giovedì 30 agosto 2018

il governo che piace...


C'è chi legittimamente plaude un "cattivo reddito di cittadinanza" salutato come salvaguardia del precariato, quella grande innovazione culturale in atto a colpi di editti.
E' sempre più chiaro a tutti che questi nuovi paradigmi MODERNISTI, in parte introdotti dal precedente governo siano implementazione di un nuovo modello culturale, ancor prima che economico, e riguardino più il LIVELLO SOTTILE che il potere necessita di cooptare, per realizzare compiutamente questo processo.
Per culturale, intendo l'ACCETTAZIONE e l'adesione popolare alle nuove dinamiche del mondo del lavoro, alla negazione di una coscienza di classe che pare sopita, al far sembrare scontato e normale che si debba lavorare per pochi euro, senza diritti e con un controllo orwelliano che, evidentemente, piace.
I nuovi impieghi a basso costo saranno l'anticamera di un abbassamento generale dei diritti dei lavoratori.


Con il reddito di cittadinanza (che in teoria potrebbe essere anche qualcosa di importante se inteso in senso keynesiano puro e non come è venuto fuori dal Contratto di governo GIALLO/VERDE) si vogliono far accettare forme di elemosina con il ricatto che devi accettare qualsiasi cosa, pena la perdita di tali diritti.
Apparentemente, potrebbe sembra tutto logico e giusto (sempre fosse fatto con giudizio) ma per come è stato impostato e presentato negli ultimi giorni, assomiglia di più ad una forma di padronato che ti offre una paghetta in cambio dell'occupazione più sfigata possibile e senza alcuna protezione sociale.
Con il ricatto, o questo o nulla, si procede nell'accettazione di modelli di precariato, di flessibilità ulteriore che porta l'orologio indietro di un secolo...
Si potrebbe obiettare che sia meglio che niente, che una persona disoccupata debba necessariamente accettare qualsiasi lavoro subordinato pur di mangiare, ma ciò non è ne vero ne giusto, questo non è un modello risolutivo, non fa altro che spostare la polvere sotto il tappeto e rinuncia ad individuare i veri bersagli da confliggere per superare l'attuale assetto iperliberista.
Da un lato si impone e si fa accettare un maggior controllo, in linea con il paradigma di schedatura degli ultimi decenni, in sincrono con le nuove tecnologie, si amplifica il grande fratello, anticamera per i microchip, li si rendono piacevoli, friendly, trendy, dall'altro si indeboliscono le tutele, si rieduca la massa alla cinesizzazione del mondo del lavoro e si militarizza il territorio.
Un tempo questo modello si chiamava conservatorismo, regime reazionario, oggi GOVERNO CHE PIACE.


Tecniche di produzione della propaganda:
Numerose tecniche vengono usate per creare messaggi falsi ma persuasivi. In molte di queste tecniche si possono trovare anche falle logiche, in quanto i propagandisti usano argomenti che, anche se a volte convincenti, non sono necessariamente validi.
Queste tecniche sono trasversali, da notare che si applicano anche all'attuale maggioranza Giallo/Verde...
Ricorso alla paura: il ricorso alla paura cerca di costruire il supporto instillando paura nella popolazione. Per esempio Joseph Goebbels sfruttò la frase I tedeschi devono morire!, di Theodore Kaufman, per sostenere che gli alleati cercavano la distruzione del popolo tedesco.
Ricorso all'autorità: il ricorso all'autorità cita prominenti figure per supportare una posizione, idea, argomento o corso d'azione.
Effetto gregge: l'effetto gregge o l'appello alla "vittoria inevitabile" cercano di persuadere il pubblico a prendere una certa strada perché "tutti gli altri lo stanno facendo", "unisciti alla massa". Questa tecnica rafforza il naturale desiderio della gente di essere dalla parte dei vincitori. Viene usata per convincere il pubblico che un programma è espressione di un irresistibile movimento di massa e che è nel loro interesse unirsi. La "vittoria inevitabile" invita quelli non ancora nel gregge a unirsi a quelli che sono già sulla strada di una vittoria certa. Coloro che sono già (o lo sono parzialmente) nel gregge sono rassicurati che restarci è la cosa migliore da farsi.
Ottenere disapprovazione: questa tecnica viene usata per portare il pubblico a disapprovare un'azione o un'idea suggerendo che questa sia popolare in gruppi odiati, temuti o tenuti in scarsa considerazione dal pubblico di riferimento. Quindi, se un gruppo che sostiene una certa politica viene indotto a pensare che anche persone indesiderabili o sovversive lo appoggiano, i membri di tale gruppo possono decidere di cambiare la loro posizione.
Banalità scintillanti: le "banalità scintillanti" sono parole con un'intensa carica emotiva, così strettamente associate a concetti o credenze di alto valore, che portano convinzione senza supportare informazione o ragionamento. Esse richiamano emozioni come l'amore per la patria, la casa, il desiderio di pace, la libertà, la gloria, l'onore, ecc. Chiedono approvazione senza esaminare la ragione. Anche se le parole o le frasi sono vaghe e suggeriscono cose differenti a persone differenti, la loro connotazione è sempre favorevole: "I concetti e i programmi dei propagandisti sono sempre, buoni, auspicabili e virtuosi".
Razionalizzazione: individui o gruppi possono usare generalizzazioni favorevoli per razionalizzare atti o credenze. Frasi vaghe e piacevoli sono spesso usate per giustificare tali atti o credenze.
Vaghezza intenzionale: le generalizzazioni sono sempre vaghe, in modo che il pubblico possa fornire la propria interpretazione. L'intenzione è quella di muovere il pubblico tramite l'uso di frasi indefinite, senza analizzare la loro validità o tentare di determinare la loro ragionevolezza o applicabilità.
Transfer: questa è una tecnica di proiezione di qualità positive o negative (lodare o condannare) di una persona, entità oggetto o valore (un individuo, gruppo, organizzazione, nazione, il patriottismo, ecc.) a un altro soggetto per rendere quest'ultimo più accettabile o per screditarlo. Questa tecnica viene generalmente usata per trasferire il biasimo da un attore del conflitto all'altro. Evoca una risposta emozionale che stimola il pubblico a identificarsi con l'autorità riconosciuta.
Ipersemplificazione: generalizzazioni favorevoli sono utilizzate per fornire risposte semplici a problemi sociali complessi, politici, economici o militari.
Uomo comune: l'approccio dell'"uomo comune" tenta di convincere il pubblico che le posizioni del propagandista riflettano il senso comune della gente. Viene designato per vincere la fiducia del pubblico comunicando nel suo stesso stile. I propagandisti usano un linguaggio e un modo di fare ordinari (e anche gli abiti nelle comunicazioni faccia a faccia o audiovisive) nel tentativo di identificare il loro punto di vista con quello della persona media.
Testimonianza: le testimonianze sono citazioni, dentro o fuori contesto, dette specificamente per supportare o rigettare una data politica, azione, programma o personalità. La reputazione e il ruolo (esperto, figura pubblica rispettata, ecc.) dell'individuo che rilascia la dichiarazione vengono sfruttati. La testimonianza pone la sanzione ufficiale di una persona rispettata o di un'autorità sul messaggio propagandistico. Questo viene fatto in un tentativo di far sì che il pubblico si identifichi con l'autorità o che accetti le opinioni e le convinzioni dell'autorità come se fossero sue.
Stereotipizzazione etichettatura: questa tecnica tenta di far sorgere pregiudizi nel pubblico etichettando l'oggetto della campagna propagandistica come qualcosa che la gente teme, odia, evita o trova indesiderabile.
Capro espiatorio: colpevolizzare un individuo o un gruppo che non è realmente responsabile, alleviando quindi i sentimenti di colpa delle parti responsabili o distraendo l'attenzione dal bisogno di risolvere il problema per il quale la colpa è stata assegnata.
Parole virtuose: sono parole appartenenti al sistema di valori del pubblico, che tendono a produrre un'immagine positiva quando riferite a una persona o a un soggetto. Pace, felicità, sicurezza, guida saggia, libertà, ecc., sono parole virtuose.
Slogan: uno slogan è una breve frase a effetto che può includere la stereotipizzazione o l'etichettatura.
Conventio ad tacendum: la propaganda, come insegna soprattutto il caso del fascismo, consiste anche nello scegliere le notizie, decidendo quali diffondere e quali tacere. La convenzione comunemente accettata di non parlare di un certo argomento viene definita conventio ad tacendum.
https://it.wikipedia.org/wiki/Propaganda


"Il ministro Bongiorno vuole introdurre "le rilevazioni biometriche (impronte digitali) per evitare che ci sia chi striscia il tesserino per altri", poiché "Tra i beni confliggenti deve prevalere l'interesse collettivo".
La schedatura collettiva auspicata dal ministro evoca uno dei peggiori scenari orwelliani, traghettandoci verso una società di vetro in cui saremo tutti tracciati, mappati, in cui la privacy si frantuma sotto il peso della sorveglianza.
Ne parlo da anni. Che siano le rivelazioni biometriche o un chip poco conta. Spero vivamente che ci sia una reazione a questa proposta.
cit. Perucchietti Enrica

"Governo anti-establishment della ggente"
cit. SANTI

fonte: http://maestrodidietrologia.blogspot.com/

venerdì 24 agosto 2018

Europa tra populisti e globalisti, lo stratega si chiama Bannon



Scrive Eric Zuesse, su strategic-culture.org, che due schieramenti politici, uno guidato da George Soros, e l’altro creato dal nuovo arrivato Steve Bannon, sono entrati in competizione per il controllo politico dell’Europa.
Soros ha guidato a lungo i grandi capitalisti liberals americani per il controllo dell’Europa, e Bannon sta ora organizzando una squadra di miliardari conservatori per strappare la vittoria ai liberals. Quindi le due fazioni di ‘filantropi’ ora combatteranno per il controllo del consenso politico e delle istituzioni europee. Faranno però fatica a mantenere l’Europa come alleata nella guerra contro la Russia, ma ogni squadra lo farà da  prospettive ideologiche diverse.
Proprio come esiste  una polarizzazione politica liberal-conservatrice tra capitalisti all’interno di una nazione, c’è anche un’altra polarizzazione tra capitalisti riguardo alle politiche estere della loro nazione.
Nessuno di loro è progressista o populista di sinistra. L’unico ‘populismo’ che attualmente ogni capitalista promuove è quello della squadra di Bannon. Comunque entrambe le squadre si demonizzano a vicenda sia per il controllo del Governo degli Stati Uniti, e a livello internazionale per il controllo del mondo intero, opponendo due diverse visioni del mondo: liberale e conservatrice, o meglio globalista e nazionalista.
Entrambi poi dicono di sostenere la ‘democrazia, ma invece promuovono la diffusione della “democrazia” attraverso l’invasione e l’occupazione di Paesi “nemici”.
Infatti quando gli Stati Uniti e alcuni degli alleati della NATO nel 2003 invasero e distrussero l’Iraq con false pretese, e senza che l’Iraq avesse mai invaso (e nemmeno distrutto) nessuno dei Paesi invasori, questo era in realtà il preciso intento dei paesi liberali invasori, perché la sovranità di una nazione non è affatto rispettata nel pensiero liberale tradizionale. È lo stesso motivo per cui alcune delle stesse nazioni hanno invaso e distrutto la Libia nel 2011, e la Siria dal 2012. Perché dunque i liberali (e non solo i conservatori) accettano così naturalmente le aggressioni imperialistiche del proprio Paese verso altri popoli?
La sovranità di una nazione appartiene al popolo che la abita, secondo “il diritto all’autodeterminazione dei popoli” enunciato dal presidente Woodrow Wilson in occasione del Trattato di Versailles (1919). Di conseguenza, mentre un’autentica rivoluzione dei residenti all’interno di un paese, per rovesciare e sostituire il loro governo, o un voto per la secessione, possono essere legittimati e riconosciuti dal principio di sovranità nazionale, nessuna invasione straniera lo è (e questo include anche qualsiasi ‘rivoluzione colorata’). Ciò significa che il concetto di sovranità nazionale è fondamentalmente estraneo alla cultura liberal.
In Europa, questo è chiamato “imperialismo”, in America, si chiama  “neo-conservatorismo”, ecco perché nessun grande capitalista americano sarà estraneo a questa convinzione.

Il Segretario alla Difesa Donald H. Rumsfeld ascolta i commenti alle consultazioni ad alto livello NATO-Ucraina a Vilnius, Lituania, il 24 ottobre 2005
Il nucleo del capitalismo americano rappresenta in pratica una sorta di aristocrazia, una forma di capitalismo bipartisan, liberale e conservatore, democratico e repubblicano, che non è semplicemente liberista (cioè include la privatizzazione di tutto ciò che può essere privatizzato) ma è anche imperialista (il che significa favorire una politica di invasioni e colpi di stato in giro per il globo, per fortificare l’impero). Gli Stati Uniti sono ora un impero a tutto campo, controllano non solo le aristocrazie capitalistico finanziarie in alcune repubbliche delle banane come il Guatemala e l’Honduras, ma anche quelle dei Paesi più ricchi come la Francia, la Germania e il Regno Unito.
Questa visione fu ampiamente promossa tra il 1877-1902 dal fondatore del Rhodes Trust , Cecil Rhodes, un razzista autodichiarato che sosteneva appassionatamente quanto tutte le “razze” fossero subordinate alla “prima razza”: gli inglesi.
In tempi più recenti, George Soros ha condiviso questa visione, giustificando l’aggressione  straniera in un Paese dalla “comunità internazionale” per proteggere “la sovranità popolare” di quel Paese. Il che è da manuale di logica democratica.
Al contrario Vladimir Putin afferma che nessuno straniero ha il diritto di invadere un altro Paese, contro Soros, che afferma che “la comunità internazionale” ha invece l'”obbligo di invadere”, ogni volta e ovunque decida di farlo.
In pratica la proposta di Soros si riduce a polarizzare e rendere irrilevante l’ONU, per rafforzare l’imperialismo internazionale. Due visioni del mondo totalmente diverse, perché l’Occidente chiama “sequestro” e “invasione” della Crimea da parte della Russia nel 2014, negando il fatto che gli abitanti della Crimea possano avere il diritto di decidere.
Il punto di vista di Vladimir Putin è stato espresso tante volte, in così tanti contesti diversi, e sembra essere sempre lo stesso, cioè che le uniche persone che hanno un diritto sovrano in qualsiasi luogo della terra, sono le persone che vivono su quella terra. In altre parole, la sua visione di base sembra un rifiuto del concetto stesso di impero.
Sebbene i grandi capitalisti siano riusciti, durante la prima Guerra Fredda, a ingannare il pubblico sul loro progetto di eliminare completamente il comunismo,  George Herbert Walker Bush aveva chiarito, nella notte del 24 febbraio 1990, ai capi degli alleati stranieri dell’aristocrazia statunitense del capitale, che l’obiettivo reale era la conquista del mondo, e fino a quel momento  la Guerra Fredda sarebbe continuata in gran segreto, magari non più secondo una rivendicazione anti-comunista, ma soprattutto in chiave anti-russa. Ed è quello che accade oggi, non solo nel Partito Democratico, e non solo nel Partito Repubblicano, e nemmeno solo negli USA, ma in tutta la loro alleanza.
Tutta la propaganda americana presenta sempre gli USA come la “parte lesa” contro “gli aggressori” (Iraq, Libia, Siria, Iran, Yemen, Cina), tutti gli alleati (o anche solo gli amici) della Russia sono gli “appestati”, “aggressori” o sono “dittature” o comunque “minacce per l’America”, considerata l’unica vera “Grande Democrazia”. In verità è un impero di notevoli proporzioni, storicamente senza precedenti, perché domina tutti i continenti. Basta sostenerlo e si è ben accolti sui principali mezzi di informazione. Questa è la  “democrazia” americana. Naturalmente gli articoli critici non vengono qualificati vero “giornalismo” in USA, vengono invece screditati come “blogging”.
Dopo la seconda guerra mondiale, il potere imperialistico USA prese il controllo economico dell’Europa occidentale con il Piano Marshall e, successivamente, dopo il crollo economico dell’Unione Sovietica, le mire di conquista si diressero verso tutta l’Europa. Lo hanno fatto non solo espandendo la NATO dopo il 1990 (il Patto di Varsavia era scomparso), ma anche attraverso l’Unione Europea, creata negli anni ’50 in prospettiva anti-russa e anti-comunista. Il loro vero obiettivo era la conquista, prima degli alleati della Russia, e poi, in ultima analisi, della Russia stessa, per completare così la conquista globale.
La concessione da parte di Mikhail Gorbaciov dell’unificazione della Germania e della fine delle Guerra Fredda, fu patteggiata con la promessa che la NATO non si sarebbe estesa di “un pollice verso est”. Significava che l’America non avrebbe cercato di piazzare i suoi missili nucleari proprio oltre i confini della Russia, abbastanza vicino a Mosca da poter lanciare un attacco nucleare lampo.
Il segretario di stato James Baker aveva fatto questa promessa a Gorbaciov, che avrebbe posto fine alla guerra fredda dopo 46 anni. La Russia mantenne quindi la sua parte del patto: demolì il muro di Berlino, permise l’unificazione della Germania. Ma, contravvenendo alla promessa fatta, gli Stati Uniti e i loro alleati non misero fine alla loro guerra contro una Russia ormai libera. Invece, nel corso degli anni, l’alleanza della NATO assorbì, una per una, le ex nazioni membro del Patto di Varsavia, e tuttavia bocciò l’apertura alla Russia. La NATO si espanse verso est, fino ai confini della Russia, esattamente l’opposto di ciò che aveva promesso.
Il continuo desiderio della Russia di aderire alla NATO è stato semplicemente respinto, poi nei decenni seguenti, la NATO ha assorbito praticamente tutto l’ex Patto di Varsavia, ma anche in Medio Oriente, a volte con la complicità dei loro alleati europei e/o fondamentalisti-sunniti, ha invaso direttamente altri Paesi, come in Iraq 2003, ha bombardato altre nazioni, come in Libia 2011, e in Siria 2011, fino alla minaccia attuale della nazione sciita alleata della Russia, l’Iran.
Quindi mentre la Guerra Fredda si è conclusa da parte della Russia, ha invece segretamente continuato (e continua) da parte dell’America, anzi la guerra americana contro la Russia si è recentemente intensificata, e solo l’avvento di Trump e il summit di Helsinki sembra aver segnato  un cambiamento di marcia.
L’annuncio pubblico di questa nuova guerra da parte dei grandi capitalisti americani per il controllo dell’Europa è apparso il 20 luglio 2018 sul sito neocon statunitense, ovvero pro-imperialismo The Daily Beast (pro-Soros, anti-Bannon).
Dunque Steve Bannon progetta di contrastare George Soros e di scatenare una rivoluzione di destra in Europa. L’ex consigliere capo della Casa Bianca di Trump infatti ha dichiarato che sta creando una fondazione in Europa chiamata “The Movement”, che possa guidare una rivolta populista di destra in tutto il continente a partire dalle elezioni del Parlamento europeo la prossima primavera.
La non-profit sarà una fonte centrale di sondaggi, consigli sulla messaggistica, targeting dei dati e ricerca di think-tank per un malessere di destra che si sta diffondendo in tutta Europa, in molti casi senza strutture politiche professionali o budget significativi.
L’ambizione di Bannon è che la sua organizzazione alla fine rivaleggi con l’impatto acquisito dalla Open Society di Soros, che ha impiegato $ 32 miliardi per cause liberaliste da quando è stata fondata nel 1984.
Durante lo scorso anno, Bannon aveva tenuto colloqui con gruppi di destra in tutto il continente da Nigel Farage e membri del Front National di Marine Le Pen (recentemente ribattezzato Rassemblement National) in Occidente, all’Ungherese Viktor Orban e ai populisti polacchi in Oriente.
Bannon immagina di poter attivare un “supergruppo” di destra all’interno del Parlamento europeo che potrebbe attrarre fino a un terzo dei legislatori dopo le elezioni europee del prossimo maggio. Un blocco populista unito di quelle dimensioni avrebbe la capacità di interrompere seriamente i procedimenti parlamentari, potenzialmente garantendo a Bannon un enorme potere all’interno del movimento populista.
Dopo essere stato costretto ad abbandonare la Casa Bianca a seguito di dispute interne, che sarebbero poi emerse nel libro  di Michael Wolff  “In Fire and Fury: Inside the Trump White House, Bannon ora si sta godendo l’opportunità di tracciare il suo nuovo impero europeo… “Preferirei regnare all’inferno, piuttosto che servire in paradiso”, ha detto, parafrasando il Satana del “Paradiso perduto” di John Milton.
Bannon ha trascorso la sua carriera come agente di vari miliardari statunitensi, più recentemente per quelli che hanno sostenuto Donald Trump nelle primarie repubblicane e così ha ottenuto la nomination del partito per lui. Mentre il capo della campagna democratica di Hillary Clinton era il presidente esecutivo di Google, Eric Schmidt, il capo cervello dietro a Donald Trump era Steve Bannon, che era stato assunto a questo scopo dal matematico miliardario e dal capo di una private equity Robert Mercer. Dopo che Trump vinse la nomination, Bannon rimase e la sua operazione venne finanziata principalmente dalla  coppia di miliardari del casinò statunitense-israeliano, Miriam e Sheldon Adelson.
La sede centrale del Movimento dovrebbe trovarsi a Bruxelles, dove inizieranno ad assumere personale nei prossimi mesi. Si prevede che ci saranno meno di 10 dipendenti a tempo pieno prima delle elezioni del 2019, con un esperto di sondaggi, un addetto alle comunicazioni, un responsabile dell’ufficio e un ricercatore tra le posizioni. Il piano è di farli salire a più di 25 persone dopo il 2019 se il progetto sarà un successo.
Bannon prevede di trascorrere il 50% del suo tempo in Europa, soprattutto sul campo piuttosto che nell’ufficio di Bruxelles, una volta che le elezioni di medio termine negli Stati Uniti saranno finite a novembre.
L’operazione dovrebbe anche fungere da collegamento tra i movimenti di destra dell’Europa e il Trump Freedom Caucus negli Stati Uniti. Bannon e Raheem Kassam, ex redattore di Farage e redattore di Breitbart, hanno aperto un ufficio in un hotel a cinque stelle Mayfair per una settimana, mentre Donald Trump era in visita in Europa. Tra le presenze televisive, come surrogati di Trump, hanno ospitato una serie dei principali esponenti di destra europei presso l’hotel.
“È stato un tale successo che abbiamo iniziato a collaborare”, ha detto Bannon. “Tutti sono d’accordo sul fatto che le europee sono estremamente importanti, e segneranno il vero primo conflitto tra il populismo e il partito globalista di Davos“.
Tutti i grandi capitalisti repubblicani (ebrei, cristiani evangelici e altri) sono stati forti sostenitori di Israele, che a sua volta naturalmente è  alleato con i Saud; e sia Israele che i Saud sono particolarmente convinti della necessità di una guerra contro l’Iran, piuttosto che contro la Russia (obiettivo principale dell’aristocrazia statunitense). Solo i capitalisti americani sono ossessionati dalla conquista della Russia. Sono stati così fin dalla seconda guerra mondiale.
L’Asse di oggi infatti è composta dagli eredi nazi/fascisti della fallita Operazione Barbarossa di Hitler per conquistare l’Unione Sovietica. Dopo la seconda guerra mondiale, la CIA americana, insieme al MI6 britannico e ad altre agenzie governative, oltre al Vaticano, produssero “rat lines” per stabilirsi negli Stati Uniti, in Argentina e in Canada, e questi “ex” nazisti furono accolti con favore dalla CIA,  per la futura conquista dell’Unione Sovietica.
Anche Ambrose Evans-Pritchard nel 2016 condivideva accuratamente la stessa tesi sul Telegraph  “L’Unione Europea è sempre stata un progetto della CIA, come scoprono i Brexiteer”: “L’intelligence statunitense ha finanziato segretamente il movimento europeo per decenni e ha lavorato aggressivamente dietro le quinte per spingere la Gran Bretagna nel progetto. Fu Washington a guidare l’integrazione europea alla fine degli anni ’40 e la finanziava segretamente sotto le amministrazioni di Truman, Eisenhower, Kennedy, Johnson e Nixon. Il campo euroscettico è stato stranamente miope supponendo che le potenti forze che attraversano l’Atlantico potessero fare appello alla secessione britannica e salutarli come liberatori.”
Un memorandum datato 26 luglio 1950 infatti rivela l’esistenza di una campagna per promuovere un Parlamento europeo a tutti gli effetti, firmato da Gen William J Donovan, capo dell’ufficio di servizi strategici americani in tempo di guerra, precursore della Central Intelligence Agency.
Il principale fronte della CIA era il comitato americano per l’Europa unita (ACUE), presieduto da Donovan. Un altro documento mostra che fornì il 53,5% dei fondi del movimento europeo nel 1958. Il consiglio includeva Walter Bedell Smith e Allen Dulles, i direttori della CIA negli anni Cinquanta, e una casta di ex funzionari dell’OSS (‘Office of Strategic Services), che si trasferirono dentro e fuori dalla CIA. Bill Donovan, capo leggendario dell’OSS in tempo di guerra, fu in seguito incaricato di orchestrare il progetto UE. Gli Stati Uniti hanno agito in modo astuto nel contesto della Guerra Fredda, e la ricostruzione politica dell’Europa è stata un successo strepitoso.
Allo stesso tempo la CIA stava lavorando con migliaia di agenti segreti nazisti e fascisti in Europa, che l’OSS aveva segretamente rastrellato e protetto alla fine della seconda guerra mondiale, per il preciso intento di sovvertire non solo gli agenti comunisti in Europa ma con maggiore ostinazione, gli agenti democratici che preferivano non la subordinazione agli Stati Uniti, ma la sovranità democratica degli europei.
Pertanto, fin dall’inizio, l’UE è stato un mezzo per imporre sugli europei il controllo delle corporations internazionali statunitensi a vantaggio delle imprese americane. Quello era lo scopo principale dell’UE, la subordinazione al capitalismo americano, nessuna democrazia autentica. Il vassallaggio all’interno dell’impero americano doveva essere funzionale al loro progetto: conquistare prima l’Europa e poi il mondo.
Evans-Pritchard esortava i suoi lettori: “A mio avviso, il campo Brexit dovrebbe essere il layout di piani per aumentare la spesa per la difesa, impegnandosi a spingere la Gran Bretagna in testa, come la potenza militare indiscussa d’Europa.” La sua visione imperialista  è un’estensione di quella di Cecil Rhodes alla fine del 1800, che aspirava ad un impero globale tra Regno Unito e Stati Uniti, nel quale le due potenze imperiali, la vecchia e la nuova, avrebbero gradualmente preso il controllo del mondo intero. George Soros ha lavorato febbrilmente a quell’obiettivo, mentre Steve Bannon preferisce il progetto “nazionalista”, ma entrambe le versioni sono liberali e conservatrici.
Durante gli anni ’90 il neoconservatorismo è stato sostenuto dal Mossad e dai lobbisti per Israele ed è stato identificato pubblicamente come un’ideologia “ebraica”, nonostante molti esponenti fossero “anti-comunisti” o “pro-democratici” o semplicemente anti-russi, ma che non erano né ebrei né addirittura focalizzati sul Medio Oriente. I repubblicani Donald Rumsfeld, Dick Cheney e John McCain, e il democratico direttore della CIA  James Woolsey, erano neoconservatori molto potenti. Però ciò che tutti i neocon hanno sempre condiviso appassionatamente è stato l’odio viscerale verso i  russi. Ciò viene prima di ogni altra cosa, e governa da sempre il sacro graal  della NATO (la principale organizzazione neocon).

Rosanna Spadini
Fonte: www.comedonchisciotte.org

mercoledì 15 agosto 2018

Gentiloni "gonfia" lo spread per mentire sul governo Conte

Saranno pur sempre gli elettori a giudicare i risultati ottenuti, confermando o meno il governo in carica alle prossime consultazioni. Ma stabilire in anticipo che una data politica economica non possa essere attuata perché non piace a qualcuno Paolo Gentiloniche potrebbe a sua volta punirci con lo spauracchio dello spread, se permettete, anche no! Anche perché la legge dei mercati non è fenomeno di natura, come l’eruzione di un vulcano o un terremoto contro cui nulla possiamo. Ma è la semplice e deliberata conseguenza di una stortura tipica solo dell’Eurozona. Prendiamo ad esempio il Giappone, con un rapporto debito/Pil pari al 250%. Quanto paga sui propri titoli di Stato a 10 anni? Praticamente lo 0%. Oppure il Regno Unito, reduce da un combattutissimo referendum sulla sua permanenza Ue cui sono seguiti negoziati internazionali e scontri politici interni altrettanto aspri. Quanto paga Londra sui propri Gilt a a 10 anni? La metà esatta dei nostri Btp. Il debito enorme da una parte e le tensioni politiche dall’altra – incubi persistenti agitati dal pensiero politico dominante di casa nostra – non sembrano scalfire la preoccupazione dei creditori di Tokyo e Londra. La spiegazione è elementare. Giappone e Regno Unito possiedono una “loro” banca centrale che emette e quindi controlla una “loro” moneta e che, più o meno di concerto con i rispettivi esecutivi, decide quanta parte del “loro” debito acquistare e a quale tasso.
L’emissione di titoli di Stato, nei paesi monetariamente sovrani, non serve tanto a reperire le risorse necessarie a finanziare la spesa o rifinanziare il debito in scadenza, ma a determinare soprattutto il livello dei tassi di interesse cui si adatteranno gli altri segmenti del mercato dei capitali. Un’operazione di politica monetaria più che fiscale, diversamente da quanto invece accade in Eurozona dove i governi sono monetariamente castrati e quindi costretti a racimolare sui mercati ogni singolo centesimo loro necessario, al pari ed anzi in concorrenza con imprese, banche e famiglie. Sarebbe sufficiente che la Bce dichiarasse (notate bene non ho scritto “facesse” ma “dichiarasse”) che, per un efficace funzionamento dei canali di trasmissione della propria politica monetaria, non è più disposta a tollerare differenziali di rendimento superiori allo 0,5% fra i vari debiti dell’Eurozona, che immediatamente quegli investitori che oggi puniscono l’Italia correrebbero ad acquistare a mani basse anche i nostri Btp facendo salire i prezzi e abbassando il costo del nostro debito, così facendo un ottimo affare e portando il Draghidifferenziale dei rendimenti a quanto prefissato da Francoforte; nella consapevolezza che una banca centrale, se solo lo volesse, avrebbe mezzi illimitati per arrivare a quel risultato, potendo essa stessa emettere tutta la moneta che desidera.
E invece no, così non è; dobbiamo sorbirci l’ex premier Gentiloni che a distanza di poco più di venti giorni – dalle colonne prima de “La Stampa” e poi de “La Repubblica” – ci rampogna con la stessa identica profezia: «In due mesi lo spread è salito di oltre 100 punti. Solo questo ci costa oltre 5 miliardi». Ma sarà vero? E’ sufficiente consultare il bollettino trimestrale del ministero di Via XX Settembre per scoprire, ad esempio, che nei due mesi appena trascorsi sono stati emessi qualcosa come 34 miliardi di Btp. Un aggravio dei rendimenti pari all’1% si traduce in un costo aggiuntivo per le nostre tasche di 341 milioni. Mentre nei prossimi 12 mesi il governo emetterà circa 140 miliardi di Btp ed in caso di aumento del costo di finanziamento pari all’1% (ricordiamolo ancora, per una scelta deliberata della Bce) i maggiori interessi ammonterebbero ad 1,4 miliardi e non 5. Circa il 70% in meno della fosca previsione del nostro ex premier. Insomma se proprio volete appendervi allo spread, almeno fatelo coi numeri giusti.
(Fabrio Dragoni, “La balla miliardaria di Gentiloni sullo spread”, da “Scenari Economici” del 1° agosto 2018).

fonte: http://www.libreidee.org/

domenica 12 agosto 2018

Barry X Ball













sono stupefacenti queste teste di Barry X Ball, e stupefacente è la mostra in quel della Villa Panza, più volte ormai visitata.
serata Fai, aperitivo nel maestoso giardino e poi giro, con un caldo a dir poco soffocante, nelle stanze della villa alla scoperta di questo artista.
materiali nuovi e inediti che rivisitano capolavori della classicità, oppure ritratti preziosi o incisivi di personaggi contemporanei, tutto immerso nella bellezza mozzafiato della Villa del FAI.
serata perfetta, il tramonto è un'ora piena di speranze.

fonte: http://nuovateoria.blogspot.com/

domenica 5 agosto 2018

"stipendi mostruosi a vita per far nulla o al massimo raccontare balle"

scandalo in Rai, Milena Gabanelli svela le folli prebende dei nullafacenti della tv di Stato



Svincolata dai partiti, doveva decollare tre anni fa. Invece la più grande azienda culturale del Paese è rimasta nel parcheggio, invischiata nelle clientele e nelle inefficenze di sempre.
Mamma Rai impiega 13.058 dipendenti, di cui 1.760 giornalisti, suddivisi in 8 diverse testate: Tg1, Tg2, Tg3, TgR, Rainews 24, Il Giornale Radio, Rai Parlamento e Rai Sport. Il contratto giornalistico Rai è il più «blindato» d’ Italia: il costo azienda medio annuo è di 200.000 euro per ciascuno dei 210 capiredattori, 140.000 euro per i 300 capiservizio, 70.000 euro per i neoassunti.
Nel mondo, nessuna Tv pubblica ha tanti telegiornali nazionali. Un’ anomalia che risale ai tempi della «lottizzazione»: a ogni partito la sua area di influenza. Negli anni ha generato costi enormi poiché ogni testata ha un direttore, i vicedirettori, i tecnici, i giornalisti. E tutte le testate a coprire lo stesso evento.
Che senso ha, visto che ogni rete ha già gli spazi dedicati agli approfondimenti e ai talk, proprio per rappresentare le diverse letture dei fatti? La Bbc, una delle più grandi e influenti istituzioni giornalistiche al mondo, diffonde in Gran Bretagna un solo Tg: BBC news.
La Rai, con le tre testate nazionali, realizza ogni giorno oltre 25 edizioni di Tg; in Francia e Germania le edizioni quotidiane sono 7, nel Regno Unito e in Spagna 6. All’ offerta ipertrofica si aggiunge il canale Rainews 24, che trasmette notizie 24 ore al giorno. Abbiamo la più grande copertura informativa d’ Europa e un esercito di giornalisti, eppure, nonostante i telespettatori siano inesorabilmente in calo perché si informano sul mondo digitale, la Rai non ha un sito di news online.
Poi c’ è il tema delle sedi regionali: i 660 giornalisti fanno capo alla direzione Tgr, mentre le 22 sedi, con altrettanti direttori, che si occupano solo dei muri e dei tecnici, fanno capo a una fantomatica Direzione per il coordinamento delle sedi regionali ed estere.
Gli edifici sono faraonici, con interi piani inutilizzati, ma la qualità della cronaca locale non è sempre brillante: potenzialità enormi, inefficienza cronica. Ma, essendo i Tg regionali luoghi in cui sindaci e governatori esercitano la loro influenza, oltre che bacino di consenso per il potente sindacato Usigrai, si tira a campare.
Qualche esempio. In Emilia Romagna non c’ è una buona copertura del segnale e, in alcune zone, si vede il Tgr Veneto o il Tgr Marche; è presente una obsoleta «esterna 1» per le dirette, un mastodonte costoso usato solo per la messa della domenica, con una squadra di 5 persone che, per ragioni sindacali, non può fare altro quando il mezzo è fermo.
Al Tgr Lazio regna il degrado: dalle luci al neon fulminate alle cuffie della radiofonia fuori uso; tutti i giornalisti stanno a Saxa Rubra, nessun corrispondente dalle province. A Torino, per poter usare un mezzo satellitare leggero, adatto alle dirette, la Tgr deve chiedere l’ assenso a 4 diversi responsabili, una procedura che non si adatta ai tempi delle news. In Puglia, i due redattori territoriali hanno la telecamerina in dotazione, ma non la usano perché il sindacato non vuole.
A Sassari, 4 specializzati di ripresa non escono con la troupe, non guidano la macchina e stanno in studio, per quei due movimenti di camera che potrebbero anche fare i tecnici. Il caporedattore non può decidere sul loro utilizzo, perché dipendono dal direttore di sede. In Sicilia, gli impiegati di segreteria sarebbero disponibili e qualificati per archiviare e metadatare le immagini, ma non hanno accesso al sistema.
La Tgr Lombardia (con 50 giornalisti) è quella che collabora di più con i Tg nazionali; però Tg1, Tg2, Tg3, Rainews e Rai Sport hanno comunque tutti i propri giornalisti a Milano. Il materiale grezzo viene buttato, perché nessuno lo cataloga. Poi c’ è un aspetto che la dice lunga sulle competenze dei dirigenti: le testate nazionali e quelle regionali sono state digitalizzate con sistemi che non comunicano fra loro, per cui è difficile lo scambio di immagini.
Il Consiglio d’ amministrazione insediato nel 2015 è partito in quarta dando vita a Ray Play, ma la mission era proprio quella di rendere più efficiente la TgR, riorganizzare l’ offerta informativa nazionale e colmare il gap digitale. In questi 3 anni, il Cda è riuscito a far naufragare tutti i progetti.
Incluso quello per la nascita del sito unico di news online, già sviluppato dalla Direzione Digital e con la formazione presso le redazioni regionali già avviata (oggi sei regioni hanno il loro sito). Il motivo? Prima di dar vita a una nuova testata, bisognava ridurre il numero di quelle già esistenti.
Sta di fatto che il sito nazionale esistente è dentro a Rainews 24 e produce un traffico irrilevante. Questa è la classifica Audiweb degli utenti unici giornalieri, nell’ ultima settimana di giugno: RaiNews 95.000, TgCom 967.000, Corriere della Sera 1.300.000, Repubblica 1.400.000.
In sostanza tutti i cittadini sono obbligati a pagare il canone (1 miliardo e 700 milioni l’ incasso del 2017), ma chi si informa soltanto online non ha un servizio pubblico degno di questo nome. In compenso, lo stesso Cda ha portato avanti uno studio di fattibilità di un nuovo canale tradizionale in lingua inglese.
Ad occuparsene in prima persona la presidente Monica Maggioni, a fine mandato, e quindi in cerca di una futura direzione.
Questa è la Rai, che attende il prossimo giro di giostra. Il capitale umano che lavora ai piani bassi, dove si realizza il prodotto, ha bisogno di una forte spinta; speriamo che la giostra sia un «calcinculo». Con un management esperto e libero dai condizionamenti della politica, potrebbe uscirne un’ azienda leader in Europa.

Fonte Qui
http://www.politicamentescorretto.info/2018/07/19/stipendi-mostruosi-a-vita-per-far-nulla-o-al-massimo-raccontare-balle-scandalo-in-rai-milena-gabanelli-svela-le-folli-prebende-dei-nullafacenti-della-tv-di-stato/

fonte: http://alfredodecclesia.blogspot.com/