sabato 29 aprile 2017

femminicidio - reato di genere


L’argomento che vi vorrei proporre oggi non è facile da affrontare.
Vorrei trasmettere ai lettori di questo blog, che mi dà la possibilità, grazie all’apertura e alla disponibilità del suo ideatore, di esprimere in totale libertà il mio pensiero, e ciò che penso e sento da donna in merito al Femminicidio, omicidio di genere. 
Sapete tutti cosa significa, i giornali e i telegiornali ne parlano ogni settimana, a volte anche più spesso. Questa follia collettiva che sta dilagando con numeri impressionanti può colpire chiunque.
Il dizionario riporta la seguente definizione: femminicidio - qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuarne la subordinazione e di annientarne l'identità attraverso l'assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte.
Di seguito riporta anche: uccisione di una donna o di una ragazza.
Sottopongo alla vostra attenzione alcuni dati che riguardano la nostra penisola: dal 2006 al 2016 le donne uccise in Italia sono state 1.740. Una media di 170 ogni anno.
Non riporto i dati del 2017 perché sono ancora in fase di elaborazione, ma di certo non sono rassicuranti.
Mi colpisce molto che 1251 di questi omicidi, cioè il 71.9%, sono avvenuti in famiglia, fra le mura domestiche, nel luogo dove ci si dovrebbe rifugiare per trovare conforto e rassicurazione. Analizzando ancora più approfonditamente i dati, riscontriamo che 846, cioè il 67,6%, sono avvenuti all'interno della coppia, 224, cioè il 26,5%, per mano di un ex compagno, fidanzato o marito.
In sostanza 7 donne su 10 muoiono in famiglia.


Parliamo di femminicidi, non considerando in questi dati tutte le donne aggredite con acido, benzina, cherosene, coltello, pistola, mani nude, martello, bastone, calci, che hanno la fortuna di sopravvivere e condurre una vita di dolore e sofferenza che mai più potrà tornare quella di prima, i cui volti deturpati indelebilmente sono il simbolo di questa nuova società che ancora una volta cerca di annientare le donne.
Sopraffatte, annientate, giornalmente vittime di parole e prepotenza, che poi sfocia in atti di violenza inauditi,
sono madri, figlie, ex fidanzate, mogli, donne come me, che hanno avuto sempre una vita normale fino al giorno in cui quell’uomo che prima chiamavano amore si trasforma in un brutale assassino o in un aggressore.
Nel 16,7% dei casi, il femminicidio è stato preceduto da “violenze note”, casi denunciati alle autorità competenti, che spesso sono impotenti rispetto ai fatti in corso di accadimento, a volte inermi a causa di una legge inadeguata.
Uno dei reati maggiormente diffusi che si ricollega al femminicidio, divenendone spesso il preludio, è lo stalking.
Per stalking si intende quell’insieme di comportamenti persecutori ripetuti e intrusivi, come minacce, pedinamenti, molestie, telefonate o attenzioni indesiderate, tenuti da una persona nei confronti della propria vittima.
Il termine stalking, e quindi di stalker, deriva dal verbo to stalk, “camminare con circospezione”, “camminare furtivamente”, “colui che cammina in modo furtivo”. Ma indica anche il “cacciatore in agguato”, un tempo cacciatore di animali, oggi cacciatori di donne.
Anche in questo caso i dati lasciano stupiti: 3 milioni e 466 mila in Italia, secondo l'Istat, sono le donne che nell'arco della propria vita hanno subito stalking, ovvero atti persecutori da parte di qualcuno.
A voi è mai capitato? Avete mai sporto denuncia per stalking? Qualcuno vi ha mai privato della libertà di vivere senza paura ogni istante della giornata? Io no, sono fortunata.
Il reato di stalking è entrato a far parte dell'ordinamento penale italiano con d.l. n. 11/2009 (convertito dalla l. n. 38/2009) che ha introdotto all'art. 612-bis c.p., il reato di “atti persecutori”, il quale punisce chiunque “con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.


I dati riportati sono arrivati a noi grazie alla coraggiosa denuncia delle vittime chi si rivolgono alle autorità per dire no all’annientamento psicologico, al clima di terrore.
Ma alcuni sondaggi hanno fatto emergere un numero considerevole di donne che nonostante le minacce e i soprusi non ha mai denunciato il partner o la persona che le perseguita.
Gli assassini in genere vivono con la donna che uccidono, nel 41,6% dei casi censiti erano conviventi.
Il 17,6% sono ex coniugi o ex compagni, uomini rifiutati, che non accettano il distacco.
Una piccola percentuale, il 7%, ha ucciso la donna con non ha mai convissuto, in genere un’amante.
Il lasso di tempo in cui l’omicidio viene commesso è in genere entro i primi 3 mesi dopo la rottura del rapporto affettivo. Molti casi avvengono invece a causa della sola intenzione della donna di interrompere il legame.
Il senso di abbandono si rinnova durante la causa di separazione e conseguente affidamento dei figli.
Elemento spesso scatenante è la decisione del giudice o il tentativo di ricominciare una nuova vita da parte della donna.
Potrei dire ancora molto su questo argomento, moltissimo. Ma non credo serva. Voglio solo sensibilizzare le persone che ci seguono a questo problema.
Parlo di me come donna fortunata, e lo sono molto. Posso sorridere ogni giorno, ho un uomo accanto che mi ama e soprattutto mi rispetta, che mi tiene per mano nei momenti di luce e di buio. Sono una “strega” fortunata che cammina con il suo “barbagianni”.
Ho scritto queste righe per ricordare io per prima la mia fortuna, per tutti quei volti deturpati, per le cicatrici dell’anima che non passeranno mai, per la paura che è compagna di ogni istante e che spinge le vittime SOPRAVVISSUTE a guardarsi sempre le spalle.
È legge il decreto che contiene le misure contro la violenza di genere, grazie alla conversione in L. 15 ottobre 2013, n. 119 pubblicata in Gazzetta Ufficiale 15 ottobre 2013, n. 242. Ma questo basta per fermare il massacro? Mette un punto al reato di genere, ma non risolve il problema. Il cammino è lungo.
Sono tanti i passi da fare, le parole da dire, le storie da raccontare, gli esempi da portare.
Non voglio essere retorica, sarebbe troppo facile. È sotto gli occhi di tutti la situazione nella moderna società civile.
Non dimentichiamo a riflettori spenti, una volta finita l’indignazione del momento, cosa ci circonda. Cresciamo i nostri figli con la consapevolezza che un NO può essere superato, che un ADDIO non è la fine ma un punto di partenza, che donne e uomini sono uguali e non solo sulla carta, che il valore di ognuno sta nella persona non nel genere.
Non rimaniamo in silenzio se siamo a conoscenza di fatti che riguardano un’amica, o una parente, se capiamo che stanno passando l’inferno in casa, non diventiamo complici voltandoci dall’altra parte.
Io non sono stata complice, ho visto i segni, ho capito, ho letto il buio in quello sguardo.
Ho reagito, ho parlato, ho agito, ma al posto suo. Non era pronta a dire basta, ad andare via dall’incubo.
È rimasta là in quella casa prigione, accanto a un uomo che la picchiava ancora prima della nascita del loro figlio. È rimasta là e non mi parla più, mi ha chiusa fuori dalla sua vita e con me tutti la sua famiglia di origine. Mi chiedo spesso come sta, se è venuta via, se ha smesso la recita della famiglia felice, se non copre più i lividi con il fondotinta.
Ogni tanto faccio squillare il suo telefono, ma suona a vuoto, da tre anni.
Alle donne vittime di violenza e ai loro figli saranno destinati 5 milioni annui nel triennio 2017-2019 in base ad un emendamento alla legge di bilancio approvato in Commissione alla Camera.
Un altro passo verso la civiltà o solo un lavarsi le coscienze per l’inadeguatezza delle leggi che regolano la nostra vita? Voglio essere positiva, un passo verso la libertà.
Le risorse, andranno al piano antiviolenza, ai servizi territoriali, ai centri antiviolenza e ai servizi di assistenza alle donne. Grazie a tutti i volontari che ogni giorno ci stanno vicino con un supporto morale, psicologico e materiale, grazie da donna per le donne.

Rosella Reali

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.it/

Sitografia






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