giovedì 20 febbraio 2014

la fine dei libri


Giuseppe Maria Crespi (1665-1747), Scaffale di libri (1725) Olio su tela, 165,5x78cm. e 165,5x75,5cm.. Bologna, Civico Museo Bibliografico Musicale.
Giuseppe Maria Crespi (1665-1747), Scaffale di libri (1725)
Olio su tela, 165,5x78cm. e 165,5×75,5cm..
Bologna, Civico Museo Bibliografico Musicale.
L’invasione prepotente di internet riaccende periodicamente il dibattito su ciò che rimarrà dei libri in formato cartaceo (gli altri del resto si chiamano e-book, non ci sarebbe da confondersi ma io ho voluto specificarlo lo stesso per un mio romantico attaccamento all’odore e rumore della carta stampata). Questa precisazione potrebbe indurvi subito a pensare che io sia fra quelle persone che guardano nostalgicamente la fine dei libri. In realtà non è così e per diversi fattori.
Innanzitutto bisogna che io specifichi, visto che i lettori di questo blog non mi conoscono, che passo molto più tempo a leggere e scrivere di qualsiasi altra mia attività e che non manco mai, ormai da molti decenni, di avere tra le mani un libro prima di addormentarmi. Considerando pure che il mio sogno, già da ragazzina, è sempre stato quello di realizzare una stanza biblioteca in casa tutta per me, dovrei essere considerata tra le candidate preferite che versano inesorabili lacrime d’addio all’amato libro.
Certo mi dispiace moltissimo, ma comprendo che esso non è altro che un attaccamento fisiologico.
Si tratta solo di lasciare il vecchio per il nuovo più che altro, e chi vuole restare attaccato al passato? Io no di sicuro proiettata come sono di natura verso le novità, verso il futuro.
L’editoria lamenta da molti anni l’abbandono della lettura dell’uomo occidentale. Sarà pur vero, non discuto. Più probabilmente, in questo abbandono, sono coinvolte le fasce più giovanili prima distratti dalla tv e oggi dal mondo internet. Ma non è solo questo. Avete presente la mole di impegni che deve sobbarcarsi un bambino fino all’età adolescenziale? Spesso la scuola è a tempo pieno, giusto per parcheggiarli da qualche parte, visto che entrambi i genitori lavorano, almeno fino adesso perché, con la disoccupazione in aumento, la situazione potrebbe cambiare molto velocemente. Le attività extrascolastiche poi occupano il resto della giornata. Una volta tornati a casa, stanchi morti, soprattutto i genitori, ci si regala una meritata serata davanti agli schermi, tv o pc, così almeno i bambini non rompono e possiamo tirare un respiro di sollievo. Aria malsana questa che respiriamo, aria che ci si ritorcerà contro se consideriamo l’aumento dei problemi comportamentali, mancanza di attenzione, aggressività e insonnia per citarne qualcuno, dei nostri giovani. Ma questo sarebbe un altro discorso, quindi torniamo ai nostri libri.
Punto uno: non abbiamo tempo per leggere libri. Ma effettivamente non leggiamo?
Mi sono chiesta: da quando possiedo un collegamento internet leggo meno? Effettivamente no, leggo molto di più e soprattutto leggo ciò che voglio perché navigando in rete accedo ai contenuti che più mi interessano.
Ma allora compro meno libri? Decisamente sì, e non solo perché uso di più internet ma perché i libri sono diventati troppo cari. Un romanzo in prima edizione costa una media di 18 euro, per poi scoprire di aver acquistato una vera cazzata, essendo la maggior parte delle opere pubblicate ai giorni d’oggi, a mio parere, spazzatura. La letteratura, così come ogni settore dell’arte contemporanea, soffre di mancanza di contenuti, di capacità e creatività, mantenendo un’espressività emozionale pari a quella di un paracarro. Ovviamente non tutto, ma la gran parte sì.
La gran parte sono solo prodotti commerciali. Pensiamo per esempio a Harry Potter, grande caso editoriale degli anni scorsi, dedicato al mondo giovanile. La storia di per sé è nata con gran originalità per poi finire tra le tenebre di un horror inutile, per essere gentili. Ma la scrittura, cioè il modo di scrivere della Rowling è pessimo. Se penso ai tanti ragazzi che si sono nutriti per anni, per tutto il periodo della loro crescita, di questa letteratura, posso comprendere lo stato sociale dei giovani di questo periodo.
Il primo libro, La Pietra Filosofale, lo lessi a mia figlia che allora aveva solo 5 anni. Arrivai fino alla fine ma da lì in poi mi rifiutai di continuare. Passammo ad altro, lasciando al Potter lo spazio di una seduta cinematografica, anche quella ben presto abbandonata.
Io da ragazza leggevo i classici ottocenteschi francesi, che erano quelli che preferivo, ma anche Moravia, Hesse, Kerouak e molti altri. Non dico che io e quelli che hanno fatto le mie stesse esperienze siamo persone migliori delle generazioni attuali. Di sicuro ci siamo formati su una letteratura migliore, che non racchiude tutte le qualità di un essere umano perché è da lì in poi che bisogna mettere a frutto il proprio sapere.
Punto due: i libri si deteriorano.
Ho voluto conservare gelosamente anche il romanzo più brutto che ho letto, perché buttare un libro mi è sempre sembrato un sacrilegio. Ma i libri più vecchi che possiedo e che festeggiano quasi 40 anni e oltre iniziano a sbiadirsi e puzzano di vecchio. Mi dà fastidio riprenderli in mano, non provo lo stesso piacere di un libro stampato di fresco. L’odore della carta diventa per me aromaterapia o è forse solo perché l’odore di vecchio fa a pugni con l’emotività giovanile che il libro stesso mi aveva donato.
Fino a qualche anno fa compravo anche libri classici che ancora non avevo letto per arricchire la mia libreria nella speranza di poterne far uso un domani. Per esempio l’ultimo acquisto fatto in tal senso è stato Il Conte di Montecristo di Dumas, in un bellissimo cofanetto degli Oscar Mondadori che però mi è costato euro 26,40 circa due anni fa. Non dico che siano soldi buttati, perché spesi nei libri di questo genere e ancor più nei saggi, non lo sono mai. Ma incomincio a chiedermi se sia necessario proseguire su questa strada.
Forzatamente, in questo ultimo anno, ho comprato meno libri. Compro solo quelli che so che leggerò di sicuro e ogni tanto mi permetto qualche saggio. Ma è solo per un discorso economico.
Fortunatamente però ho internet che, con una spesa di 10 euro al mese, mi permette di accedere a una quantità tale di informazioni e contenuti letterali anche di pregio, come certi antichi libri digitalizzati, che mi fa sentire meno la mancanza materiale dei libri stessi.
Con questo non mi piace l’idea di accettare in modo passivo il cambiamento in atto. E’ bene parlarne, scambiarsi opinioni e pensieri. Da quella che può sembrare una banale discussione tra libro cartaceo e multimedialità può dipendere tutto il futuro culturale, e quindi sociale, del nostro futuro.
Perché è dalla cultura che bisogna ripartire per formare una nuova coscienza collettiva.
Paola Mangano
salone-del-libro-torino-20121
fonte: fattidarte.wordpress.com

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