martedì 29 maggio 2018

i traditori della patria



Come questa classe politica in tutti questi anni ha venduto il nostro paese e noi cittadini all' alta finanza mondiale .
L' ITALIA - DALL’ INIZIO DELLA FINE … FINO ALLA FINE …

Vale la pena leggere tutto, in modo che OGNI ITALIANO POSSA PRENDERE COSCIENZA della situazione attuale in cui noi cittadini e soprattutto i nostri figli STANNO ANDANDO INCONTRO .

Qui si tratta di una vera e propria VENDITA DELLA NOSTRA DEMOCRAZIA E LIBERTA', E NESSUN ITALIANO UN GIORNO POTRA' DIRE CHE NON SAPEVA NIENTE ...


DIVORZIO TRA TESORO E BANKITALIA


L’inizio della vendita dell’Italia e’ avvenuta nel mese di luglio del 1981 quando e’ stato organizzato appositamente il DIVORZIO TRA LA BANCA D’ITALIA E IL MINISTERO DEL TESORO.
Da qui che cominciano i veri guai, perche' la banca d’italia’ perse tutta la sua autonomia.

Ciò comportò un grandissimo aumento degli interessi passivi a carico dello Stato ed esplosione del debito pubblico

Non avendo piu’ la banca il controllo sul mercato e dei prezzi per sottoporre le aste. La Banca d’Italia lasciava in pratica alle banche private il compito di decidere volta per volta a quale tasso di interesse dovevano essere collocati i titoli di stato e nelle enormi rendite di posizione.

Quindi bankitalia perse la sovranita’ andando a finire nella "bocca del lupo" delle banche private.


Tutto questo grazie all’operazione fatta da Beniamino Andetta che era il ministro del tesoro e Carlo Azeglio Ciampi, all’epoca governatore della banca d’Italia, il quale diceva che ci doveva essere massima indipendenza tra il sistema politico e quello della banca, ponendosi quindi decisamente a favore del divorzio tra Statoe Banca centrale italiana.
Dopo qualche anno a Carlo Azeglio Ciampi gli fu' data anche la promozione a capo dello stato …

Onore al merito ...


DA NOTARE CHE TUTTE QUESTE PERSONE CHE HANNO CONTRIBUITO A VENDERE L’ITALIA e con l'adesione nell'Eurozona, SAPEVANO DELLE CONSEGUENZE DISASTROSE IN CUI L'ITALIA SAREBBE ANDATA INCONTRO ...




La vendita dell’Italia, prosegui’ il 17 febbraio del 1986.

Giulio Andreotti (abbiamo detto tutto), che era il Ministro degli esteri del governo Craxi, firmo’ L’ATTO UNICO EUROPEO (AUE)
PER AVVIARE UN PRIMO EMBRIONE DI UNIONE POLITICA, FIRMANDO L'INIZIO DELLA MORTE DELL'ITALIA anche con il Trattato di Maastricht .



TRATTATO DI MAASTRICHT



Quindi il 7 febbraio del 1992 firmarono il trattato di Maastricht Giulio AndreottiPresidente del Consiglio, il Ministro degli Esteri Gianni De Michelis (Aspen Institute) e il Ministro del Tesoro Guido Carli,
Cedendo la sovranità monetaria alla Banca Centrale Europea, la - BCE – insieme agli altri stati membri dell’ EU.

Molto importante e’ l’art. 105 che dice che gli Stati aderenti rinunciano alla sovranità monetaria nazionale per trasferirla alla Banca Centrale Europea (BCE)
IL TRATTATO DI MAASTRICHT E’ CONCEPITO PER SOTTOPORRE LE DIVERSE NAZIONI AD UNA TOTALE DITTATURA MONETARISTA AL SERVIZIO DEGLI INTERESSI DEI BANCHIERI.
http://www.disinformazione.it/dittatura_europea2.htm

Il 02 giugno del 1992, il panfilo “Britannia”della Regina Elisabetta d'Inghilterra gettò le ancore nel porto di Civitavecchia, assieme ad altre unità della marina militare inglese, per ospitare una serie di incontri tra i massimi rappresentanti del mondo politico ed economico italiano e il fior fiore della finanza inglese, allo scopo di organizzare la svendita attraverso la privatizzazione delle aziende e delle societa’ statali dell’Italia .

All’incontro c’era Mario Draghi direttore del Tesoro e Azeglio Ciampigovernatore della Banca d’Italia .
Questo incontro fu organizzato a regola d’arte, perche’ uccisero poco prima il giudice Falcone proprio per distrarre l’attenzione dell’opinione pubblica e alzando anche il polverone appositamente di “ Mani Pulite ”.
La privatizzazione fu fatta a prezzi stracciati, a beneficio della grande finanza internazionale e a discapito degli interessi dello stato Italiano e dell'economia nazionale e dell'occupazione.

Quindi Mario Draghi incomincio’ a studiare e programmare le privatizzazioni, facendo solo il gioco tutto a favore della banche :
Warburg (banca inglese) 
Morgan Stanley (banca americana) 
Goldman Sachs (banca americana) 

Soprattutto la banca Goldman Sachs che è uno dei centri della grande speculazione sui derivati e sulle monete a livello mondiale . 
Guarda caso, dopo diversi anni, a Mario Draghi gli venne fatto il regalo dell’ incarico di Vicepresidente della Golden Sachs .

Nel giugno 1992 si insediò il governo di Giuliano Amato, anche lui era un personaggio in armonia con gli speculatori, infatti, Amato subito segui il programma di Mario Draghi e si affrettò a consultare il centro del potere finanziario internazionale:

Le tre grandi banche di Wall StreetMerrill LynchGoldman Sachs Salomon Brothers.

Giuliano Amato poi trasformò gli Enti statali in Società per Azioni, valendosi del decreto Legge 386/1991in modo tale che l'élite finanziaria li potesse controllare e in seguito rilevare.

Amato aveva costretto i sindacati ad accettare un accordo salariale non conveniente ai lavoratori, per la "necessità di rimanere nel Sistema Monetario Europeo", pur sapendo che l'Italia ne sarebbe uscita a causa delle imminenti speculazioni.


A George Soros, un famoso imprenditore americano ebbe l'incarico, da parte dei banchieri anglo-americani della Famiglia dei Rothschild, di attuare una serie di speculazioni, efficaci grazie alle informazioni che egli riceveva da loro, facendo attacchi speculativi degli hedge founds e successivamente quello contro la lira portandola ad una svalutazione del 30% .

Poi alla fine degli anni Novanta con la sinistra del governo di Romano Prodi e ministro del tesoro Carlo Azeglio Ciampi L’ITALIA ENTRO' NELLA MONETA UNICA, L' EURO, FORTEMENTE VOLUTA DA PRODI e da TUTTA LA SINISTRA .



TRATTATO DI LISBONA – 13 dicembre 2007


Firmato da Romano Prodi e Massimo D'Alema cedendo l’Italia ulteriormente di quello che rimaneva della sovranità nazionale e politica alla BCE .
Romano Prodi ha fatto parte del : Bilderbergcommissione TrilateraleGoldman Sachs .



TRATTATO DI VELSEN – 18 Ottobre 2007


Firmato dal Ministro della difesa ARTURO PARISI .
L’arma dei Carabinieri Italiana dovra' essere sostituita dalla "EUROGENDFOR”, la nuova pericolosissima Polizia Europea, la nuova "Gestapo", il corpo militare dell’Unione Europea.

Così, dopo l’ONU (la cui sede è stata costruita sui terreni donati dai Rockefeller…) il nuovo ordine mondiale (NWO) si doterà di nuovi uomini che reprimeranno ogni residuo d’indipendenza.
EUROGENDFOR potrà essere utilizzata al fine di:

a) Condurre missioni di sicurezza e ordine pubblico;

b) Monitorare, svolgre consulenza, guidare e supervisionare le forze di polizia locali nello svolgimento delle loro ordinarie mansioni, ivi compresa l'attività d'indagine penale;

c) Assolvere a compiti di sorveglianza pubblica, gestione del traffico, controllo delle frontiere e attività generale d'intelligence; d) svolgere attività investigativa in campo penale, individuare i reati, rintracciare i colpevoli e tradurli davanti alle autorità giudiziarie competenti;
e) Proteggere le persone e i beni e mantenere l'ordine in caso di disordini pubblici;

f) Formare gli operatori di polizia secondo gli standard internazionali


TRATTATO ESM - PAREGGIO DI BILANCIO - FISCAL COMPACT .


Firmato il 19 luglio 2012 da Mario Monti, il trattato ESM e pareggio di bilancio/fiscal compact :


ESM - E’ composto dalle quote, decise dalla BCE, versate dai paesi aderenti che acquistano uno status di soci finanziatori. Come tali possono chiedere un prestito in caso di necessità e trasformarsi così in debitori e come tali pagare degli interessi sul credito richiesto.
LA CLAUSOLA DITTATORIALE RISIEDE NELLA PRIVAZIONE DEL DIRITTO DI VOTO DEL PAESE CHE NON SALDA IL SUO DEBITO. NON PAGHI, NON VOTI.
L’Italia dovrà dare 125 miliardi di euro per questo fondo che tra le altre cose servirà anche per salvare le banche!!!


FISCAL COMPACT
L’Unione Europea delle Banche ha chiesto il cambiamento della Costituzionecon ingresso del Pareggio di Bilancio (detto anche Fiscal Compact). Il Mercato vuole più stabilità. Lo Stato per non indebitarsi dovrà tagliare tutta la spesa pubblicasanitàpubblica istruzioneterziarioeccOvviamente tutto a carico del Cittadino.
Il capitale di 700 miliardi, il Meccanismo Europeo di Stabilità, detto anche il Fondo Salva Stati è una vera e propria dittatura economica.



LEGGE BIAGI/MARONI


L'Unione Europea chiede che in seguito al libero scambio, anche il mercato del lavoro sia FLESSIBILE. Quindi la Legge Biagi e dopo la sua morte, Maroni la aggiusta ancora "meglio", sponsorizzata e voluta dal Fondo Sociale Europeo (forse per aumentare la disoccupazione) .



TRATTATO ERF – firmato il 23 agosto 2012


ERF, EUROPEAN REDEMPTION FUND, il Fondo Europeo di Redenzione (o Riscatto).
Le autorità dello Stato membro attuano le misure raccomandate (dalle istituzioni europee) relative all’assistenza tecnica e presentano alla Commissione un piano di ripresa e di liquidazione dei debiti per approvazione. Cioè il GOVERNO NAZIONALE PERDE OGNI TIPO DI POTERE DECISIONALE E OPERATIVO. In altre parole lo Stato è privato totalmente della propria sovranità: potremmo dire che è commissariato. Una vera e propria dittatura dell’euro e dell’UE.

IL VERO PROBLEMA CHE DISTRUGGERA’ L’ITALIA COME LA GRECIA, E’ LA FISCAL COMPAT CHE PARTIRA’ SUBITO ALL’ INIZIO DEL 2015 .
In Grecia ci sono continue rivoluzioni giornaliere in atto anche con morti .

                                                                         ****

Riguardo la FISCAL COMPAT, e’ stata data una notizia da giornale di provincia, tutta la grande stampa nazionale e la grande informazione televisiva, hanno bellamente trascurato il fatto che la Commissione europea abbia ricordato all’ Italia che a partire dal 2015 il trattato denominato Fiscal Compact entrerà in vigore e quindi da quell’anno e per i successivi 20 (venti!) anni L’ITALIA DOVRÀ TAGLIARE LA SPESA PUBBLICA DI 45 MILIARDI DI EURO OGNI 12 MESI, in modo da riportare alla soglia del 60% il rapporto debito-pil”. BOOM!

L'ATTUALE CAPO DEL GOVERNO ENRICO LETTA, CHIAMATO NELL'AMBIENTE " CAMERIERE DEI BANCHIERI ", figuriamoci nelle mani in cui ci troviamo, NON RIESCE A METTERE A FUOCO NEPPURE IL TAGLIO DI 4 MILIARDI DI EURO DELLA SPESA PUBBLICA PER CANCELLARE L’IMU E ALTRI 4 MILIARDI PER BLOCCARE L’AUMENTO DELL’IVA .

Qualcuno che abbia un minimo di lucidità è in grado di spiegare come potrà – il prossimo governo – tagliare di 10 volte tanto la spesa statale OGNI ANNO PER 20 ANNI?!
Non serve un grande economista per capire che tutto ciò PORTEREBBE L’ITALIA A SUPERARE DI BOTTO LA GRECIA QUANTO A DEVASTAZIONE. E LA DEVASTAZIONE È SORELLA DELLA VIOLENZA E LA VIOLENZA DI MASSA SI CHIAMA GUERRA.

QUESTO GOVERNO DELLE LARGHE INTESE CHE HA DATO VITA NAPOLITANO E' ANTICOSTITUZIONALE COME IL SUO 2 MANDATO QUESTO GOVERNO NON SI POTEVA FARE :

NAPOLITANO 2° MANDATO ANTICOSTITUZIONALE




ALLORA DI CHE COSA DOBBIAMO PARLARE ? DI DEMOCRAZIA ?!
HANNO CALPESTATO LA COSTITUZIONE SOTTO AI LORO PIEDI DAVANTI AGLI OCCHI DEGLI ITALIANI , STANNO DISTRUGGENDO L’ITALIA .


LA LEGGE ELETTORALE NON LA CAMBIERANNO, NON CI SARANNO ELEZIONI FINO AL 2015, HANNO BLINDATO LA DITTATURA . QUESTO GOVERNO CI PORTERA' DRITTO FINO AL 2015 ED ENRICO LETTA CONSEGNERA' DEFINITIVAMENTE LE CHIAVI DEL PAESE ALL'ALTA FINANZA MONDIALE, L'ITALIA PERDERA' LA COMPLETA AUTONOMIA.

ORA CHE SAI .... puoi scegliere se Soccombere per mano LORO o REAGIRE per Salvarti e Salvare i tuoi cari, i tuoi figli, i tuoi nipoti ! E SPEGNI I MEDIA ...sono il Braccio armato della Politica e del Sistema, altrimenti queste cose le avresti già sapute e saresti già INSORTO !
Sveglia gli altri...è l'unica possibilità che abbiamo di SALVARCI !
IL NOSTRO SAPERE E LA LORO PAURA …


Mondo Sporco 
fonte http://mondos-porco.blogspot.it/2013/11/i-traditori-della-patria.html

fonte: http://alfredodecclesia.blogspot.it/

sabato 19 maggio 2018

stalinismo e 5 Stelle: il partito bara, ma ha sempre ragione

Il partito ha sempre ragione. Tu non sai perché, ma lui sì. E se sbaglia hai l’obbligo religioso di tacere, per non danneggiare la sua lunga marcia. Teoria e pratica dello stalinismo, oltre mezzo secolo dopo la morte di Stalin e la dolorosa destalinizzazione avviata da Khrushev (e a ruota, da tutti i partiti comunisti del mondo). Il partito è sacro, la sua parola è legge. La sua missione va oltre la politica, prevede una palingenesi dell’umanità. Guai, quindi, a chi osa contestarne l’illuminata guida: sarà espulso, condannato, bollato a vita come come un volgare traditore, magari anche diffamato come opportunista e in ogni caso isolato, alla stregua di un appestato. Gli iscritti assisteranno impassibili al rituale di lapidazione, al sacrificio pubblico, cercando di non domandarsi se per caso la vittima non avesse qualche ragione. E senza minimamente sospettare che quello stesso destino, che oggi tocca al malcapitato di turno, domani potrebbe travolgere ogni altro membro del club. Nell’Unione Sovietica delle fucilazioni sommarie era in gioco la vita, mentre nel movimento fondato da Grillo e Casaleggio si rischia al massimo la pubblica gogna dell’ostracismo. Il meccanismo però è analogo: la platea degli iscritti non deve solo tacere, approvando in silenzio il verdetto del vertice; deve anche assistere alla cerimonia, drammaticamente istruttiva: chi rifiuta il dogma teologico del partito perde ogni dignità politica.
La dannazione è la sorte che il cattolicesimo medievale riservava agli eretici. Su di essi veniva fatta calare una maledizione, a scopo intimidatorio: era pericoloso anche solo rievocarne la memoria. Certe strutture gerarchiche utilizzano deliberatamente il Stalinmetodo brutale dell’Inquisizione: il silenzio-assenso generale di fronte alla violenza del verdetto è il cemento con cui si costruisce un potere autoritario, che – dall’indomani – potrà contare sull’assoluta impunità del vertice, sempre investito (per autodefinizione) di una missione superiore, altissima, quasi mistica, certo non sindacabile dai comuni mortali, quantunque aderenti fin dall’inizio al sacro patto escatologico verso la Terra Promessa. L’ostinato silenzio dei dirigenti dell’Ottobre – muti, di fronte ai fulmini che si abbattevano su di loro, uno alla volta – rese più facile, al dittatore, eliminarli tutti, uno dopo l’altro. Si tratta di un principio duro a morire, anche se la pratica democratica dell’aborrita e corrotta partitocrazia, in Italia e nel mondo, ha comunque evitato il ripetersi della fenomenologia staliniana. Se i partiti della Prima Repubblica vivevano di correnti in perenne lotta tra loro, quelli della Seconda hanno comunque celebrato congressi e primarie, dando vita a dinamiche di aperta concorrenzialità interna: Bossi e Maroni, Berlusconi e Fini, Bersani e Renzi. Col Movimento 5 Stelle, attraverso il totem della Rete (controllata dall’onniveggente Casaleggio) si è tornati all’antico: “uno vale uno”, in teoria, ma alcuni sono “più uguali” degli altri.
In modo quasi unanime, i meriti dei 5 Stelle sono considerati indiscutibili, nell’aver aggregato milioni di italiani attorno alla speranza di un mondo migliore. L’impegno: leggi da riscrivere da cima a fondo per ridisegnare una comunità socio-economica unita dal bisogno di valori condivisi. Fin dall’inizio, ingenerosamente, c’è chi ha considerato il Movimento come un mero “gatekeeper”, uno sfiatatoio del dissenso abilmente allestito al solo scopo di canalizzare la rabbia della società verso obiettivi innocui per l’establishment. Qualcuno si stupisce se Di Maio “sbianchetta” il programma elettorale dei 5 Stelle, laboriosamente assemblato con il lavoro collettivo degli iscritti? Eppure è lo stesso Di Maio che ha sparato contro “la massoneria” dopo aver bussato ai santuari massonici della finanza di Londra e di Washington, rassicurandoli sulle sue reali intenzioni. E’ lo stesso Di Maio che non ha fatto barricate contro l’obbligo vaccinale della legge Lorenzin, che non ha mai detto una parola chiara Grillo in versione Stalinsull’euro, e che oggi si rivolge con disinvoltura al Pd dopo averlo definito abominevole, disgustosamente corrotto e mafioso, catastrofico per l’Italia.
Non è Di Maio, a fare notizia, ma il perdurante silenzio-assenso dei grillini. Se le circostanze lo richiedessero, lo stesso Di Maio verrebbe rottamato all’istante. L’importante, per i sovragestori, è che – ancora e sempre – la platea approvi, ribadendo che il partito ha sempre ragione. I dirigenti stalinisti dei vari partiti comunisti europei erano leggendari per la loro celebrata doppiezza, spacciata per acume machiavellico: il dire il contrario di quello che si pensava era contrabbandato per sopraffina virtù. Un’astuzia genialmente tattica, in vista delle “magnifiche sorti e progressive”. Un riverbero di questa pratica, fondata sulla non-trasparenza, lo si è percepito nelle parole di Beppe Grillo di fronte al tragicomico infortunio del tentato trasloco, al Parlamento Europeo, nelle file degli ultra-euristi dell’Alde: come se i 5 Stelle fossero stati agenti speciali sotto copertura, un temibile cavallo di Troia introdotto tra le schiere nemiche. La “rete”, Luigi Di Maionaturalmente, era stata lasciata all’oscuro della manovra. Del resto, quanto contino davvero gli iscritti lo di vede anche dall’assoluta tranquillità con cui Di Maio ne ha “bonificato” il programma.
Segnali di ribellione? Non pare. Il sistema, del resto, funziona benissimo. I 5 Stelle sono il primo partito italiano. I parlamentari, selezionati via web a volte con poche decine di voti. E impegnati a pagare di persona una multa, nel caso cambiassero casacca. E’ aberrante? Di nuovo: la notizia non sta nel diktat, ma nella sua accettazione – un vulnus costituzionale subito dai candidati e approvato dalla base, che immagina di controllarli, evidentemente non fidandosi completamente di loro. Giornalisti e commentatori, che per anni di sono esercitati nella più gratuita denigrazione del Movimento 5 Stelle, oggi tendono a incensare Luigi Di Maio come abile tattico, dimenticando di averne ripetutamente denunciato le fragilità, le incertezze, l’impreparazione. Meno è autorevole, un politico, e più è facilmente manovrabile. I caimani dell’Europa finanziaria guardano all’Italia con inquietudine, temendo che da uno dei maggiori contraenti fondativi dell’Unione Europea possa scoccare la scintilla del cambiamento, la messa in discussione dello status quo fondato sul rigore, il rifiuto del pareggio di bilancio. Possono continuare a dormire sonni tranquilli, sembra avvertirli lo “sbianchettatore” Di Maio: con lui al governo, niente di sostanziale cambierebbe. Con buona pace dei quasi 11 milioni di italiani che l’hanno votato.

fonte: http://www.libreidee.org/

martedì 15 maggio 2018

con gli occhi di Dianora, la strega di Corcinesco


Ho sempre guardato il mondo con gli occhi incantati di quando ero bambina, di quando andavo nel bosco con mia nonna a cercare le erbe mentre lei mi raccontava storie fantastiche  di un tempo lontano e misterioso. Vorrei avere ancora quello sguardo, vorrei tornare a quei giorni, libera e felice a Graniga, in val Bognanco, senza paura, senza dolore. Vorrei cancellare questi ultimi mesi, in cui tutto è diventato difficile e greve. Ma non è possibile, non posso tornare indietro, non posso più essere quella donna che sapeva aiutare gli altri, che sapeva guarire chi a lei si rivolgeva. Guardo la mia immagine riflessa in una bacinella di acqua ormai sporca, la sola che ,mi hanno lasciato per bere e per lavarmi. Vedo un volto che non conosco, segnato dalla sofferenza, macchiato del mio stesso sangue, pallido e scarno, con la testa rasata. Vedo un volto che non è il mio, eppure sono io. Sono quella in cui mi hanno trasformata dopo giorni di torture e accuse. Domani è il giorno. Tutto finirà. Mi taglieranno la testa e io sarò libera di nuovo, di vagare per i boschi, di correre da lui, dal mio amore, da quell’uomo dai capelli rossi che tutti chiamano “l’eretico frescante.” Guardo il mondo da una piccola finestra, la sola della cella in cui mi hanno rinchiusa. Vedo il cielo, le nuvole farsi infuocate mentre il sole scompare inesorabile dietro le montagne.  Sarebbe bello vedere un altro tramonto, guardare la luna diventare piena.  Non voglio morire. Non è giusto. Non merito quello che mi è accaduto. Mi hanno arrestata, trascinata via da casa, come un’assassina. Mi hanno caricata su un carro, dentro una gabbia in legno, come si fa con le bestie feroci. Ho pianto, supplicato, urlato, fino a quando il carro si è fermato. Mi hanno portata in un castello, nelle prigioni, in un paese che si chiama Vogogna. Mi hanno buttata in una cella, come uno straccio. Fa freddo, la notte non passa mai. Il giorno è un calvario di dolore e umiliazione. Il silenzio è rotto solo dai lamanti di altri sventurati come me, chiusi qui in attesa di morire. Ho solo una candela a farmi compagnia, a ricordarmi che sono ancora viva. La sua fiamma mi da sollievo, mente il buio arriva lento e sinistro a tingere di nero ogni cosa. Ma non arde tutta la notte. Quando smette di brillare l’oscurità mi avvolge e mi rende invisibile al mondo, come vogliono loro. Sono Dianora Farnese, la strega, la malvagia, colei che qualcuno ha deciso di cancellare da questa terra, perché so “guastar le bestie, so fare malefici. Al mio passaggio tutti chinano la testa perché hanno paura di incrociare i miei occhi che ammaliano, che incantano, che nascondono i segreti della notte, quando vago per i boschi in cerca del mio demoniaco sposo, che sono neri e profondi come l’abisso in cui la mia magia può far cadere chi coraggiosamente li fissa. Sono Dianora, la senza Dio, la concubina di Satana, la vendicativa, colei che scatena il temporale, che fa soffiare forte il vento, che ammaestra la notte e le sue creature. Sono tutto questo? Sono davvero tanto potente, tanto abile da soggiogare uomini, bestie e natura? Guardo le mani della “strega” appoggiate alle sbarre della finestra. Le guardo e mi accorgo che sono le mie. Sono sporche, coperte di sangue, con le unghie strappate. Sono mani che hanno lottato, molto, che hanno vissuto, che hanno amato e che ora si dovranno arrendere alla morte. Le guardo e sento la bocca distendersi in un sorriso. Come possono credere tutto questo di me? Sono solo una donna, che conosce la natura grazie agli insegnamenti di sua nonna, che usa le erbe per fare unguenti e infusi, per lenire il dolore, per curare i malanni. Nonna mi diceva che ho un dono, che il mio cuore è puro e posso aiutare gli altri. Non conosco il male, non capisco le accuse che mi fanno. La vita mi ha resa dura, ma il mio cuore batte ancora forte. Non dovrei essere qui, sola al freddo, col corpo dolorante, calpestata nella mia dignità di donna, violata. Mi hanno rasato la testa, il corpo, in cerca del segno del demonio. Quel neo mi condanna. Mi hanno picchiata, legata, interrogata per giorni e ora sono qui in attesa del sollievo della morte. Questa non è giustizia. Il sole è tramontato.  Ho molti pensieri che affollano la mia mente. La mia casa. I figli di Leone che mi hanno sempre odiata. Giacomo, con la sua arte e la sua delicata follia. La mia infanzia con al nonna. Mio padre e mia madre, il loro rifiuto. I miei studi sulle erbe, il mio custodire la conoscenza che mi era stata tramandata, trasportata nel tempo. La diffidenza della gente, i loro sguardi a metà fra paura e disprezzo.  Nulla importa più, inizia la mia ultima notte.  Non voglio dormire, voglio solo ricordare le cose belle e quelle brutte. Voglio vedere la luna, che mi ha fatto compagnia tante volte mentre nel bosco raccoglievo le erbe. Voglio vedere sorgere il sole, sentire la mia amica natura svegliarsi e continuare a vivere. 



Mi sdraio. Penso alla sola persona che da bambina mi ha amata, nonna Elisabetta. Ho visto la luce nel 1531. Mia madre Domenica e mio padre Giovanni avevano già una figlia femmina. Speravano che fossi un maschio per aiutare nei campi e per accudire gli animali. Dopo di me altri due maschi e una femmina. Eravamo in tanti in quella casa. Mamma aveva sofferto molto per mettermi al mondo. Nonna le era rimasta accanto tre giorni e tre notti, dandole infusi per lenire i dolori del parto, recitando preghiere e litanie. Era levatrice e guaritrice, benvoluta dalla maggior parte delle persone. Durante la notte del terzo giorno, mia madre, stremata e debole, mi ha partorita sotto gli occhi speranzosi di mio padre. Era l’8marzo 1531. Alla mia vista la sua gioia si spense, avrebbe avuto un’altra bocca da sfamare. Mamma era troppo stanca per dire qualcosa. Rimase tra morte e vita una settimana, poi lentamente si riprese. Solo nonna fu felice del mio arrivo. Mi raccontò una volta che non piansi appena venuta al mondo, ma le strinsi forte il dito indice della mano destra. Guardandomi con amore si accorse che avevo una voglia a forma di lenticchia,  sulla spalla sinistra, proprio come lei. Ero io la predestinata a seguire le sue orme, per diventare la custode. La mia infanzia fu per pochi anni serena, nonna mi portava sempre con se, nei boschi, nei prati, a casa delle persone che la chiamavano in caso di bisogno. Io ascoltavo le sue parole e imparavo quel sapere che le era stato tramandato da sua madre e così via, da donna a donna, fino ad arrivare ad un tempo tanto lontano che nessuno ricorda più. Guardavo i gesti che compiva, come conservava le erbe e le radici, come le mischiava. Catalogava tutto con cura, e precisione. Sapeva cosa usare in ogni occasione, per ogni malanno aveva il giusto rimedio. In diversi periodi dell’anno raccoglievamo insieme foglie, fiori e frutti. La nonna riconosceva ogni germoglio: il biancospino per calmare l’ansia, l’epatica per curare lo stomaco, il non ti scordar di me per lenire l’infiammazione agli occhi, l’ortica  per curare la gotta. Il tempo passava e io crescevo. Quel nostro girovagare per i boschi impensieriva  i miei genitori. I tempi erano cambiati, bastava un pettegolezzo per far apparire una buona azione come malvagia. Non avevo ancora 6 anni quando mia madre decise di chiudermi in casa per far cessare le voci su me e nonna Elisabetta. Piansi, giorni interi. Mi disperai, nonna venne per portarmi via, ma la violenta opposizione dei miei genitori rese tutto inutile. Non ci incontrammo per mesi. Ogni tanto, senza potermi avvisare, veniva al limitare del bosco dietro casa nostra. Io sentivo che sarebbe arrivata. Quel filo invisibile che ci teneva legate era sempre più forte. Correvo alla finestra e la guardavo illuminata dalla luna. Lei  mi sorrideva. Restavo immobile senza dire nulla fino a che qualcuno in casa si accorgeva che ero lì, a contemplare la notte. Nella  mia testa sentivo la sua voce che mi parlava. La mamma diceva che ero strana, come sua madre, che prima o poi mi avrebbero accusata  di essere una strega, una sposa del demonio. L’eco delle accuse rivolte alle guaritrici nelle altre valli era arrivato fino a noi. Tutto si fece più difficile. La religione cattolica cercava di mettere radici sempre più salde anche nelle nostre valli, dove gli antichi culti sopravvivevano immutati da secoli. Chi un tempo era chiamato a guarite uomini e animali, usando la medicina della tradizione, in quei giorni era accusato di agire per conto del maligno. L’inasprirsi della repressione verso questo antico sapere aveva creato un clima pesante, di sospetto e paura. Papà era davvero preoccupato per la mia sorte, ma soprattutto per quella della famiglia. Io nel frattempo crescevo; nonna, nelle poche occasioni in cui riuscivamo a vederci, continuava a trasmettermi insegnamenti. Avevo anche imparato a comunicare con gli animali, suscitando ulteriore apprensione nei miei genitori.  Nel 1549, a 18 anni, papà mi cacciò di casa. Ero stata ripudiata. La mia famiglia mi stava rifiutando. Come poteva non farlo l’intero paese? Fu così che io e nonna ce ne andammo a vivere lontano. Lei era ormai vecchia e stanca, ma decise di seguirmi per non lasciarmi sola. Ci stabilimmo in un bosco vicino al piccolo paese di Calasca, in valle Anzasca. Eravamo al sicuro, al riparo da calunnie e maldicenze. Dopo pochi mesi nonna mi lasciò sola. Era estate, una sera particolarmente luminosa grazie alla luna che splendeva piena nel cielo. Nonna Elisabetta era sul letto. La sua stanza aveva una finestra che guardava il monte Rosa. Mi chiamò e mi chiese di aprirla. Obbedii come sempre. Mi disse: «E’ ora piccola mia, il mio viaggio finisce qui. La mia anima volerà via. Andrò sulla grande montagna e da lì ti guarderò. Fai tesoro di ciò che ti ho insegnato, siamo le custodi del sapere, tocca a te ora usarlo nel modo giusto e trasmetterlo alla prescelta. »  L’ho sepolta nel bosco sotto a un nocciolo, la sua sapienza resterà per sempre a guidare il mio cammino. 



In quel luogo isolato ho potuto dedicarmi al mio sapere, migliorare la mia conoscenza delle erbe, restare in contatto con la natura. La gente del paese veniva da me solo se aveva bisogno di aiuto. Non mi davano confidenza, non cercavano di conoscermi. Nel 1553 decisi di tornare a Graniga, per vedere la mia famiglia. Arrivai inattesa come il vento di primavera. Quando giunsi davanti a casa mi accorsi che nulla era cambiato, il tempo si era fermato. Mia madre era solo più consumata dalla vita, mio padre più curvo su se stesso. Quasi non mi riconoscevano. Ero partita come un a ragazza in lacrime, tornavo come una donna fiera e sicura di me. La vita in questo piccolo borgo non era cambiata molto. Tutto scorreva lento come un tempo, lo scarso entusiasmo dei miei genitori fu pari a quello degli abitanti del paese. Ai loro occhi ero sempre la ragazzina che preferiva stare nel bosco e parlare con gli animali piuttosto che con gli uomini.  Quel giorno per la prima volta incontrai l’uomo che sarebbe diventato mio marito, Leone Negro di Corcinesco. Non era un uomo bellissimo, ma del resto neppure io lo ero. Di me lo colpì il mio portamento fiero e quell’aria di mistero che mi accompagnava da sempre. Era vedovo, con 4 figli maschi: Lucio, Nunzio, Petruccio e il piccolo Bartolomeo, ancora bisognoso delle cure di una donna. Diventammo amici. In me vedeva un aiuto per crescere i suoi bambini. In lui vedevo la possibilità di una vita stabile e di conquistare quella rispettabilità che mi mancava. Ci sposammo il 26 aprile 1554. Non lo conoscevo, ma poco importava. Lasciai l’isolamento del bosco a Calasca, quella che era stata la mia casa e la nonna. Ci stabilimmo a Corcinesco, un piccolo borgo lontano da tutti nell’abitato di Trontano, in Ossola. Leone era benestante. Non ci mancava nulla. La casa era grande, avevamo terreni con qualche cascinale e alcune bestie da accudire. Quando andai a vivere con la sua famiglia immaginavo che insieme avremmo avuto una vita serena. Fin da subito mi accorsi che non sarebbe stato così. I suoi figli, tranne il più piccolo, mi fecero capire fin da subito che non ero ben accetta. Non volevano che prendessi il posto della loro mamma. Il passare del tempo non migliorò i nostri rapporti. Ad appesantire la situazione si aggiunse la consapevolezza che forse non sarei mai stata madre. La nostra sterile unione fu per me motivo di grande tristezza. Anche a Corcinesco mi dedicai allo studio delle erbe e al perfezionamento del loro impiego. I figli di Leone crescevano e con loro aumentava il rancore verso di me. Ogni tanto ci capitava di andare in visita da alcuni conoscenti di mio marito nell’abitato di Montecrestese. E questo mi permetteva di allontanare la mente dai problemi quotidiani. Era la primavera del 1563. Lo ricordo molto bene quel giorno. I primi fiori di campo prendevano il posto della neve, il sole riscaldava i nostri corpi ancora avvolti in abiti invernali. Io e Leone eravamo soliti andare a messa nella chiesa del paese. Entrammo e, dopo un primo momento di abbagliamento, mi accorsi che un uomo stranamente vestito si accingeva ad ascoltare la messa in ginocchio. Quando gli passai accanto vidi che indossava una tunica con una croce rossa cucita sul petto. Incrociammo lo sguardo. Un attimo mi bastò per riconoscere nei suoi occhi lo stesso abisso che vedevo nei miei. Riconobbi la notte. Leone mi prese per un  braccio e mi portò a sedere distante. «Chi è quell’uomo?» chiesi. «Un notaio caduto in disgrazia perché luterano, tale Giacomo da Cardone.» Ero persa. Tornammo a casa quella stessa sera. Il mio pensiero correva a quella figura sconosciuta, a quell’uomo penitente. Passarono giorni e poi settimane. Nel frattempo in paese la gente, venuta a sapere della mia fama di guaritrice, mi chiamava ogni tanto per curar qualche bestia malata. Capitò anche di aiutare qualche amico di mio marito, piccole cose che contribuirono  a farmi conoscere come guaritrice e a farmi soprannominare la “Balda”. Non tutti però approvavano il mio agire. C’era chi mi guardava con sospetto, chi con grande ammirazione. Questo vociare intorno  ame  non rendeva felice la mia famiglia. La salute di Leone intanto peggiorava. Gli inverni rigidi e le difficoltà della vita costrinsero i suoi figli a partire in cerca di fortuna. Rimasi sola ad occuparmi di tutto. La mia rinnovata indipendenza, lontano da occhi indiscreti, mi permise di tornare  spesso a Montecrestese, per curare gli interessi della famiglia. Durante queste visite sempre più frequenti, ebbi modo di instaurare una tenera amicizia con Giacomo e di conoscere la sua terribile vicenda. Nel 1561 era stato accusato di essere un eretico, di essere luterano. Lo avevano torturato e costretto ad abiurare. Scoprii standogli accanto che era anche un pittore molto bravo. Aveva affrescato la chiesa di Montecrestese e quella di un lontano paese in un’altra valle. Stare con lui mi faceva sentire bene. Ero libera dal peso di quella vita che non mi apparteneva.  Mi guardava negli occhi senza giudicarmi, vedeva solo Dianora la donna, non la guaritrice. Dei figli di Leone non seppi più nulla per molti anni. Accudire  lui e i suoi averi mi stava logorando. Finalmente nel 1566 Giacomo ormai divenuto parte della  mia vita, fu riabilitato e poté tornare alla sua attività. Non smettemmo mai i nostri incontri settimanali, neppure quando Leone si aggravò. Era l’inverno del 1579. Ricordo che fu uno dei più rigidi  da quando abitavo a Corcinesco. Era mattina presto. Mi alzai e andai nella stanza dove Leone dormiva. Entrando sentii  un‘aria gelida venirmi incontro, sentii come se l’inverno fosse entrato dalla finestra per avvolgermi. Capii subito. Mi voltai, uscii, mi vestii e andai in paese a chiamare il parroco. Quando tornammo e rientrammo nella stanza mi accorsi che anche lui aveva sentito quel freddo improvviso. Eppure la stufa era accesa. Lo vidi stringere forte il crocifisso che aveva  in mano e farsi il segno della croce. Bisbigliava qualcosa che non capivo. Si avvicinò per benedire il corpo, guardò il comodino  e mi chiese: «Cosa c’è in quella tazza?» «Una tisana» risposi. Capii subito cosa aveva pensato. I giorni successivi furono tutti un vociare  sul contenuto di quella coppa. Ero la Balda, quella che guariva ma che sapeva anche “guastar le persone”. La mia fama, nel bene o nel male, aveva raggiunto anche i paesi vicini. Quel mio saper usare le erbe, il mio girovagar per boschi di notte, spaventava e incuriosiva. Venivo chiamata sempre più spesso per aiutare chi soffriva. Capitava che ci trovassimo allo stesso capezzale io e il prete, lui a recitar preghiere, io a dar tisane e unguenti. La mia amicizia con Giacomo divenne sempre più forte e chiacchierata. Al nostro passaggio molti si scansavano, il luterano e la strega incutevano timore. Perché alla fine, come fu per nonna Elisabetta, la mia conoscenza era considerata da molti come un potere datomi dal maligno, non una dote che avevo saputo accrescere negli anni.  Passammo insieme qualche inverno isolati nel podere di Corcinesco. Anche Giacomo, da tempo rimasto vedovo, non disdegnava la solitudine di quel luogo. Mi aiutava con gli animali. Vivevamo con poco ma felici. Era la primavera del 1586 quando tutto cambiò nuovamente. Un giorno, senza preavviso, i figli di Leone fecero ritorno a Trontano. Lo venni a sapere per caso. Avevano fatto fortuna, non si sa bene come. Tornarono più ricchi e desiderosi di riveder il padre. La notizia del loro arrivo fu per me motivo di rabbia. Tornavano forse per reclamare la loro proprietà? Il tempo aveva mandato quasi tutto in rovina. Io da sola non ero in grado di gestire ciò che possedevo. Il nostro primo incontro non fu pieno di affetto. Mi chiesero conto della morte di Leone, delle voci che incessanti ancora giravano sulla tisana che gli avevo preparato. Il degrado in cui trovarono il podere fu motivo di ulteriore astio. Quelli che seguirono furono giorni difficili. Io ero sola, Giacomo era partito, loro erano in quattro, sostenuti dalle maldicenze del paese che rendevano il clima sempre più teso. Ero ospite non gradita sulla loro terra, nella loro casa. I quattro fratelli decisero, senza interpellarmi, che avrebbero costruito al confine con Corcinesco una casa fortificata, per andarci a vivere. Mi stavano sfidando. Non li volevo li, avrebbero controllato e giudicato ogni mio movimento, ogni azione. Le voci sulla mia attività di guaritrice dalle eccezionali doti, li fecero infuriare ancora di più. Decisero di colpirmi con la calunnia, la peggiore delle armi. Fecero giungere all’orecchio del prevosto di Vogogna e a quello di Malesco, in valle Vigezzo, la voce che in zona avvenivano cose strane, incontri al chiaro di luna la sera nel bosco, guarigioni inspiegabili, malattie improvvise. Il seme del sospetto era stato piantato. La presenza di Giacomo al mio fianco contribuì ad alimentare il fuoco della menzogna.  Nell’autunno del 1590, dopo anni passati a difendermi da infondate accuse, arrivò da Milano la notizia che il Capitano di Giustizia della città aveva comunicato all’arcivescovo, all’epoca Gaspare Visconti, la richiesta di procedere con indagini accurate a mio carico, allo scopo di dimostrare, senza ombra di dubbio, che io fossi una potente strega. Fu così che nell’estate del 1591, un frate inquisitore dalla città giunse a Montecrestese e si stabilì a casa di Giacomo, poiché era il personaggio più in vista del paese. In quel luogo, protetto dall’immagine di San Rocco, dipinto dallo stesso Giacomo per punizione durante gli anni di penitenza, l’inquisitore iniziò le sue indagini. Per la nostra tenera amicizia fu un duro colpo. Non potemmo più incontrarci. Non potevamo rischiare di destare sospetti nei suoi confronti, che già aveva patito le pene dell’inquisizione. La raccolta delle prove fu semplice. I figli di Leone fecero di tutto per farmi apparire malvagia e senza Dio. Offrirono persino del denaro per creare testimoni a mio carico.  Il 24 settembre del 1591 fui arrestata presso le rive del rio Graglia, con l’accusa di essere una strega in grado di “guastar uomini, animali e fantolini, di scatenare tempeste e di far seccare le messi al mio passaggio”. Mi portarono a Vogogna e mi gettarono dove ancora mi trovo. La prima notte mi lasciarono al buio. Le ore scorrevano lente e l’incertezza sul mio domani mi paralizzava. Rimasi tutta la note a fissare la finestra, sapevo che per me non c’era speranza. 



Il mattino seguente entrarono in cella, di buon ora, un frate domenicano, dall’aria severa, e due uomini sconosciuti. Mi trascinarono come uno straccio lungo un corridoio con altre celle, da cui flebili mi giungevano i lamenti di altri sventurati. Entrammo in una stanza illuminata solo dalla luce di un camino acceso e di una consumata candela, con un tavolo pieno di arnesi e delle corde appese al soffitto. In breve capì a cosa servivano quei ferri. Dopo avermi legata, mi straziarono il corpo per un tempo infinito. Mi picchiarono. Mi ripetevano di continuo che le prove raccolte a mio carico erano tante e che la sola cosa che avrei potuto fare per abbreviare lo strazio a cui ero destinata, era confessare la mia colpa. Su di me trovarono il segno del demonio, quella voglia a forma di lenticchia sulla spalla sinistra, era la conferma che ero la strega di cui tutti avevano timore. Confessai quello che volevano sentirsi dire, quando le loro mani conobbero le mie intimità. Ero niente per loro, solo un male da cancellare dal mondo. Seguirono altri giorni di patimento e umiliazione. Poi rimasi sola. Il 12 ottobre, il tribunale dell’inquisizione allestito nel castello, mi condannò a morte per decapitazione.  La notte è finita. È mattina. Il sole sorge. Per me giunge la fine. Guardo le montagne e la valle sotto di me. La vita continua, io mi fermo qui. Il mio pensiero corre a te Giacomo, compagno e amico nella solitudine, al mio bosco a Corcinesco, alla luna piena, a nonna Elisabetta che riposa sotto il nocciolo.  Oggi muoio senza colpa, ma la mia storia, quella di Dianora Farnese la Balda., sopravvivrà al tempo ed alle calunnie della gente.  Ora sono libera.   

Rosella Reali

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.it/

Si ringraziano di cuore Nicola Sgrò per il materiale e Stefania Pelfini per le fotografie.

ROSELLA REALI
Sono nata nel marzo del 1971 a Domodossola, attualmente provincia del VCO. Mi piace viaggiare, adoro la natura e gli animali. L'Ossola è il solo posto che posso chiamare casa. Mi piace cucinare e leggere gialli. Solo solare, sorrido sempre e guardo il mondo con gli occhi curiosi tipici dei bambini. Adoro i vecchi film anni '50 e la bicicletta è parte di me, non me ne separo mai. Da grande aprirò un agriturismo dove coltiverò l'orto e alleverò animali. 
Chi mi aiuterà? Ovviamente gli altri viaggiatori.
Questa avventura con i viaggiatori ignoranti? Un viaggio che spero non finisca mai...