuola e Tecnica della Scuola, diffondendo in comunità virtuali sempre più condivise i propri contributi. Attualmente è docente di latino e greco presso il Liceo Classico di San Giovanni in Fiore e Membro del Centro internazionale di studi gioachimiti. Ultimo è il volume Vitamina classica. Approccio semiserio alla cultura dell’antico.

sabato 15 settembre 2018

Studio Usa


il Glifosato è cancerogeno, incide sul Dna e porta a diabete, asma, alzheimer – Ma nel dubbio, meglio farvi ammalare: la Commissione Ue rinnova l’autorizzazione per altri 5 anni!

Una revisione della letteratura scientifica collega il glifosato, uno dei più popolari diserbanti, classificato dall’Airc come probabile cancerogeno, ad una vasta gamma di malattie attraverso un meccanismo che modifica il funzionamento del Dna. A dirlo è lo studio “Glyphosate pathways to modern disease V” condotto dagli scienziati Anthony Samsel e Stephanie Seneff, del Massachusetts Institute of Technology (Mit). Secondo la ricerca, il glifosato agisce come un analogo della glicina in grado di alterare una serie di proteine. Questo processo anomalo è correlato a diverse malattie, compreso diabete, obesità, asma, morbo di Alzheimer, sclerosi laterale amiotrofica (Sla), e il morbo di Parkinson, tra le altre. Il ricercatore Stephen Frantz, come riporta il sitoBeyondpesticides.org, spiega: “Quando una cellula sta cercando di formare le proteine, può afferrare il glifosato invece della glicina e formare una proteina danneggiata. Dopo di che è il caos medico. Dove il glifosato sostituisce la glicina, la cellula non può più comportarsi come al solito, provocando conseguenze imprevedibili con molte malattie e disturbi conseguenti.”

L’APPELLO: VIETARE IL ROUNDUP DELLA MONSANTO

Il rilascio di questo studio arriva sulla scia di diverse altre discussioni e azioni sul glifosato che hanno avuto luogo nel corso delle ultime settimane. Il mese scorso in un briefing del Congresso, una delegazione di scienziati indipendenti, tra cui gli autori di questo studio, hanno presentato i loro risultati, esortando i legislatori a chiedere all’Agenzia di protezione ambientale (Epa) di vietare il RoundUp, l’erbicida della Monsanto, fornendo testimonianza sull’impatto del glifosato sul suolo, così come il rischio irragionevole che essa rappresenta per gli esseri umani, gli animali e l’ambiente. L’Epa ha però risposto che gran parte delle informazioni fornite possononon avere un impatto sulla loro valutazione del rischio attuale del glifosato, che è previsto per il 2017.
Per saperne di più del glifosato, è possibile richiedere la guida gratuita del Test Salvagente, cliccando qui.

fonte: https://www.testmagazine.it/2016/07/19/studio-usa-il-glifosato-incide-sul-dna-e-porta-a-diabete-asma-alzheimer/10873/

Glifosato nel dubbio, meglio farvi ammalare: la Commissione Ue rinnova l’autorizzazione per altri 5 anni!
È ufficiale: altri 5 anni di glifosato. La Germania vota a favore e sposta gli equilibri

Gli Stati membri in sede di comitato d’appello hanno trovato la maggioranza qualificata e rinnovato l’uso di glifosato per altri 5 anni. Coloro i quali non si sono opposti sono colpevoli di un crimine contro l’Europa: non esistono atti scientificamente comprovati della non cancerogenicità di questo pesticida. Sono perfino stati ignorati i limiti per l’utilizzo del glifosato su parchi pubblici, l’uso disseccante preraccolto (che ci mette in forte competizione con gli Stati del Nord Europa a danno delle nostre coltivazioni) e i restringimenti per gli usi non professionali.

A spostare gli equilibri sono stati i voti favorevoli di Germania e Polonia. La prima, casualmente, è in attesa (a gennaio) della decisione finale della Commissione sulla fusione Bayer-Monsanto. Non ci vuole sicuramente un genio per capire come andrà a finire. Farmaci e pesticidi a braccetto per almeno altri 5 anni, il tempo utile per fare immensi profitti sulla pelle dei cittadini europei. Nella speranza, ovviamente, di qualche altro cavillo per concedere ulteriori rinnovi.

A nulla sono servite le mobilitazioni di milioni di cittadini, la ICE “Stop Glifosato”, i Monsanto Papers e tutti gli altri scandali che si sono succeduti e che hanno coinvolto parzialmente anche ECHA ed EFSA. Questa decisione è figlia di un comportamento scellerato del Parlamento europeo, che ha annacquato le posizioni in un devastante gioco al ribasso durato fin troppo a lungo.

Ricordatevi dei loro nomi quando nella prossima campagna elettorale alle porte li sentirete parlare di sicurezza alimentare e di tutela del made-in Italy.

Gli eurodeputati italiani che hanno votato contro il divieto totale all’uso del glifosato:
– ECR: Fitto; Sernagiotto.
– ENF (Lega): Bizzotto; Borghezio; Fontana; Zanni.
– PPE (Forza Italia): Cicu; Cirio; Comi; Dorfmann; Gardini; Martusciello; Matera; Patriciello; Pogliese; Salini.
– S&D (Partito Democratico): Benifei; Bettini; Bonafè; Bresso; Briano; Chinnici; Cozzolino; Danti; De Castro; De Monte; Gasbarra; Giuffrida; Grapini; Gualtieri; Kyenge; Mosca; Panzeri; Paolucci; Picierno; Pittella; Sassoli; Toia; Viotti; Zanonato; Zoffoli.

fonti varie dal Web

fonte: https://ilsapereepotere2.blogspot.com/

martedì 11 settembre 2018

Proclamato: vi svelo il senso delle rivelazioni di Gustavo Rol

Gustavo Rol disse di aver scoperto una “tremenda legge” legata all’associazione tra il colore verde, il numero cinque e il calore. La parte più appariscente del “sapere del verde” è questa. Tutto il mondo che superficialmente definiamo esoterico non è altro che un’interpretazione raffinata delle leggi della natura, e non è niente di magico. Il “verde” rappresenta uno dei momenti della natura: l’essenza del suo ritorno. Quindi il “verde” è la modalità cromatica attraverso cui il divino ritorna, e dimostra di non morire. Dunque, per il mondo iniziatico, la primavera è il momento in cui si consuma questo evento, che è ciclico. Lì abbiamo un problema: a noi, sembra che questo evento non ci sia. Pensiamo di avere solo un inizio e poi una fine. Osserviamo l’ovvio, nella natura, senza nemmeno immaginare che, probabilmente, noi dovremmo essere una parte evolutiva della natura, meglio concretizzata di altre, e che verosimilmente anche noi abbiamo la possibilità di “avere il verde”. Quando siamo qui, il “verde” lo si intende come la percezione, l’essenza dell’energia vitale dentro di noi. Il “verde” lo si intende anche come modalità, attraverso la quale – sempre la natura – una volta “arrivata”, una volta “ritornata”, poi si esprime. E si esprime poi con il bianco, e quindi con il rosso: prima cioè con i fiori, che poi maturano e diventano frutti.
Non è un caso che quel tricolore sia anche la bandiera italiana, che è stata voluta da un massone austriaco durante la dominazione asburgica del Lombardo-Veneto. Fondò a Milano un ordine massonico, all’interno del quale si decise che quella Gustavo Rolsarebbe stata la nostra bandiera. Il nostro tricolore è la quintessenza del sapere esoterico. E’ la nostra mancata interpretazione, di quella bandiera, a renderci così inetti, in Italia. Siamo un popolo da tenere dormiente, sempre. Perché, quando riesce a svegliarsi da solo per alcuni attimi, o viene svegliato, “sono cavoli”, in tutto il mondo. Questo lo sanno tutti, meno che noi. Questi tre colori – rosso, bianco e verde – sono i più importanti, nel mondo iniziatico. Gustavo Rol capisce cos’è questa cosa e si rende conto del potere del “verde”, che è il potere dell’immortalità. Restiamo però nei binari: non vorrei che pensassimo che noi stessi “torniamo” – non è così, non si ritorna: io, almeno, con questa mia faccia qui, non ritorno! C’è invece la possibilità che, a tornare, siano le note che noi suoniamo meglio. Ovvero: se queste note che noi suoniamo bene, in questa realtà, sono diventate un talento, e se questo talento – qui, noi in vita – ci ha permesso di esprimerci, allora questa cosa la natura (Dio) la recepisce, ed è facile che “ritorni”.
Nel caso specifico di Rol, lui al “verde” accosta l’intervallo di quinta e il “calore”. Il “calore” è un’altra modalità, piuttosto simbolica, con cui definire un altro atto energetico reale. Nel mondo cattolico, il momento in cui il Cristo se ne va è uno dei momenti più importanti, perché – con lo Spirito Santo e i suoi “doni” – inonda i suoi aspostoli e trasferisce loro questa grandissima capacità di capire, sentire e sapere tutto. Quello è il “calore”. Poi Rol cita un altro passaggio, che è l’intervallo di quinta: nel mondo musicale, va dal do al sol (do-re-mi-fa-sol), e corrisponde a un altro momento spirituale. Quelli che Rol cita sono proprio tre momenti spirituali, che possiamo trasformare in colori. Lui cita il verde, poi cita il calore (che è il rosso, cioè lo Spirito Santo), e poi cita un intervallo (rimane solo un colore: il bianco). Trasformando queste informazioni in quei tre colori, forse riusciamo a muoverci meglio, in ciò che Rol ha detto. Quei tre colori possono essere trasposti in quella che è stata l’esperienza di una persona, che sa che le virtù possono permetterle di essere una cosa diversa, ed essendo diversa di ottenere – Il tricolore italianoqui – una realtà diversa. Il fine ultimo dell’interpretazione di se stessi, attraverso altre situazioni emozionali, permette a noi – quando abbiamo capacità di volere e di desiderare – di portare qui realtà che non esistono: ognuno può farsi la sua realtà.
La realtà interpretativa, che Rol conosce, viene espressa anche quando è in mano, ad esempio, a Ildegarda di Bingen: quando le chiedono come faccia a “parlare con Dio”, fino a trasformare queste sue “chiacchierate” in visioni, lei spiega, ai legati pontifici: «Io vivo col verde, perché è l’essenza della mia vita e della creazione, essendo l’energia che crea, e questo si chiama “amore”: poi parlo con Dio, e lo faccio con un colore, che è il bianco (e quando “parlo col bianco” lo faccio in un luogo dove non c’è altezza, né lunghezza, né profondità, e quando finisco di parlare mi sento giovane)». Quindi lei dice che, con il “bianco”, già non è più qui. Poi dice che, «parlando con Dio», inizia a «capire cos’è il verde». Lo fa in un momento ben preciso della sua vita, quando ha una determinata età, ed è il momento in cui avviene la Pentecoste: viene inondata da questo “calore” particolare, che le conferisce i “doni pentecostali” – che sono 7. Gustavo Rol questa cosa la capisce, la sa. E la persegue per tutta la vita. Una volta capitala, si rende conto della potenza che ha in mano: si rende conto che l’interpretazione di queste Michele Proclamato“virtù” (o caratteristiche emozionali) conferisce a noi la grandissima possibilità di creare, oltre che di muoverci diversamente nello spazio.
In fondo, Rol non fa niente di strano; semplicemente, si rende conto, anche lui, di un qualcosa che tutti i mondi religiosi amministrano, sapientemente, da millenni. Noi, adesso, non facciamo altro che scoprire l’acqua calda, credetemi. Il problema è che, nel frattempo, abbiamo dato talmente tanta importanza alla razionalità (cosa giustissima, peraltro), da dimenticare però tutti quei passaggi che fanno parte del mondo iniziatico – che non è che li rigurgiti volentieri; eppure, mai come adesso, nella storia dell’umanità, c’è stata la possibilità di parlarne. Uno dei motivi per cui non se ne parla ancora come si dovrebbe è dovuto semplicemente al fatto che noi siamo distratti. Siamo molto distratti da una marea di informazioni, riconducibili anche a tutta una serie di strategie conoscitive. Ma vi posso scrivere (col sangue: adesso) che non c’è stato nulla – né ci sarà nulla, in futuro – che non venga estrapolato da questo sapere, per poi essere “venduto” con un altro nome: sappiatelo. C’è solo questo. E con questo, tu puoi imparare tutto. Non c’è nulla che resti fuori da questo sapere: la Pnl, le “costellazioni familiari”, tutto. Sono tutte interpretazioni di una particella di questo sapere. E Rol lo sapeva benissimo.
(Michele Proclamato, dichiarazioni rilasciate a Michele Stedile nella diretta in web-streaming su Skype “Domande e risposte” del 14 marzo 2018, pubblicata su YouTubeStudioso ed esperto di simbologia, Proclamato ha pubblicato studi spesso illuminanti, come i libri su Arcimboldo e Newton, Cartesio e Giordano Bruno, l’architettura “sottile” partendo da Vitruvio e la mistica medievale Ildegarda di Bingen. Tutti i libri sono accuratamente presentati sul sito dell’autore).

fonte: http://www.libreidee.org/

venerdì 7 settembre 2018

come dal fucile Carcano di Oswald, si arriva a Andreotti, Gelli e Berlusconi per finire nel 2017 a Pistoia




Il fucile messo nelle mani di Lee Oswald il 22 novembre del 1963, è un Carcano, arma fabbricata in Italia.  Carcano era il cognome del tecnico che presso le fonderie belliche di Terni prese un progetto di successo austriaco, e fatta qualche modifica per mascherare l’avvenuto copia-incolla, propose una sorta di sottomarca di un modello particolarmente venduto. Come qualunque fucile o pistola, anche il Carcano di Dallas ha un numero di serie, il suo è C2766. Attraverso tale sigla, si è potuta ricostruire la sua storia, fino a risalire ad un nome, quello di Samuel Cummings. Costui era a metà del secolo scorso, un membro dell’Adam consolidated industries, Inc., società con doppia sede, a New York e a Roma, dedita al commercio d’armi. Samuel Cummings aveva un uomo di fiducia in Italia: Enrico Frittoli. Sodale di Licio Gelli, Frittoli era titolare di una società di import-export a Montecarlo. Un rapporto del Sisde (il servizio segreto civile) del 1982 informava che ai vertici della Loggia di Montecarlo, insieme a Gelli, vi era Enrico Frittoli. E il sospetto era che proprio attraverso Frittoli, Gelli potesse agilmente commerciare in armi. Lo stesso Frittoli è attualmente (almeno fino al 20/08/2018) [1]  il responsabile per il Principato di Monaco del Coordinamento Europa del Popolo delle Libertà, il polo politico di Silvio Berlusconi. Il 6 marzo del 2006, su segnalazione della Segreteria di Stato vaticana, è stato insignito da papa Benedetto XVI, del titolo di Commendatore dell’Ordine di San Gregorio Magno.

Il Carcano riguardò direttamente anche il SIFAR, il Servizio segreto militare italiano, e Giulio Andreotti.
J. Edgard Hoover, il capo dell’FBI, spedì a Roma il 10 giugno del 1964 un cablogramma nel quale faceva esplicito riferimento a un rapporto del nostro Servizio militare contenente informazioni dettagliate sulla celebre carabina. Un dispaccio inviato dal capo-stazione CIA a Roma datato 31 dicembre 1963, aveva avvertito l’FBI che quel rapporto era stato confezionato su richiesta di Andreotti.  Il Carcano, infatti, faceva parte di una partita di residuati bellici della Seconda guerra mondiale, dell’esercito fascista, finita in uno stock d’armi ricondizionate e che grazie ad un appalto indetto dal nostro Ministero della Difesa, nel 1960, finisce proprio alla Adam’s  Consolidated Industries Inc., di Samuel Cummings. Nell’anno 1960 il titolare del dicastero della Difesa era Giulio Andreotti.
Ma non è finita qui perché lo scorso anno, 2017, ritorna alla ribalta proprio il nostro Carcano, a Pistoia.
Il fucile con cui Lee Oswald sparò al presidente degli Stati Uniti è ufficialmente custodito negli Usa, ma un fucile analogo fu trovato un anno fa in un capannone della ex fabbrica di munizioni Smi (Società metallurgica italiana) di Campo Tizzoro. L’arma, disattivata e arrugginita, era avvolta in una busta Smi con un cartellino con scritto “C.Warren”, il nome della prima commissione che indagò sul delitto Kennedy, insieme ad alcuni documenti. Tutto era in un armadio metallico, acquistato come il resto del materiale dell’archivio difesa della Smi 5 anni fa all’asta per 5.000 euro, dopo che il relativo ramo dell’azienda era stato ceduto al pubblico.
La scoperta si deve a Gianluca Iori, architetto e direttore dell’Istituto di ricerche storiche e archeologiche di Pistoia. Iori considera«eccezionali» i documenti rinvenuti, «ora custoditi in cassaforte». Di questi documenti non si è saputo più nulla. Quanto al fucile, Gianluca Iori azzardò più ipotesi: da quella che fosse finito nell’armadio per caso, che potesse essere il secondo fucile che aveva sparato a Kennedy, o che fosse l’arma lasciata a Campo Tizzoro dalla commissione Warren per prove balistiche. Nel 1966, effettivamente arrivarono A Campo Tizzoro investigatori della Cia per alcune verifiche, in quanto due delle tre pallottole esplose da Oswald, oltre a un caricatore, erano state prodotte presso la Smi che all’epoca «era la principale ditta di munizioni in ambito Nato». Durante la seconda Guerra Mondiale la Smi produsse per l’esercito tedesco, attestatosi lungo la Linea Gotica proprio sull’Appennino Pistoiese e fu risparmiata dai bombardamenti alleati grazie ad accordi segreti presi tra la proprietà e l’intelligence britannica. Dal 2006 il grande stabilimento è stato definitivamente chiuso e la produzione è stata trasferita a Fornaci di Barga, vicino al paese di Pinocchio.


Fonti
CMC: Il lato italiano della congiura che uccise John Fitzgerald Kennedy (Italian Edition) (posizioni nel Kindle 4855-4858). Michele Metta. Edizione del Kindle.
Licio Gelli: Vita, misteri, scandali del capo della Loggia P2, Mario Guarino, Fedora Raugei, Edizioni Dedalo 2016.

fonte: http://larapavanetto.blogspot.com/

sabato 1 settembre 2018

la beffa delle false statue di Modigliani


Livorno 1984.
Su pressione della conservatrice dei musei civici livornesi, Vera Durbè, fu dragato il canale dei pressi della zona di Piazza Cavour. Tale dispiego di uomini e mezzi aveva un solo scopo, quello di verificare una leggenda su Amedeo Modigliani risalente al 1909.
Chi era Amedeo Modigliani e quale diceria si cercò di verificare?
Amedeo nacque a Livorno il 12 luglio del 1884 da una famiglia ebraica, ultimo di 4 figli. Il padre, Flaminio, era discendente di una famiglia originaria di Roma, la madre, Eugénie Garsin, era di nazionalità francese, originaria di Marsiglia. Entrambi i genitori erano atei. Quando nacque Amedeo la situazione economica della famiglia era disastrata poiché le aziende del padre, società agricole e minerarie in Sardegna, erano sull'orlo della bancarotta. Fu l'intelligenza e l'intraprendenza della madre a salvare la famiglia dal collasso finanziario. I Modigliani riuscirono ad uscire dalla tempesta grazie ai ricavi provenienti dalla scuola materna ed elementare fondata da Eugénie Garsin e dalle lezioni private, che lei stessa impartiva, come traduttrice e critica letteraria. Sin dalla giovane età Amedeo fu afflitto da gravi problemi di salute: all'età di quattordici anni contrasse la febbre tifoide e a sedici anni fece il suo esordio la tubercolosi, in una forma talmente grave da impedirgli di seguire le lezioni scolastiche; dopo alcuni soggiorni a Capri la situazione migliorò sensibilmente. A causa della salute cagionevole, Amedeo fu spesso costretto a casa. In queste lunghe giornate mostrò passione per il disegno, riempiendo pagine di ritratti tra lo stupore della famiglia che non riuscì a concedergli la possibilità di frequentare corsi adatti alla sua bravura. La vita di Amedeo si modificò durante un violento attacco di polmonite, che poi si convertirà in tubercolosi, quando riuscì a strappare alla madre la promessa di poter lavorare nello studio di Guglielmo Micheli, uno degli allievi di Giovanni Fattori. 


Nel 1898, durante l'apprendimento presso Micheli, Modigliani conoscerà Fattori, rimanendo influenzato dalla sua persona e dalla sua arte. Nel 1902 s'iscrisse alla Scuola libera di Nudo di Firenze e l'anno successivo si spostò a Venezia per frequentare l'istituto delle Belle Arti. Nel 1906 emigrò in Francia, a Parigi, dove fu influenzato dal lavoro di Toulouse-Lautrec e Paul Cezanne. Nel 1912 alcune sculture di Modigliani furono esposte al Salone d'autunno. La tubercolosi di cui soffriva peggiorò sensibilmente a causa delle polveri generate dalle sculture. Abbandonò questa strada per concentrarsi unicamente sulla pittura, passando attraverso le sculture di pietra calcarea e di legno. Il 3 dicembre del 1917 si tenne alla Galleria Berthe Weill la prima mostra personale di Modigliani. Purtroppo il capo della polizia di Parigi rimase talmente scandalizzato dall'immoralità dei nudi di Modigliani esposti in vetrina da far chiudere la mostra poche ore dopo la sua apertura. Lo stesso anno, il 1917, Amedeo ricevette una lettera da una sua ex-amante di nome Simone che lo informò di essere tornata in Canada, sua nazione d'origine, e di aver dato alla luce un figlio. Simone sosteneva che il padre fosse Modigliani. Amedeo non riconobbe mai il bambino come proprio. L'anno successivo, il 1918, Modigliani si trasferì in Provenza insieme a Jeanne, una pittrice alle prime armi, dopo che la ragazza era rimasta incinta. Il 29 novembre del 1918 nacque la bimba a cui i genitori diedero lo stesso nome della madre: Jeanne. 


Durante la permanenza a Nizza, Modigliani riuscì a vendere pochi quadri con un misero ricavato. Malgrado questo inconveniente, il periodo in Provenza fu quello nel quale egli produsse la gran parte dei dipinti, che diventeranno i suoi quadri più popolari e di maggior valore. Purtroppo i pochi soldi che Modigliani riceveva svanivano rapidamente in droghe ed alcool. Un pittore italiano, Gino Severini, di quel periodo ricorderà: «Modigliani non era un vizioso, un ubriacone volgare, un decadente; l'assenzio, se lo prendeva talvolta in doppia dose, era malgrado tutto un “mezzo”, e non un “fine”». Lo stesso artista scrisse a proposito di Modigliani: «Dove sono quegli abusi di cui si è fatta tanta letteratura? E dopo tutto, che credono i borghesi, che si faccia un quadro nello stesso stato di spirito con cui s'infinocchia un cliente? Quanta gente è più volgare senza bere un dito di vino, che non lo fosse Modigliani dopo aver preso due o tre assenzi! Del resto non bisogna credere che Modigliani avesse bisogno di eccitanti per essere brillante, vivo, vivo e pieno d'interesse in qualunque momento della sua vita. Se a Montparnasse tutti gli volevano bene, non è mica per quello che lui era eccezionalmente, quando aveva bevuto, alla sera, qualche assenzio, ma per quel che lui dimostrava di essere usualmente nei suoi rapporti quotidiani coi camerati, e in ogni momento del giorno.»


Nel 1919, in primavera, fece ritorno a Parigi. Nella capitale francese, insieme a Jeanne ed alla figlia, affittò un appartamento in rue de la Grande Cahumière. In quel periodo il suo stile di vita giunse a richiedere il conto e la salute si deteriorò rapidamente. La vita di Amedeo Modigliani precipitò nella tragedia. Una mattina del gennaio del 1920, l'inquilino del piano sottostante controllò l'abitazione e trovò Modigliani delirante nel letto mentre si aggrappava a Jeanne, che era al nono mese della seconda gravidanza. Fu convocato un medico. Purtroppo Amedeo era in preda ad una meningite tubercolare. Ricoverato all'ospedale, circondata dagli amici più stretti e da Jeanne, morì all'alba del 24 gennaio del 1920. Alcuni giorni dopo un grande funerale attraversò le vie di Parigi cui parteciparono tutti i membri delle comunità artistiche.
Torniamo al 1984, centenario della sua nascita.
Perché la conservatrice dei musei civici livornesi spinse per dragare il canale nei pressi della zona di Piazza Cavour a Livorno?
Esisteva una leggenda, poco più che una diceria, secondo la quale nel 1909 Modigliani, tornato temporaneamente a Livorno, aveva scolpito delle sculture che mostrò al Caffè Bardi e ad alcuni amici artisti. Ricevendo derisione per le sue opere ed il consiglio di gettarle in un fosso, Modigliani, in uno scatto d'ira, decise di seguire le indicazioni degli amici, che forse tanto non lo erano, e lanciò le sculture nel canale.


Nel 1984, dragando il canale nei pressi del Caffè Bardi, furono effettivamente rinvenute tre teste, scolpite in uno stile che richiamava quello di Modigliani del 1909. La critica si divise: da una parte Federico Zeri che negò immediatamente l'attribuzione, dall'altra i fratelli Durbè, Vera e Dario, Giulio Carlo Argan e Cesare Brandi che attribuirono con certezza le teste a Modigliani.
Un mese dopo il ritrovamento, tre studenti universitari livornesi si presentarono al settimanale Panorama dichiarando la beffa. I tre presentarono, come prova della falsificazione delle sculture, una fotografia che li ritraeva nell'atto di scolpire una delle teste. I ragazzi ricevettero 10 milioni di lire per la loro dichiarazione. Dopo diversi appelli anche l'autore delle altre due teste si palesò: si trattava di Angelo Froglia, pittore livornese e lavoratore portuale per necessità. Froglia dichiarò che la sua operazione non voleva essere una burla ma «un'operazione estetico-artistica - per verificare - fino a che punto la gente, i critici, i mass-media creano dei miti».


Nel frattempo i tre ragazzi furono invitati in diretta a realizzare un nuovo falso durante uno speciale del TG1: riescono nell'impresa, tra lo sbigottimento di mezza città e la delusione di una parte del mondo della cultura. I tre universitari e Froglia non avevano preso accordi, e realizzarono l'operazione gli uni all'insaputa dell'altro. Casualità. Ad avvalorare la posizione di Froglia esiste un filmato durante il quale scolpiva le 2 teste. Inoltre, lo stesso artista, realizzò un film mentre scolpiva le pietre che suscitò molto interesse al Torino Film Festival del 1984. Ancora oggi il catalogo pubblicato poche ore dopo la scoperta delle teste, e presentato in esclusiva durante la mostra dedicata ad Amedeo Modigliani a Livorno, è in vendita come rarità. Il catalogo, ribattezzato della beffa di Modi, testimonia come il giudizio degli esperti può essere piegato al sensazionalismo della scoperta inaspettata.

Fabio Casalini 

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.com/

Bibliografia 

Modigliani. Livorno-Parigi ultima bohème, Biografia Aldo Santini, giugno 1987

Modigliani. L'ultimo romantico, Biografia Corrado Augias, ottobre 1999

Amedeo Modigliani. Le pietre d'inciampo, la storia delle vere teste di Modigliani, Maurizio Bellandi, 2016

Il viaggiatore alato. Vita breve e ribelle di Amedeo Modigliani, Biografia Corrado Augias, 1998

FABIO CASALINI – fondatore del Blog I Viaggiatori Ignoranti
Nato nel 1971 a Verbania, dove l’aria del Lago Maggiore si mescola con l’impetuoso vento che, rapido, scende dalle Alpi Lepontine. Ha trascorso gli ultimi venti anni con una sola domanda nella mente: da dove veniamo? Spenderà i prossimi a cercare una risposta che sa di non trovare, ma che, n’è certo, lo porterà un po’ più vicino alla verità... sempre che n’esista una. Scava, indaga e scrive per avvicinare quante più persone possibili a quel lembo di terra compreso tra il Passo del Sempione e la vetta del Limidario. È il fondatore del seguitissimo blog I Viaggiatori Ignoranti, innovativo progetto di conoscenza di ritorno della cultura locale. A Novembre del 2015 ha pubblicato il suo primo libro, in collaborazione con Francesco Teruggi, dal titolo Mai Vivi, Mai Morti, per la casa editrice Giuliano Ladolfi. Da marzo del 2015 collabora con il settimanale Eco Risveglio, per il quale propone storie, racconti e resoconti della sua terra d’origine. Ha pubblicato, nel febbraio del 2015, un articolo per la rivista Italia Misteriosa che riguardava le pitture rupestri della Balma dei Cervi in Valle Antigorio.