giovedì 28 febbraio 2019

Magaldi: 5 Stelle, bugie sul Venezuela e fallimenti in Italia

O siete ignoranti, all’oscuro dei fatti, o siete addirittura in malafede. E non si sa cosa sia peggio, visto che sedete addirittura al governo. Pazienza, se si trattasse dei soliti “leoni da tastiera”, che sui social diffondono falsità e distribuiscono insulti in modo sleale, protetti dall’anonimato, convinti di restare impuniti in eterno. Ma se si rivestono cariche istituzionali, non si può scadere fino a questo punto. Specie se, come in Venezuela, è in gioco la sicurezza di quasi 30 milioni di persone, ormai alle prese con un’emergenza umanitaria. Sono tantissimi i venezuelani di origine italiana, ieri vicini al governo socialista di Hugo Chavez e ora spaventati e mortificati: dall’invereconda autocrazia dell’indegno Nicolas Maduro, e dal silenzio ufficiale dell’Italia, il cui governo non prende posizione in modo netto sulla crisi in corso. E’ esasperato, Gioele Magaldi, di fronte all’opaca neutralità dei 5 Stelle: non riconoscendo Juan Guaidò come “presidente ad interim”, i pentastellati finiscono per supportare Maduro, cioè il politico fallimentare di cui la stragrande maggioranza dei venezuelani vorrebbe liberarsi. «Avevo dato del cialtrone ad Alessandro Di Battista – tuona Magaldi, in web-streaming su YouTube – ma ora allo stesso giudizio associo anche il vicepremier Luigi Di Maio, allineatosi a Di Battista, esattamente come il presidente della Camera, Roberto Fico».
L’accusa: è semplicemente folle dare del “golpista” a Guaidò, solo perché è sostenuto dagli Usa. «L’autoproclamato presidente non ha fatto nulla che non fosse previsto dalla Costituzione del Venezuela: e il governo italiano non può fingere di non saperlo, Fico e Di Maiocome invece fanno i 5 Stelle». Scandisce i termini della questione, il presidente del Movimento Roosevelt: per chi non l’avesse ancora capito, ribadisce, Guaidò non è un “signor nessuno” messo lì dalla perfida America per rovesciare un governo legittimo. E’ il presidente del Parlamento. E la Costituzione del suo paese – in circostanze straordinarie, come queste – gli conferisce il potere, legale, di disconoscere il presidente in carica, sostituendolo in via strettamente provvisoria. Con un unico obiettivo: indire elezioni. Dove starebbe il golpismo? Per colpo di Stato si intende: presa del potere con metodi violenti, mediante l’uso della forza. Guaidò vuole forse cacciare Maduro per insediarsi stabilmente alla presidenza? No: si limita a compiere un passaggio costituzionale necessario, per imporre a Maduro il ripristino della legalità democratica. Vuole che i venezuelani possano tornare a votare. L’ultima volta che l’hanno fatto, lo scorso anno, il partito di Maduro ha praticamente vinto da solo: l’opposizione incarnata da Guaidò non si era neppure candidata, non ravvisando l’agibilità democratica della consultazione. Come si può parlare, seriamente, di golpe?
Certo, il Venezuela è ricchissimo di petrolio: ha la prima riserva petrolifera del mondo, e ora è boicottato dagli Stati Uniti. Come ricorda Eugenio Benetazzo, c’è proprio il petrolio nel destino di Caracas, nel bene e nel male: usando i proventi del greggio, Hugo Chavez riuscì a condurre uno spettacolare programma di welfare, di stampo socialista. Maduro avrebbe voluto imitarlo, ma il crollo del prezzo del barile gliel’ha impedito. E quando il paese è scivolato nella crisi, l’erede di Chavez – a differenza del suo precedessore – non ha esitato a ricorrere alla repressione, di fronte alle proteste popolari. Maduro ha forzato ripetutamente la Costituzione, cosa che invece Chavez s’era ben guardato dal fare: aveva proposto una modifica costituzionale in senso presidenziale, ma aveva accettato (democraticamente) il verdetto contrario dei venezuelani. «Maduro – sintetizza Magaldi – ha letteralmente rovinato il gran lavoro svolto da Chavez». Non ci credete? E allora, suggerisce il Eugenio Benetazzopresidente del Movimento Roosevelt, magari leggetevi su “L’Intellettuale Dissidente” le illuminanti analisi di un osservatore privilegiato come Giuseppe Angiuli, grande estimatore di Chavez e oggi rassegnato a descrivere “la triste parabola del socialismo bolivariano”, con ormai quasi 3 milioni di venezuelani in fuga – per fame – nei paesi vicini.
Lo fa notare lo stesso Benetazzo: è vero, il regime di Maduro si è trovato ad affrontare difficoltà serissime ed è stato progressivamente “accerchiato”. Ma la sua evidente incapacità è ormai diventata un problema insormontabile: al di là dell’avversione ideologica per il governo di Caracas, paesi come Brasile, Argentina ed Ecuador percepiscono Maduro come un ostacolo da rimuovere, non essendo in grado di impedire che il Venezuela si trasformi in una bomba sociale, nel teatro regionale di una catastrofe umanitaria. Alle Sette Sorelle – fa notare Gianni Minà – fa gola il petrolio venezuelano: il loro grande obiettivo è appropriarsi della Pdvsa, la compagnia petrolifera nazionale, tuttora statale. Tutto sembra congiurare contro Maduro: l’Ue lo ha scaricato, e la Banca d’Inghilterra rifiuta di restituire al Venezuela l’ingente riserva aurea di cui il paese virtualmente dispone, nei forzieri di Londra. Ma in tutto questo – insorge Magaldi – come si fa a non vedere da che parte sta, Juan Guaidò? Non agisce a nome delle perfide multinazionali, bensì del popolo venezuelano mortificato e affamato dalla crisi che Maduro non ha saputo affrontare, preferendo silenziare l’opposizione e reprimere ferocemente le proteste, anche calpestando la Costituzione che Hugo Chavez aveva sempre rispettato.
Magaldi considera Guaidò un patriota, un vero sindacalista civile del suo paese. Un uomo coraggioso, pronto a rischiare la pelle in nome della democrazia. Il suo partito, “Voluntad Popular”, non è affatto neoliberista: è di ispirazione dichiaratamente liberal democratica. Magadi è trasparente: lui stesso, precisa, milita nello stesso network massonico internazionale di Guaidò, quello che si dichiara progressista e si oppone al dominio neo-oligarchico che ha confiscato la democrazia in tutto il pianeta. Come dire: di Guaidò potete fidarvi. In Venezuela, antichi supporter di Chavez masticano amaro, di fronte a quello che interpretano come un tradimento, e vedono in Guaidò un leale traghettatore. Ipotesi: un nuovo Venezuela, non più affamato né “normalizzato”, non ridotto a colonia neo liberale. Un paese senza più il carisma del chavismo, certo, ma senza neppure «gli eccessi statalistici che, in altri tempi, in Cile, prepararono le condizioni del golpe Usa che costò la vita ad Allende, altro massone progressista». Ma, a parte l’orientamento politico di Guaidò, «socialdemocratico, non certo reazionario», l’oppositore Juan Guaidòdi Maduro – insiste Magaldi – riveste oggi un profilo istituzionale perfettamente legale, che solo un cieco potrebbe non vedere. Per questo, aggiunge il presidente del Movimento Roosevelt, la vacuità bugiarda e cialtrona dei 5 Stelle, di fronte alla tragedia venezuelana, è pari alla fellonia parolaia del “governo del cambiamento”, che in Italia non sta cambiando proprio niente.
Sparare proclami a vanvera su uno scenario lontano come il Venezuela, fa notare Magaldi, serve anche a distrarre l’attenzione dell’opinione pubblica dalle miserie domestiche dell’infimo governo gialloverde. Nelle parole dei leader pentastellati risuonano echi terzomondisti e vetero-antiamericanisti? Male, dice Magaldi (atlantista dichiarato), perché è facile giocare con gli slogan, come fanno gli anonimi “eroi” del web complottista. L’imperialismo yankee è brutto? «Tutte le potenze del mondo, da sempre, attuano politiche di quel tipo». L’egemonia Usa è stata determinante per l’Italia? Eccome: «Ma chi demonizza gli Stati Uniti dimentica cos’era, l’Italia feroce di Mussolini con le sue leggi razziali. Dimentica che, senza il Piano Marshall, il paese – in macerie – non sarebbe mai diventato quello del boom economico. I detrattori degli Usa avrebbero preferito l’egemonia dell’Urss? Volevano che l’Italia diventasse come l’Albania? La Cecoslovacchia? L’Ungheria?». Ovvio, non c’è rosa senza spine: e l’Italia ne ha assaggiate parecchie. Bombe nelle piazze, stragismo, strategia della tensione, tentativi di golpe. Tutta roba americana, anche quella. Chi lo dice? Sempre Magaldi, nel saggio “Massoni” (Chiarelettere, 2014).
Col piglio dello storico e del politologo, l’autore ha svelato retroscena mai prima chiariti: erano massoni statunitensi i burattinai della Loggia P2 di Licio Gelli, una rete di servizi deviati e terroristi pilotati. Ma erano massoni statunitensi – di segno opposto, progressista – anche gli uomini come Arthur Schlesinger Jr., capaci di manovrare dietro le quinte per sventare tutti e tre i tentativi di colpo di Stato organizzati dai signori della “Three Eyes” capitanata da Kissinger, l’ispiratore del golpe in Cile, dall’onnipresente David Rockefeller (grande padrino della Trilaterale) e dal raffinato stratega Zbigniew Brzezinski, l’uomo che arruolò Osama Bin Laden in Afghanistan. Poi però, annota Magaldi, lo stesso Brzezinski ci rimase male, quando Bin Laden lasciò la “Three Eyes” per approdare alla “Hathor Pentalpha” dei Bush, cupola eversiva e terroristica, capace di progettare (con l’11 Settembre) la strategia della tensione internazionale che stiamo ancora scontando, per imporre – a mano armata – la peggior forma di globalizzazione. Uno schema a cui il pavido Obama non ha osato opporsi. Un potere oscuro, che oggi vede come il fumo negli occhi l’outsider assoluto che siede alla Casa Bianca, Donald Trump, l’uomo che adesso vorrebbe liberarsi di Maduro. Come dire: niente è come sembra, l’apparenza inganna. Più che gli Stati, la geopolitica la dettano gruppi ristretti, in lotta fra Gioele Magaldiloro. Ma appena sale la tensione, ricompaiono le bandiere: e il derby lo vince l’emotività. Peccato veniale, prendere lucciole per lanterne, a patto che non si sieda al governo di un paese come l’Italia.
Magaldi è stato un franco sostenitore del governo Conte, come unico possibile esecutivo “eretico” rispetto al dogma finto-europeista. Aveva scommesso sulla freschezza dei 5 Stelle e sulla conversione nazionale di Salvini, a capo di una Lega non più nordista. Sperava che l’esecutivo avesse il coraggio di resistere alle pressioni internazionali, esercitate prima ancora che il governo nascesse, con il “niet” su Paolo Savona all’economia. Ad ogni sconfitta, leghisti e grillini hanno alzato la voce: grandi proclami, per nascondere l’imbarazzante verità. L’ipotesi di deficit al 2,4%? Troppo debole, per aiutare l’economia. Ma si sono dovuti rimangiare pure quella, piegandosi agli oligarchi di Bruxelles. Non hanno osato tener duro, i gialloverdi, neppure di fronte al clamoroso assist offerto in Francia, contro l’establishment eurocratico, dai Gilet Gialli. L’ultima cosa che oggi possono permettersi di fare, i 5 Stelle, è di dire stupidaggini su Juan Guaidò, insiste Magaldi: prima di parlare, si leggano la Costituzione del Venezuela. E smettano di essere ipocriti: «Il governo è pieno di massoni, anche se nel “contratto” (in modo discriminatorio, ledendo un diritto democratico) avevano scritto che non avrebbero dato spazio agli iscritti alla massoneria». Peggio: «Qualche settimana fa, esponenti della maggioranza erano venuti a chiedere la mia personale intercessione per essere aiutati, a livello europeo, dai circuiti massonici progressisti». E adesso vorrebbero farci la lezioncina sul Venezuela?

fonte: http://www.libreidee.org/

giovedì 21 febbraio 2019

l'assassinio di un medico abortista


John Britton nacque a Boston il 6 maggio del 1925. Si laureò nel 1949 alla Scuola di Medicina dell’Università della Virginia. In seguito prestò servizio nell'esercito statunitense di stanza in Corea. Una volta congedato divenne medico di famiglia nella cittadina di Fernandina Beach in Florida. In breve tempo il dottor Britton si ritrovò ad essere uno dei pochi medici disposti ad eseguire aborti a Pensacola, la città più occidentale della Florida a circa 13 km dal confine con l’Alabama. La situazione peggiorò drammaticamente dopo l’omicidio del dottor David Gunn, avvenuto nel marzo del 1993 per mano di fanatici anti-abortisti. Gunn fu ucciso a pochi passi dall'unica altra clinica che effettuava aborti a Pensacola. 
Dopo l’omicidio di David Gunn, Britton iniziò a recarsi settimanalmente a Pensacola per effettuare interruzioni di gravidanza nel Centro per donne della cittadina. Il dottor Britton quando riceveva le donne parlava della sua personale opposizione alla procedura, a volte allontanandole per una settimana o più al fine di farle riflettere sulla decisione che stavano assumendo. John Britton iniziò a ricevere minacce di morte ed insulti. 
Non si fermò. 
Decise di indossare un giubbotto antiproiettile fatto in casa. Acquistò una 357 Magnum che portava sempre con se. Arruolò una guardia del corpo privata. 
Tutto fu vano.


Il delitto di John Britton si consumò il 29 luglio del 1994. 
Il medico si recò presso la clinica di Pensacola quando un uomo gli si avvicinò e sparò con un fucile colpendolo alla testa. Nella sparatoria morì anche la guardia del corpo del medico, James Barrett di 74 anni. La moglie di Barrett, tenente colonnello dell’Air Force in pensione, rimase ferita. Pochi istanti dopo la sparatoria, la polizia arrestò Paul J. Hill, un noto manifestante anti-abortista, immediatamente identificato dai testimoni come l’uomo armato che aveva sparato, ed ucciso, il dottor Britton e la sua guardia del corpo. 
Paul Hill era un ex ministro di due confessioni presbiteriane, ultraconservatrici, e da qualche tempo era noto per difendere le violenze contro i medici che eseguivano le interruzioni di gravidanza. Immediatamente giunsero le reazioni dell’autorità politiche.


Il presidente Clinton condannò le “sparatorie insensate” e dichiarò: “Sono fortemente impegnato a porre fine a questa forma di terrorismo domestico che minaccia il tessuto del nostro paese. Spero in un’indagine rapida e approfondita su questo tragico incidente”. 
Seguì la dichiarazione del procuratore generale degli Stati Uniti, Janet Reno: “L’Ufficio federale d’investigazione e l’Ufficio per l’alcol, il tabacco e le armi da fuoco aiuteranno in tutti i modi possibili le autorità locali nelle indagini”. 
Solo due mesi prima il presidente degli Stati Uniti Bill Clinton. aveva firmato una legge che consentiva di equiparare ai crimini federali sia l’uso della forza nei confronti del personale delle cliniche che praticavano interruzioni di gravidanza che le minacce nei confronti di pazienti e dipendenti delle cliniche stesse. La legge prevedeva la condanna all'ergastolo per chiunque avesse usato violenza nei confronti di medici, operatori o pazienti delle cliniche che si occupavano di assistere le madri che intendevano interrompere la gravidanza.


Chi era Paul Hill, l'assassino del medico abortista?
Hill, direttore di un gruppo anti-abortista chiamato Defensive Action, era divenuto famoso per la sua crociata contro le interruzioni di gravidanza. Gran parte della sua fama era il risultato delle apparizioni a programmi televisivi nazionali quali Nightline e Sonya Live. Ripetutamente, durante le interviste, Hill sostenne “il principio cristiano di non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te; se un abortista sta per prendere violentemente la vita di una persona innocente, sei moralmente giustificato nel cercare di impedirgli di prendere quella vita”. 
Intervistato dopo il ferimento di un medico per mano di un avvocato anti-abortista, dichiarò che “basandoci sul sesto comandamento dobbiamo cercare di impedire di uccidere e, se richiesto, possiamo usare la forza”.


Dopo l’arresto Hill dichiarò: “So una cosa: nessun bambino innocente verrà ucciso in quella clinica oggi”.
Hill fu condannato a morte il 6 dicembre del 1994.
Fu giustiziato tramite iniezione letale il 3 settembre del 2003.
Fu la prima persona negli Stati Uniti ad essere giustiziata per aver ucciso un medico che praticava aborti.

Fabio Casalini

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.com/

Bibliografia

New York Times, Death of a doctor; the overview; abortion Doctor and Bodyguard Slainin Florida; Protester Is Arrested in Pensacola's 2d Clinic Killing, 30 luglio 1994

New York Times, At center of abortion shooting: an a avid protester and an uncertain martyr, 31 luglio 1994

McCann, Joseph T. (2006). Terrorism on American sol: a concise history of plots and perpetrators from the famous to the forgotten. Sentient Publications

FABIO CASALINI – fondatore del Blog I Viaggiatori Ignoranti

Nato nel 1971 a Verbania, dove l’aria del Lago Maggiore si mescola con l’impetuoso vento che, rapido, scende dalle Alpi Lepontine. Ha trascorso gli ultimi venti anni con una sola domanda nella mente: da dove veniamo? Spenderà i prossimi a cercare una risposta che sa di non trovare, ma che, n’è certo, lo porterà un po’ più vicino alla verità... sempre che n’esista una. Scava, indaga e scrive per avvicinare quante più persone possibili a quel lembo di terra compreso tra il Passo del Sempione e la vetta del Limidario. È il fondatore del seguitissimo blog I Viaggiatori Ignoranti, innovativo progetto di conoscenza di ritorno della cultura locale. A Novembre del 2015 ha pubblicato il suo primo libro, in collaborazione con Francesco Teruggi, dal titolo Mai Vivi, Mai Morti, per la casa editrice Giuliano Ladolfi. Da marzo del 2015 collabora con il settimanale Eco Risveglio, per il quale propone storie, racconti e resoconti della sua terra d’origine. Ha pubblicato, nel febbraio del 2015, un articolo per la rivista Italia Misteriosa che riguardava le pitture rupestri della Balma dei Cervi in Valle Antigorio.

giovedì 14 febbraio 2019

vi siete mai chiesti come mai i nostri nonni non soffrissero di allergie alimentari?


Vi siete mai chiesti come mai i nostri nonni non soffrissero di allergie alimentari, o comunque perché questo disturbo non fosse così frequente come oggi?

Le allergie alimentari stanno diventando una preoccupazione per quasi ogni famiglia e sono in netta crescita. Oltre a rendere difficile la vita a coloro che soffrono di questa moderna epidemia, questo produce un ulteriore costo sia per il sistema sanitario che per le tasche di tutti.

Ogni 3 minuti una reazione allergica alimentare manda qualcuno al pronto soccorso, che in un anno significa 200.000 visite al pronto soccorso.

Secondo uno studio pubblicato nel 2013 dal CDC, le allergie alimentari tra i bambini negli Stati Uniti sono aumentate di circa il 50% tra il 1997 e il 2011. E in Italia le cose non vanno meglio.

Sembra che l’allergia al latte sia la più diffusa, probabilmente perché nel prodotto si trovano diversi ormoni della crescita e i residui di antibiotici di cui si abusa negli alimenti intensivi.

C’è dunque qualcosa di estraneo nel cibo di oggi che prima non c’era?
Assolutamente sì ...


Gli alimenti industriali in generale possono contribuire a provocare le allergie per una serie di ragioni diverse. 

I cibi elaborati contengono una varietà di coloranti, aromi, conservanti e altri additivi che possono avere un grande impatto.

I nostri nonni non avevano le allergie alimentari per un motivo molto semplice: mangiavano cibo senza conservanti e non elaborato. Gli alimenti provenivano dalle aziende agricole e dai mercati, se non dal proprio orto. I bambini venivano nutriti con il latte materno. In quei giorni, la parola dieta non esisteva: non ci si abbuffava come facciamo oggi e il cibo non causava gonfiore e obesità perché non era elaborato con sostanze chimiche, additivi, stabilizzanti, conservanti, conservanti, aromi e tutto ciò che troviamo oggi negli alimenti.

Le carni provenivano da animali che non erano imbottiti di ormoni.

Si mangiava fuori sporadicamente e anche in quei casi si consumavano piatti tradizionali, cucinati in casa con ingredienti freschi.

I nostri nonni, inoltre, non restavano chiusi in casa a giocare con il computer e lo smartphone, ma uscivano sull’erba, scalavano gli alberi e si divertivano in armonia con madre natura.

Non correvano dal medico per le più piccole inezie. Quando avevano la febbre, aspettavano che passasse. Quando si sentivano male, mangiavano minestre, zuppe, brodi e riposavano molto. Non facevano uso di farmaci per qualsiasi piccolo disturbo per accelerare la guarigione. Il cibo era la loro medicina, che ne fossero consapevoli o meno.

La dieta e lo stile di vita hanno un impatto importante sul nostro organismo. Ogni cellula del nostro corpo necessita di una corretta alimentazione per funzionare correttamente, mentre cattiva alimentazione e stile di vita sbagliato ne comprometteranno l’integrità, provocando una particolare sensibilità a certi alimenti.

Sembra che le allergie alimentari possano essere un sottoprodotto imprevedibile di numerosi fattori ambientali, che erano in gran parte sconosciuti fino ad un paio di generazioni fa. Di questo passo, ci si domanda quale sarà il futuro della nutrizione, visto che sempre più tossine vengono introdotte negli alimenti.

domenica 10 febbraio 2019

Aldo Busi e la pedofilia

Aldo BusiLo scrittore Aldo Busi non ha vinto la 67ma edizione del Premio Strega, ma ha racimolato soltanto 18 voti, reagendo in modo scomposto: «Lo Strega è un premio da analfabeti».
Il premio è stato vinto Walter Siti con il libro “Resistere non serve a niente” (Rizzoli 2013). Siti è uno scrittore affermato, accademico e critico letterario e omosessuale come Aldo Busi. Tuttavia ha sempre criticato la «gayzzazione dell’Occidente», come ha chiamato lui il «desiderio basato su rapporti veloci e intercambiabili fino alla promiscuità». L’omosessualità esiste da sempre, ha spiegato ma «allo stesso tempo che penso ci siano dei condizionamenti di tipo nevrotico […] Ho conosciuto diversi omosessuali che avevano quasi una impossibilità di fare l’amore con una donna, che di fronte alle donne avevano reazioni di spavento per non dire di panico. Allora è evidente che lì c’è uno sbarramento psicologico che io per semplicità ho chiamato nevrotico, qualcosa che somiglia a un blocco o a una censura. È un po’ ideologico dire: non importa, uomo o donna è la stessa cosa»Nel 2009 ha preso le difese del cantante Povia per la sua canzone “Luca era gay”, opponendosi al comportamento fascista dell’Arcigay che era pronta a bloccare Sanremo pur di impedire al cantante di esibirsi.
Quello che stupisce non è tanto il fallimento di Busi, piuttosto prevedibile per uno che ha definito Benedetto XVI un “omosessuale represso”, ma è la sua continua presenza pubblica sui media, i suoi frequenti inviti in diverse trasmissioni (nell’ultima ha rimediato una querela per aver insultato Laura Ravetto dicendole che va in giro senza mutande).
Aldo Busi si è infatti reso protagonista di numerose dichiarazioni sulla pedofilia che hanno portato L’Osservatorio sui Diritti dei Minori a protestare in più occasioni sulla permanenza dello scrittore omosessuale all’Isola dei Famosi (2010) e in altre trasmissioni. Durante una diretta del Costanzo show del 1996, infatti, Busi ha spiegato che «non vedo nulla di scandaloso se un ragazzino masturba una persona adulta». Alle ovvie polemiche nate il giorno dopo, ha risposto così in un’intervista«Ipocriti. Siete i soliti cattolici che nascete e crescete con l’idea di sesso legata alla colpa e al peccato. Io faccio una fondamentale distinzione tra la criminalità legata alle porno cassette o al turismo sessuale e alla pratica di una pedofilia blanda, quella praticata dai bambini sugli adulti. I bambini sono in certi casi corruttori degli adulti». E ancora: « è arrivato il momento di capire che anche i bambini hanno la loro brava sessualità e che gli adulti non devono più reprimerla». Il commento del quotidiano “Repubblica” a queste parole di Busi è stato: «E c’era bisogno di legittimare i pedofili?».
Sulla rivista di cultura omosessuale “Babilonia”ha invece scritto«ci sono Paesi in cui le bambine e i bambini o vengono sfruttati nella prostituzione o vengono ammazzati (Brasile, Cina , India.). Allora, cos’è meglio per questi bambini, una scopata o una coltellata? E non mi si venga a dire che entrambe le soluzioni sono aberranti. E allora che sarà mai se un ragazzino di 5 o 10 o 12 anni fa una sega a uno più in là negli anni o se la fa fare? All’offerta sessuale del bambino bisogna che l’adulto responsabile dia una risposta sensuale e non una risposta astratta a base di rimproveri, ammonizioni e di sfiducia verso al propria sessualità e di orrore verso quella degli altri, tutti potenziali mostri dietro l’angolo. Se per fare questo gli si prende in mano il pisello o le si accarezza la passerina che sarà mai?».

fonte: https://www.uccronline.it/

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venerdì 8 febbraio 2019

le Case Magdalene


Le Case Magdalene erano istituti femminili che avevano il compito di accogliere ragazze orfane oppure donne la cui condotta era considerata peccaminosa ed in contrasto con i pregiudizi di una società benpensante. 
La maggior parte di questi istituti era gestita da suore, appartenenti a vari ordini religiosi, per conto della Chiesa cattolica. 
Ricostruiamo la storia di questi istituti. 
Le Case Magdalene sorsero in Inghilterra ed in Irlanda nel corso del XIX secolo, avendo come scopo la riabilitazione di donne che avevano lavorato come prostitute. In Irlanda le Case prendevano il nome da Santa Maria Maddalena. 
In breve tempo l’amministrazione delle Case Magdalene passò sotto il controllo della Chiesa cattolica, che ne favorì la diffusione. Le Case, inizialmente concepite come ricoveri di breve termine, si trasformarono in luoghi di rifugio di lungo periodo. Con il trascorrere del tempo, la ragione d’essere di questi istituti si allontanò sempre più dall’intento iniziale, in altre parole togliere dalla strada le prostitute nel tentativo di riabilitarle alla società, aiutandole a trovare un impiego fisso. Alle donne ospitate in questi istituti era richiesto di lavorare, spesso come lavandaie, anche contro la loro volontà. 


Le suore, che curavano la gestione degli istituti, spesso attuavano regole severe e provvedimenti decisi contro le ragazze che non svolgevano diligentemente i compiti loro assegnati. Nell’accettazione delle pazienti non vi era alcuna discriminazione religiosa o razziale. Dopo il ricovero, le donne erano chiamate le sorelle di Santa Margherita, ma non pronunciavano alcun voto religioso. Un fattore importante da tenere in considerazione nell’analisi di questi istituti attiene al fatto che, nella maggior parte dei casi, le donne erano trattenute contro la loro volontà. Questa “segregazione” avveniva grazie alla complicità dei familiari delle ragazze, preoccupati, nella maggior parte dei casi, di mantenere “integro” l’onore e la reputazione della famiglia. La prostituzione non era l’unica causa d’inserimento in uno di questi istituti. Tra gli altri motivi ritenuti validi per il viaggio in una Casa Magdalene vi era il fatto d’essere una madre nubile, essere considerata troppo brutta oppure l’essere stata vittima di uno stupro. Come abbiamo visto in precedenza, la maggior parte delle donne rinchiuse in questi istituti svolgeva delle mansioni quotidiane, spesso attinenti al lavoro della lavandaia. Le dure condizioni lavorative, e le rigide regole imposte dalle suore, furono i motivi che portarono alla nascita di feroci critiche alle Case Magdalene. Inoltre, fattore da non dimenticare, le ragazze prestavano manodopera non retribuita, motivo che permetteva proficui guadagni agli istituti (in Irlanda questi istituti erano conosciuti come Magdalene Laundries – Lavanderie Magdalene). 


L’esistenza delle Case Magdalene non fu tenuta in gran considerazione sino al 1993, quando un ordine di suore a Dublino, quelle di Nostra Signora della Carità, vendette una parte dell’istituto ad un imprenditore immobiliare, poiché avevano perso denaro con la compravendita di azioni in Borsa. Le operazioni d’ampliamento volute dall’imprenditore consentirono la scoperta di una fossa comune contenente 133 cadaveri. Le suore fecero in modo che i resti fossero cremati e seppelliti presso il cimitero di Glasnevin, dividendo il costo della sepoltura con l’imprenditore immobiliare. Più tardi emerse che vi erano altri 22 cadaveri che le sorelle chiesero di riesumare. In tutto furono riesumati e cremati 155 cadaveri. Con il tempo questa situazione generò uno scandalo pubblico. 
Nel 1998 all’interno del documentario Sex in a cold climate furono intervistate ex detenute delle Case Magdalene, che riferirono di aver subito abusi sessuali, fisici e psicologici da parte di suore e preti. Ammisero altresì d’essere state completamente isolate dal mondo esterno durante il periodo di ricovero presso le strutture. 


Nel 1999 due ragazze internate presso l’istituto Mary Norris, Josephine McCarthy e Mary-Jo McDonagh, fornirono resoconti sui maltrattamenti subiti dai collaboratori della struttura. 
Le accuse sulle condizioni nei conventi e sul trattamento dei detenuti furono trasformate in un film nel 2002, The Magdalene sisters, scritto e diretto da Peter Mullan. 
Nel giugno del 2011, Mary Rafferty scrisse sul giornale The Irish Time che all’inizio degli anni quaranta del secolo scorso alcune istituzioni statali irlandesi, tra cui l’esercito, passarono dall’utilizzo di lavanderie commerciali alle Magdalene laundries. La risposta fu abbastanza sconcertante poiché riferiva che i contratti contenevano un’equa clausola salariale, sebbene le ragazze delle Case Magdalene non percepissero compensi. 
Ricordando la forte connotazione cattolica dell’Irlanda, come si comportò il governo? 


Dal 2001 il governo irlandese riconobbe che le donne ospitate nelle Case Magdalene erano vittime d’abusi. Pur tuttavia resistette alle richieste d’indagini ed alle proposte di risarcimento poiché, secondo il governo irlandese, le lavanderie erano gestite privatamente e gli abusi avvenuti al loro interno non erano di competenza governativa. Nel frattempo era nata un’associazione a difesa delle ragazze che avevano vissuto all’interno delle istituzioni cattoliche, Justice for Magdalenes. L’associazione sosteneva che le condizioni all’interno delle lavanderie e lo sfruttamento delle lavoratrici erano palesi violazioni dei diritti umani. Non ottenendo risposta dal governo irlandese, Justice for Magdalenes presentò il caso al Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura che, il 6 giugno del 2011, invitò il governo irlandese ad indagare sulle accuse di tortura all’interno delle Case Magdalene. Il governo fu obbligato ad istituire una commissione d’inchiesta. Il 5 febbraio del 2013 il comitato pubblicò i risultati delle indagini: furono trovate prove di una rilevante collusione tra stato ed istituti cattolici. 


La commissione d’inchiesta rilevò significativi abusi verbali nei confronti delle donne-lavoratrici, ma non vi erano evidenze d’abusi fisici o sessuali regolari. Il 19 febbraio dello stesso anno, il primo ministro Enda Kenny rilasciò formali scuse di stato definendo le lavanderie come la vergogna della nazione: “Io come primo ministro, a nome dello Stato, dichiaro che il governo si pente profondamente e si scusa incondizionatamente con tutte quelle donne per il danno che è stato fatto loro e per ogni dolore che hanno sofferto come conseguenza del tempo che hanno trascorso all’interno di una lavanderia Magdalene”. Il primo ministro dichiarò altresì che lo stato aveva in previsione il risarcimento da offrire alle vittime delle lavanderie cattoliche. Le reazioni del mondo cattolico non si fecero attendere. Sorvolando sulle interviste rilasciate, in forma anonima, da diverse suore – che manifestavano disappunto per l’inchiesta poiché convinte di aver servito il paese – e da alcune associazioni sorte a difesa delle Case Magdalene, importante fu la presa di posizione che giunse dagli Stati Uniti dove era sorta un’associazione a tutela delle suore e degli istituti cattolici. Il presidente di tale istituzione cattolica dichiarò “che nessuna donna era stata imprigionata, ne costretta contro la propria volontà a rimanere”. Altresì affermò che “si tratta di una bugia” e che le donne alloggiate, presso tali istituzioni, “erano prostitute o candidate a per la professione più antica del mondo”. 
Le istituzioni religiose che si occupavano delle Case Magdalene si rifiutarono categoricamente di partecipare alla creazione del fondo per il risarcimento delle vittime della loro opera caritatevole. 
L’ultima Casa Magdalene è stata chiusa il 25 settembre del 1996. 
A tutt’oggi non esiste una statistica esatta di quante donne siano state ospitate all’interno delle istituzioni cattoliche divenute lavanderie nel corso del tempo. 

Fabio Casalini
Bibliografia

Finnegan, Frances (2001). Do Penance or Perish: A Study of Maddalene Asylums in Ireland . Piltown, Co. Kilkenny: Congrave Press. 

Raftery, Mary; Eoin O'Sullivan (1999). Suffer the Little Children: La storia interiore delle scuole industriali irlandesi . Dublino: New Island. 

Smith, James M (2007). Le lavanderie della Magdalena in Irlanda e l'architettura del contenimento della nazione . Manchester: Manchester University Press 

Pappagallo, Andrea; Nina Cummings (2006). Femmine abbandonate: la brutalizzazione globale delle donne . Lanham, Maryland: Rowman & Littl 

FABIO CASALINI – fondatore del Blog I Viaggiatori Ignoranti
Nato nel 1971 a Verbania, dove l’aria del Lago Maggiore si mescola con l’impetuoso vento che, rapido, scende dalle Alpi Lepontine. Ha trascorso gli ultimi venti anni con una sola domanda nella mente: da dove veniamo? Spenderà i prossimi a cercare una risposta che sa di non trovare, ma che, n’è certo, lo porterà un po’ più vicino alla verità... sempre che n’esista una. Scava, indaga e scrive per avvicinare quante più persone possibili a quel lembo di terra compreso tra il Passo del Sempione e la vetta del Limidario. È il fondatore del seguitissimo blog I Viaggiatori Ignoranti, innovativo progetto di conoscenza di ritorno della cultura locale. A Novembre del 2015 ha pubblicato il suo primo libro, in collaborazione con Francesco Teruggi, dal titolo Mai Vivi, Mai Morti, per la casa editrice Giuliano Ladolfi. Da marzo del 2015 collabora con il settimanale Eco Risveglio, per il quale propone storie, racconti e resoconti della sua terra d’origine. Ha pubblicato, nel febbraio del 2015, un articolo per la rivista Italia Misteriosa che riguardava le pitture rupestri della Balma dei Cervi in Valle Antigorio.