sabato 25 maggio 2019

Arthur Schopenhauer: il suo cane, l'essere più fedele in assoluto


Un quattro zampe molto famoso fu Atma, il cane di uno dei maggiori pensatori del XIX secolo: Arthur Schopenhauer (Danzica, 22 febbraio 1788 –Francoforte sul Meno, 21 settembre 1860).
Il filosofo tedesco viveva con un barboncino, proprio come la nostra Ornella Vanoni con la sua Ondina, che ha rimpiazzato la mancanza di Why, stando agli attentissimi tabloid! Per il suo cagnolino, Schopenhauer applicò addirittura quello che comunemente è chiamato il velo di Maya, ritenendo, però, che Atma passasse oltre ogni velo, e che addirittura fosse vero e trasparente alla realtà, incredibile!
Una volta disse: “Ciò che mi rende così piacevole la compagnia del mio cane – e qui lo accarezzò e lo guardò amichevolmente negli occhi – è la trasparenza della sua natura. Il mio cane è trasparente come un vetro”.


Sempre di lui l’aforisma che recita: “Chi non ha mai posseduto un cane non sa cosa significa essere amato”.
Come dargli torto!!!
Insomma, amore a prima vista, potremmo dire! A tal riguardo, voglio ricordare le sue lunghe passeggiate lungo il fiume Meno con il dolce animale al guinzaglio, il cui nome, per inciso, in sanscrito, significa “Anima del mondo”: per la serie, Anima mia, come le dolci note della canzone cult dei Cugini di Campagna. 


Con le donne, invece? Beh, un disastro, liquidando la faccenda!
Sempre Schopenhauer scrive: “Poiché non esiste l’istituto della poligamia, gli uomini per metà della loro vita sono puttanieri e per l’altra metà cornuti; e le donne si dividono, di conseguenza, in tradite e traditrici”. 
Roba da far venire i bordoni, che ne dite!?
Ancora: “Ci sono stati non uno, bensì molti Petrarca che si son dovuti trascinar dietro per tutta la vita come una catena, come una palla di ferro al piede, la loro sete d’amore inappagata, affidando i loro sospiri alla solitudine dei boschi. Se la passione di Petrarca fosse stata soddisfatta, da quel momento in poi il suo canto sarebbe stato ammutolito, come quello degli uccelli non appena hanno deposto le uova”. 


In ultimo, per chiudere il cerchio… 
Quando morì la signora a cui Schopenhauer aveva dovuto pagare un vitalizio, avendola in passato malmenata, il filosofo pare abbia annotato sul diario: “Obit anus, abit onus”. 
Certo, in fatto di vitalizi, ha precorso il governo giallo-verde, per sdrammatizzare un po’, anche se la notizia mi fa venire la pelle d’oca! 
Quindi, di lui vale l’espressione: “solo come un cane”? 
Beh, con tutt'altra accezione, senza mai spregiarsi, lui lo avrebbe detto a cuor leggero. 
Anzi, visse felice e contento. 

Francesco Polopoli

fonte: I VIAGGIATORI IGNORANTI

Bibliografia 
Arthur Schopenhauer, L’arte di trattare le donne, Adelphi, Milano, 2013 

Sitografia 


FRANCESCO POLOPOLI
Nato nel 1973, filologo, esperto di filologia neotestamentaria e divulgatore gioachimita. Ha partecipato a Convegni di italianistica, in qualità di relatore, sia in Europa (Budapest) che in Italia (Cattolica di Milano). Attualmente risiede a Lamezia Terme e da articolista si prende cura dell’antico non solo tramite le testate on line della propria cittadella natale ma anche attraverso Orizzonte Scuola e Tecnica della Scuola, diffondendo in comunità virtuali sempre più condivise i propri contributi. Attualmente è docente di latino e greco presso il Liceo Classico di San Giovanni in Fiore e Membro del Centro internazionale di studi gioachimiti. Ultimo è il volume Vitamina classica. Approccio semiserio alla cultura dell’antico.

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