venerdì 16 maggio 2014

pederastia greca



Il termine pederastia deriva dal greco antico παιδ- paid-, "ragazzo", e ἐραστής erastès, "amante". Nell'antica Grecia indica il peculiare fenomeno del rapporto ritualizzato e socialmente codificato fra due maschi di età diversa.

Caratteristiche

Nella Grecia antica la pederastia consisteva in un legame tra un uomo e un adolescente (a partire da almeno dodici anni di età, con l'avvento cioè della pubertà).
Questo genere di coppia traeva la sua legittimazione da numerosi equivalenti simbolici o mitologici tra figure divine o eroiche (Zeus e Ganimede, Apollo e Giacinto o tra lo stesso Apollo e Ciparisso, come tra Eracle e Iolao e Ila, o ancora tra Teseo e Piritoo).
Alcuni indizi hanno fatto supporre che il fenomeno si sia evoluto a partire dai riti di iniziazione e di passaggio della cultura indoeuropea.

Si trattava di un modo riconosciuto di formazione delle élite sociali, che traduceva la relazione maestro-allievo. I vocaboli indicanti l'uomo e il ragazzo potevano variare da una città all'altra: per esempio erastes ("amante") e eromenos ("amato") ad Atene, eispnelas ("ispiratore") e aites ("auditore") a Sparta. Anche le modalità della relazione differivano a seconda delle città e i rapporti sessuali potevano o meno essere permessi all'interno della relazione. Nelle relazioni erotiche notorie tra adulti e ragazzi, per non minare la dignità di questi ultimi appena diventati adulti, si assumeva che il contatto sessuale avvenisse soltanto tra le cosce, il cosiddetto sesso intercrurale.

La Pederastia greca va inserita in un quadro generale nel quale desideri e comportamenti sessuali non erano classificati in base alla diversità o all'identità del sesso dei partner, bensì in base al ruolo attivo o passivo e alle conformità di questo alle norme concernenti età e condizione sociale delle persone coinvolte.

Origini: l’arpaghè cretese

Incominciava così un periodo di apprendistato sotto la responsabilità dell'adulto, che si ritirava in campagna con il ragazzo per un periodo di due mesi, nel corso del quale questi imparava a diventare un abile cacciatore e un coraggioso combattente. In questo periodo, se il ragazzo voleva, la coppia praticava attività sessuali. Si considerava normale che il ragazzo si offrisse al suo maestro per desiderio e come segno di riconoscenza per gli sforzi che costui consacrava alla sua formazione.

Al termine del periodo il ragazzo era ricondotto in città e veniva festeggiato pubblicamente il suo ritorno e la sua "rinascita" nella società, nella quale poteva ora assumere il suo ruolo di uomo e cittadino. Tre doni rituali erano d'obbligo: un bue, un'armatura e una coppa, in riferimento all'agricoltura, alla guerra e alla religione. Adesso pure poteva denunciare l'adulto e rompere le relazioni se costui lo aveva costretto.

Questa iniziazione rituale non riguardava (come rivela anche il costo notevole dei tre doni rituali) l'insieme dei cittadini, ma solo i membri delle élite dominanti: coloro che l'avevano portata a termine si vedevano riconoscere particolari segni di onore.

Caratteristiche regionali

Sparta

Sparta, polis dorica, è stata la prima città a praticare la nudità atletica (gimnopedie) ed una delle prime a formalizzare rigorosamente la pederastia.

Questo tipo di rapporto era previsto e regolato dalle leggi (codice di Licurgo). L'uomo doveva preliminarmente guadagnarsi l'affezione del ragazzo, a differenza che a Creta o ad Atene, dove questo consenso, sebbene considerato preferibile, non era tuttavia richiesto. Era considerato in generale normale per un uomo essere attratto da un ragazzo, il quale doveva tuttavia possedere la kalokagathia, cioè le due caratteristiche della bellezza e del valore (essere καλός kalos, ossia "bello" e ἀγαθός agathos, "buono", "coraggioso", "onesto").

Eliano racconta che a Sparta per un uomo il non avere un giovane come amante era considerato un deficit di carattere, e si poteva anche esser puniti per questo.

Megara

Megara coltivò lungo tutto il corso della propria storia buoni rapporti con Sparta, e potrebbe esserne stata culturalmente attratta tanto da emularne le pratiche attorno al VII secolo a.C., quando si suppone che la pederastia rituale fosse stata oramai formalizzata in tutte le città doriche.

In uno dei suoi maggiori poemi il cantore Teognide, originario della polis, vede la nudità atletica durante le gare e le esercitazioni al gymnasium, come preludio alla pederastia: "Beato è l'amante che va in palestra nudo, e poi corre a casa a dormire tutto il giorno in compagnia di un bel ragazzo".

Calcide

Atene

Ad Atene la pratica sembra aver subito un'evoluzione, trasformandosi da rituale aristocratico e guerriero rivolto alla formazione dei giovani, in uso meno rigoroso, maggiormente centrato sull'estetica e i sensi. Questa differente modalità comportò deviazioni, spesso criticate dagli autori antichi. Degli uomini potevano rivaleggiare in regali nel cercare di conquistarsi le attenzioni di un ragazzo e alcuni giovani ne approfittavano, accordando i propri favori al più alto offerente.

Contro questa sorta di velata prostituzione Platone si dimostrò particolarmente critico, contestando prima le deviazioni di questa pratica istituzionalizzata (nei dialoghi del Simposio e di Fedro) e successivamente arrivando addirittura ad ipotizzarne l'abolizione nel testo de Le Leggi.

Beozia

Tebe, polis principale della Beozia, era rinomata per la sua pratica pederastica, la cui tradizione viene sancita proprio dal mito fondativo della città, quello riguardante Laio, antenato mitico dei tebani e futuro padre di Edipo. Un altro mito pederastico beota è quello riguardante Narciso e Aminia.

Secondo Plutarco la pederastia tebana era stata istituita come dispositivo educativo rivolto ai ragazzi al fine di "ammorbidirne, mentre erano ancora giovani e malleabili, la naturale ferocia caratteriale, oltre che temprarne i costumi".

Oriente greco: Ionia e Eolia

A differenza dei Dori, dove un amante ha di solito un solo amato, nelle regioni dell'Est (colonie dell'Asia minore) un uomo poteva avere diversi eromenoi nel corso della sua vita: da certi frammenti tratte dalle poesie di Alceo possiamo intuire che in tali regioni l'erastes invitasse abitualmente i propri eromenos nel luogo dove abitava.

Mitologia

"Muor giovane colui che è caro agli Dèi" (Menandro, framm. 11)

I motivi associati all'amore pederastico all'interno dei miti greci sono innumerevoli, alcuni più ricchi e maggiormente dettagliati di altri, ma tutti riferentesi ad un tempo ideale non precedente all'inizio del I millennio a.C. Nel discorso di Pausania presentato nel Simposio di Platone l'amore degli uomini per i giovani è associato alla Dea Afrodite celeste-Urania.

L'invenzione dell'amore tutto al maschile è attribuita, secondo una delle versioni del mito, a Tamiri, figlio di una ninfa e poeta egli s'innamorò del bell'adolescente Giacinto. Altri invece vogliono sia stato niente meno che il cantore Orfeo, dopo la delusione provata nel non essere riuscito a salvare dalla morte la sua amatissima Euridice: "fu lui ad introdurre l'usanza di amare i ragazzi". Sbranato dalle donne di Tracia la sua testa fu infine sepolta a Lesbo.

Causa scatenante dell'amore di un dio nei confronti di un mortale è sempre e solo la straordinaria bellezza dell'adolescenza: uno dei motivi principali è quello del dono inizialmente ricevuto da un dio, che provoca però una rivalità da parte d'un amante terreno o di un'altra figura divina, con conseguente fine tragica del protagonista (solo la morte precoce permette difatti al ragazzo di mantener intatta per l'eternità la sua bellezza, ché altrimenti sarebbe fuggevole e vana).

L'origine di tali miti è per lo più dorica e proveniente dalla regione geografica della Beozia.

Miti relativi all'amore tra un dio e un ragazzo mortale

Uno dei miti più famosi è quello che tratta del ratto di Ganimede, definito da Omero come "il più bello tra i figli degli uomini" del suo tempo.
Il giovane era figlio d'uno dei primi re di Troia, Troo. Il sommo Zeus s'innamorò perdutamente del ragazzo e trasformatosi per l'occasione in un enorme Aquila lo andò a rapire, mentre questi si trovava a caccia (o mentre stava andando a pascolare il gregge), sulle vette del monte Ida. Al bellissimo adolescente il padrone degli dèi volle concedere l'immortalità, facendolo nel contempo diventare il coppiere degli Dèi dell'Olimpo. In compensazione per la perdita subita vennero dati al padre una pariglia di cavalli.

Ganimede venne successivamente identificato con la costellazione dell'Aquario, mentre l'aquila che lo rapì divenne l'omonima costellazione astrale dell'Aquila. Una versione alternativa della storia vuole che fu il re dei Lidi Tantalo colui che effettivamente rapì il ragazzo.

Tra gli Dèi però, colui che aveva il maggior numero di amanti adolescenti maschi era certamente il bisessuale Apollo: il più famoso fra tutti è il mito riguardante la sua rivalità con Zefiro per riuscire ad ottener l'amore di Giacinto (nipote del re Lacedemone di Sparta) e la successiva tragica fine del giovinetto per mano inconsapevole dello stesso dio.
Mentre si stavano esercitando nel lancio del disco il geloso Zefiro fece alzar il vento; il disco appena lanciato da Apollo mutò bruscamente direzione finendo così col colpire a morte in mezzo alla fronte il bel ragazzo. Mentre esalava l'ultimo respiro tra le braccia del dio piangente ed inconsolabile il sangue che sgorgava zampillante dalla ferita cadde a terra e lì sbocciò subito un bellissimo fiore d'un colore blu intenso, il Hyacinthus. Il suo mito era uno dei principali celebrati a Sparta, le Giacinzie.

Un altro adolescente amato da Apollo è stato Ciparisso: il ragazzo, durante una battuta di caccia, colpì accidentalmente col suo giavellotto il cervo che gli aveva donato il dio. Non riuscendo a superare la disgrazia occorsagli, il giovinetto si struggeva e consumava pian piano; a questo punto Apollo preso da grande pena per lui lo trasformò in un albero, il cipresso dal cui tronco la resina che sgorga è simile a lacrime. Da allora questo è l'albero che viene piantato nei pressi dei luoghi in cui sono sepolti i defunti.

Il dio Eros produceva le frecce con cui poi colpiva i mortali che dovevano cadere innamorati con legno di cipresso. Secondo una versione latina successiva era innamorato di lui anche Silvano, il dio delle foreste.

Tra gli altri ragazzi amati da Apollo ci sono Imene e Branchus di Mileto, futuro sacerdote del dio stesso e fondatore di un suo oracolo a Dydyma; l'indovino Melampo e Forbant di Rodi. Vengono accennate anche brevi notizie riguardanti l'amore di Apollo nei confronti del re di Cipro Cinira, Orfeo e Troilo, Amyclas figlio di Lacedemone e fratello di Giacinto e Illo, figlio maggiore di Eracle e Deianira.

Infine per amore del re Admeto Apollo accettò di trascorrere ben 9 anni umani al suo servizio come pastore: in quest'ultimo caso sembra essere stato il dio stesso ad assumere il ruolo e la parte 'sottomessa' di eromenos.

Uno dei grandi amori del dio dei mari e dei terremoti Poseidone fu invece Pelope, a cui fu donato un carro dotato di cavalli alati con il quale vinse una gara di corsa contro il re Enomao. Il signore dei mari venne travolto da improvvisa passione anche nei confronti di un certo Nerites, figlio di Nereo e quindi fratello delle Nereidi: si narra fosse d'una bellezza mozzafiato e che proprio dal suo amore nei confronti di Poseidone nacque Anteros (l'amore ricambiato e vendicatore di quello non corrisposto).
Hermes, che rimase sempre appassionatamente attratto da Perseo, lo aiutò a procurarsi sandali alati ed elmo magico per poter affrontare le sue imprese eroiche; si innamorò di Cadmo, Dafni (Eliano. Storie X 18) e Anfione. Infine si dice che amò anche Crise, il sacerdote di Apollo a Troia e sembra gli piacesse alquanto l'irsuto Pan.
Asclepio era innamorato di Ippolito ed Efesto di Peleo.

Il caso Dioniso

Il giovane Dionysos incoronato da un tralcio di vite e in possesso di un tirso nella mano sinistra (oggi perduto) e un kantharos nella mano destra. Opere d'arte romana. Dal santuario sul Gianicolo.
Il nome del dio Dioniso viene associato ai misteri dionisiaci, in tale ambito Igino racconta una versione argolica del mito inerente alla catàbasi del dio: cercando di riportare in vita la madre Semele dal regno dei morti in cui era precipitata, Libero (Dioniso) giunge ad Argo e lì incontra un uomo di nome Polimno a cui chiede di indicargli la via verso l'Ade. Polimno esige in cambio, come pagamento dell'aiuto ricevuto, di poter godere sessualmente del corpo divino,

«Libero che bramava rivedere la madre, giurò - per quanto poteva valere il giuramento di un dio a un uomo svergognato- che se la riportava in vita avrebbe fatto tutto ciò che l'altro voleva.».

Secondo la narrazione del polemista cristiano Arnobio, quando Dioniso ritorna trova Prosimna (Polimno) morto, a questo punto Dioniso giunto davanti alla tomba dell'uomo taglia un ramo di fico, gli dà la forma di un phallos-fallo artificiale e ci si siede sopra, adempiendo così alla promessa fatta. Secondo l'erudito Roberto Calasso che fa riferimento a un altro polemista cristiano, Clemente Alessandrino che narra in modo analogo la conclusione della vicenda,

«Tutti hanno taciuto sulla conclusione del viaggio di Dioniso nell'Ade, eccetto un Padre della Chiesa. Con la brutalità di quei nuovi cristiani che erano stati iniziati un tempo ai misteri, Clemente Alessandrino ha narrato la storia di come Dioniso sodomizzò se stesso [...] .».

Miti relativi all'amore tra due eroi mortali

Si narrava che all'interno d'una grotta ai piedi del monte Parnaso si fosse stabilito un mostro femminile chiamato Lamia: viveva in mezzo al fango e divorava i ragazzi che dovevano esserle consegnati in sacrificio ogni certo periodo di tempo. Un certo Euribate però, dopo aver incontrato uno di questi ragazzi destinati ad una fine tanto orribile tra le zampe del mostro-donna, s'innamorò a prima vista di lui e volle far di tutto per salvarlo: affrontò il mostro e lo uccise.
A Thespies v'era un mito che raccontava invece di un drago che una volta viveva nelle vicinanze della città; anch'egli chiedeva dei bei ragazzi in sacrificio. Quando la sorte cadde sul giovane eromenos di Kleostrata, questi non ci pensò due volte ad indossar l'armatura ed affrontare senza timore chi voleva portargli via l'amato.
Ma celebre è a questo riguardo il mito riguardante l'affascinante Narciso: egli era amato da molti giovani ma tutti venivano con spietatezza rifiutati: uno di loro, Aminia, che dallo struggimento e dalla sofferenza patita si stava letteralmente consumando, non riuscendo più a sopportare tanto dolore si uccise; non prima però di aver scagliato sul ragazzo crudele ed insensibile una terribile maledizione: neanche lui sarebbe stato mai corrisposto quando si fosse davvero innamorato di qualcuno. Accadde così che Narciso, vedendo il riflesso del suo volto nel torrente si desiderò e, non potendo in alcun modo soddisfare questa impossibile passione, avvizzì sulla riva e si trasformò in un fiore.
In Etolia si raccontava un mito analogo, riguardante questa volta però niente meno che il figlio di Apollo, il semidio Cicno: molti giovani gli facevano una corte serrata nel tentativo di conquistare i suoi favori, ma egli continuava imperterrito a rifiutarli tutti. Solo uno di loro, Filio, non voleva accettare la sconfitta e continuava a pregarlo e supplicarlo di concedersi a lui: Cicno allora per provarne la fedeltà e costanza gli comandò di portare a termine tre difficilissime prove. Mentre stava eseguendo la seconda di esse, Filio incontrò Eracle, il quale gli consigliò senza mezzi termini di ribellarsi finalmente alle angherie del bell'adolescente: Cicno, vedutosi così per la prima volta lui stesso respinto, per la delusione patita precipitò in un lago (o saltò da una scogliera) e si tramutò in un cigno (Antonino liberale. Metamorphosis 12). Un'altra versione vuole Cicno amato da Fetonte.
Innumerevoli sono stati i ragazzi amati da Eracle, tra cui i più importanti sono stati senz'altro Ila, Iolao e Abdero: molte furono le gesta che l'eroe compì affiancato dal giovane Iolao. Secondo la testimonianza di Plutarco a Tebe la tomba del ragazzo era meta di pellegrinaggio da parte di coloro che andavano a chiedere al suo spirito d'intercedere a favore dei propri amori, oppure che andavano a fare solenne promessa d'eterna fedeltà.
Ila accompagnò invece Eracle durante la spedizione degli Argonauti, ma finì con l'essere rapito dalle ninfe delle acque (Antonino liberale. Metamorfosi 26). Il suo culto era molto sentito in terra di Bitinia.

Mentre stava compiendo la sua 8° fatica invece il suo amato Abdero rimase per errore ucciso, divorato dalle cavalle che stavano cacciando: in suo onore ed in perenne memoria fondò la città di Abdera.

Nella città di Dima in Acaia venne sacrificato l'ennesimo giovane amante dell'eroe di nome Sostrato (Pausania. Descrizione della Grecia VII 17, 8). Un altro amante prediletto di Eracle era l'argonauta Polifemo; alcuni infine presumono vi possa essere stata una segreta passione anche nei confronti di Euristeo.

Marsia era innamorato del frigio Olympius, a cui insegnò a suonare il flauto in maniera impeccabile: successivamente il ragazzo divenne un poeta al seguito del dio Apollo (Plutarco. A proposito di musica 7).
La rivalità per conquistarsi l'amore del giovane Mileto, anche questi figlio d'Apollo (in altre versione è Atymnius figlio di Zeus), scatenò una guerra tra Minosse e Sarpedonte: dopo esser stato sconfitto quest'ultimo regnò in Licia mentre Mileto fondò l'omonima città di Mileto.
Del giovane eroe Frisso s'innamorò il re della Colchide Eete (Eraclito-allegoristi. Circa un fatto incredibile 24), o il re degli Sciti.
L'eroe tebano Laio s'innamorò del giovanissimo figlio illegittimo del re Pelope, Crisippo: un giorno, mentre lo stava addestrando a guidare un carro, gli usò violenza (Pseudo-Apollodoro. Biblioteca III 5, 5; Eliano. Miti XIII 5); ciò portò il ragazzino al suicidio (Atene. Festa di Sion XIII 602). Pelope allora scagliò la sua tremenda maledizione sopra la testa di Laio e di tutta la sua discendenza; ma secondo altri fu Teseo a rapirlo (Igino. Miti 271), mentre l'avrebbero ucciso Atreo e Tieste.
Sono note le grandi passioni amorose di Achille nei confronti di Patroclo, Antiloco e Troilo.
Il rapporto tra Oreste e Pilade è spesso interpretato come un solido legame sentimentale (Senofonte. 8, 31, Luciano. Amori 47), così come quello tra Teseo e Piritoo.

fonte: wikipedia

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