venerdì 29 settembre 2017

il dominio delle curve. La Barcellona di Gaudì


Proseguendo nella visita Barcellonese attraverso i classici percorsi dell’architettura di Antoni Gaudì, immancabile seguitare il viaggio nell’immaginazione che si fa forma affrontando Casa Milà, detta anche la Pedrera, enorme palazzo che si affaccia maestoso e inquietante sul Passeig de Gràcia, la grande arteria centrale del quartiere modernista dell’Eixample. 
Così come continuerà a fare anche nella straordinaria visione del Parc Güell, dove il suo studio delle forme naturali che si fanno struttura giungerà alle conseguenze più estreme nei colonnati a forma di onda oceanica o nelle balconate di panchine serpeggianti, anche qui Gaudì avanza lungo la sua strada eclettica senza perdere mai di vista la struttura fondamentale che regge tutte le sue idee e tutte le conseguenti realizzazioni. 
La linea curva.


Fedele alla sua celebre affermazione secondo cui “La linea retta è la linea degli uomini, quella curva è la linea di Dio”, il genio catalano ristruttura l’enorme palazzo al numero 92 del Passeig letteralmente “afflosciando” le sue strutture esterne. Tutta la facciata e i suoi numerosi balconi sembrano adagiarsi morbidamente come pesanti tappeti appoggiati su rocce.


Sembra di cogliere una smisurata torta gelato nell’esatto momento in cui si sta squagliando ma è ancora sufficientemente solida da stare in piedi. Il lavoro di progettazione e di realizzazione di tutti i blocchi di marmo che poi riproducono quest’insieme maestoso e decadente insieme, e soprattutto in costante movimento apparente nonostante la mole e la solidità evidenti, appare davvero come uno sfoggio di tecnica e di lavoro artigiano sorprendente.
Siamo negli stessi anni della casa Batllò, di cui abbiamo già parlato, ma dove lì sembrava essere la leggerezza, in particolare quella liquida dell’acqua, a dettare le linee realizzative dell’impresa, qui sembra quasi che le linee curve della Natura (e perciò Divine dal punto di vista del religiosissimo Gaudì) concorrano a rappresentare la solidità degli elementi più terrestri, come la pietra di cui si mantiene anche a vista la ruvidità. Ciò che sembra sempre e comunque escluso dalla sua architettura però è la staticità. E allora si rappresenti sì la pietra, ma quasi fosse pietra appena uscita da un magma vulcanico e poi rapidamente raffreddata a congelare per sempre le forme in quella morbidezza e in quei tragitti curvilinei che solo un momentaneo stato fluido, conseguenza di forze sovrumane, può avergli imposto.
La coerenza con cui tutta la facciata e ogni suo minimo particolare, dal portone alle ringhiere dei balconi in ferro battuto contorto, riproducono il concetto fondamentale di forze primordiali colte nell’atto di plasmare la materia, è assolutamente sbalorditiva.


E se ci si fermasse alla facciata, si potrebbe finire qui. Questa enorme colata lavica in forma di palazzo va però anche esplorata dall’interno, perché altre sorprese si nascondono altrove. La prima, forse la più sorprendente di tutte, è che la maggior parte degli appartamenti interni sono normalissimi. Geniale esemplificazione di come qualunque forma possa contenere una sostanza assai diversa da ciò che mostra all’esterno. Di un qualche interesse storico gli appartamenti all’ultimo piano, trasformati in museo, che riproducono stanze con mobilia dei primi del novecento, ma certo non sono questi che giustificherebbero la prosecuzione della visita. E’ quello che accade ancora sopra, a partire dalla soffitta, che è destinato a stamparsi indelebilmente nella memo ria di qualunque visitatore.


La soffitta riproduce con travature di legno ciò che nella soffitta Batllò era di cemento bianco. Le volte catenarie (ottenute cioè dalla curva formata da una catena lasciata penzolante e poi, potremmo dire semplicemente se non fosse una cosa terribilmente geniale e complicata, rigirate per riprodurle in forma di arco) si snodano lungo un tracciato curvo che forma una struttura di tunnel intersecanti fra loro e che facilmente fanno perdere l’orientamento. Siamo di nuovo nel ventre di una balena, ma stavolta quello che vediamo è il suo scheletro, una fila ininterrotta di vertebre dove la luce entra, gioca, scorre ritmicamente, gira una curva e si perde. Anche qui la struttura non è fine a se stessa; anche qui, vera fissazione di Gaudì, l’aria dall’esterno può entrare e circolare ad asciugare i panni appena lavati e stesi fra le volte della soffitta.


Dopo la giusta ubriacatura fra le vertebre fluttuanti, si può salire attraverso una delle strette scale a chiocciola ed uscire sulla terrazza. Ed è a quel punto che diventiamo Alice. Alice che non sa più qual’é la sua vera dimensione e che si trova circondata da un bosco di meraviglie.
Difficile descrivere ciò che d’improvviso appare ai nostri occhi. Usciamo dalla semioscurità della soffitta e siamo improvvisamente inondati di luce. E’ la luce del cielo di Barcellona, perché siamo sulla cima di uno dei palazzi più alti. Tutta la città è intorno a noi, quasi sotto, e c’è il mare ad un orizzonte e le colline all’altro. Tutti i tetti della città partono dalla linea del nostro sguardo e corrono verso il loro punto di fuga. Basterebbe questo ma questo è nulla. Il resto è il posto dove siamo. La terrazza sembra una ninfea galleggiante su uno stagno di antenne, un letto di foglie nel sottobosco che prende le forme morbide del terreno sottostante senza rivelarlo. Scende, risale, curva, ondeggia, oscilla.
Al centro si aprono un paio di voragini che poi scopri essere i cortili interni del palazzo, di forma indefinita, profondi e costellati di finestre come pozzi di san patrizio passati sotto il pennello di Dalì che li ha resi flosci come i suoi famosi orologi. E’ inevitabile che ci sia quassù sempre un sacco di movimento di turisti in visita, ma quand’anche riuscissi a salire qui senza nessun altro, non saresti comunque da solo.


Personaggi austeri e improbabili, enormi Elfi, sintesi astratte di guerrieri senza tempo ti guardano da ogni angolo. Non hanno occhi ma ti guardano.
Le uscite delle scale sono trasformate da Gaudì in casupole di streghe con i tetti spiraleggianti e luccicanti di schegge di ceramica, i molti comignoli del palazzo sono alfieri di una enorme scacchiera attorcigliati su se stessi come sotto la forza di una gigantesca pinza. Sembra di trovarsi nel mezzo dell’opera di un gigante che sta costruendo un modellino per il suo figliolo non meno gigante di lui. Puoi pensare, senza sentirti pazzo, che da un momento all’altro potrebbe spuntare una enorme mano e prenderti per mangiarti, o magari semplicemente per scansarti di lì che gli dai fastidio, che lui ci sta ancora lavorando, a quel piccolo giocattolo.
E subito sopra di te, ma proprio subito neanche ti trovassi in Africa, c’è il cielo. Sembra proprio lì, straordinariamente vicino. Forse perché altre cose più alte abbastanza vicine non ne hai, o forse perché è talmente evidente che tutto ciò che ondeggia lassù punta irrimediabilmente al cielo che non può che sembrarti più vicino del solito.
Tutto tranne una cosa.


Proprio dal tetto della Pedrera, se guardi verso est, magari attraverso uno dei buchi aperti in mezzo ai coni delle streghe, nel bel mezzo della distesa di tetti vedi qualcosa che certamente punta verso il cielo più di chiunque altra.
C’è una specie di castello di sabbia bagnata che si allunga verso il cielo come se potesse esistere e re sistere in piedi solo attorcigliandosi all’infinito verso l’infinito, senza mai raggiungerlo.
Già…. Non bastassero casa Batllò, La Pedrera e Parc Güell a fare di Gaudì un genio immortale, c’è proprio lì in mezzo alla città quell’altra follia della Sagrada Familia.
L’ultima cattedrale. La basilica dell’Assurdo.
Che merita da sola l’ultima puntata del viaggio.

26 Maggio 2008

Antoni Gaudì
Casa Milà, detta La Pedrera
(1904-1907)
Passeig de Gràcia, 92 – Barcelona

(Capitolo estratto dalla raccolta “Attraverso le forme” http://ilmiolibro.kataweb.it/libro/arte-e-architettura/39600/attraverso-le-forme/ )

Alessandro Borgogno

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.it/

Illuminismo e Cabala


ILLUMINISMO E CABALA

L’attuale Matrix cacotopica della Cabala è figlia di un cancro totalitario in metastasi: l’illuminismo e i suoi feti deformi, il Capitalismo e il Libero Mercato.
Personalmente trovo ormai un po’ stucchevoli e compassati i testi storici che presentano la giusta vittoria degli Alleati nell’Europa del 1940 come la Liberazione dal Giogo delle Dittature Nazifasciste.
Una vittoria datata più di 70 anni or sono, l’unico leitmotif di cui riesce a pascersi ancora l’Ur-Sinistra senza idee.
Il Nazifascismo e lo Stalinismo sono monstra di cui non sentiamo assolutamente la mancanza.
Ma è possibile che nessuno avverta la necessità, anche solo sul piano accademico, di avviare dialetticamente una critica alla Dittatura dell’Illuminismo, del Capitale e del Mercato?
Chiedo: non è forse il Capitalismo una Dittatura ben più sfrenata e feroce di Nazismo e Stalinismo?
Nessuno osa parlarne.
Chiedo: non è forse tutto il mondo ad essere schiavo e prigioniero – ora più di 70 anni fa – di un campo di concentramento globale e globalizzato, a beneficio di elitisti come Soros, Kissinger, Rockefellers, Rothschilds e di quell’1% di psicopatici che controlla il 99% delle ricchezze mondiali?
Come disvelava Morpheus a Neo in “Matrix”, «la verità è che sei uno schiavo Neo. Come tutti gli altri sei nato in catene».



L’ILLUMINISMO È SERVAGGIO

Jean-Jacques Rousseau se ne era reso conto fin dal 1750:

«Mentre il governo e le leggi provvedono alla sicurezza e al benessere degli uomini consociati, le scienze, le lettere e le arti, meno dispotiche e forse più potenti, stendono ghirlande di fiori sulle catene di ferro ond’essi son carichi, soffocano il loro sentimento di quella libertà originaria per la quale sembravan nati, fan loro amare la loro schiavitù e ne formano i così detti ‘popoli civili’. (citazione da Massimo Fini, “Rousseau e la lotta al consumismo”, dal “Fatto Quotidiano” del 25 luglio 2017).

Ciò che è assurdo è che, mentre la matematica non lineare e la fisica quantistica dominano il mondo della scienza evoluta, nel campo delle scienze economiche e sociali si è rimasti nell’ambito della più stereotipata, e inumana, linearità.


THE INTERNATIONAL CLASS OF BULLION BROKERS

Come hanno disvelato Joseph Patrick Farrell (in Babylon’s Banksters) e David Astle (in Babylonian Woe), fin dai tempi di Babilonia, esisteva una casta di infami criminali che lucrava a livello transnazionale sull’arbitraggio dei metalli preziosi (definita da Farrell “The International Class of Bullion Brokers”) ma soprattutto lucrava sull’usura, sul mercato deglischiavi e sullo sfruttamento di miniereutilizzando fino alla morte gli schiavi di “minor pregio”.
In modo apparentemente incredibile, quello stesso pugno di famiglie domina ancora adesso la Finanza Internazionale.
Quei turpissimi Banksters – creatori della moneta come debito – da Babilonia arrivarono fin nel regno di Giudea vestendo i panni dei cambiavalute che corrompevano e controllavano il Sommo Sacerdote del Tempio di Gerusalemme (e contro cui si scagliò Gesù Cristo con la cacciata dei mercanti dal Tempio), e furono ricchissimi usurai nel mondo greco e romano.
Gli strozzini (appartenenti sempre alle stesse genìe) continuarono a prosperare nel Medioevo come “banchieri”, agendo coperti e avallati dal Templarismo, fino a quando Filippo IV detto il Bello, soggetto ai ricatti di tale nequizia, su consiglio del giurista Guglielmo di Nogaret e del ministro delle finanze de Marigny, decise la soppressione dell’Ordine dei Cavalieri Templari e sequestrò tutti i loro beni in Francia.
[Jacques de Molay capo dell’ordine] nel corso del processo ai Templari del 1307 fu sottoposto a tortura avallando le tesi dell’accusa e quindi condannato alla prigionia a vita. […] L’Ordine dei Templari fu definitivamente soppresso dalla Chiesa cattolica nel 1308.
In seguito Jacques de Molay ritrattò le sue dichiarazioni. Ciò lo condannò al rogo assieme al compagno di prigionia Geoffrey de Charnay. Il rogo fu consumato a Parigi sull’isola della Senna detta dei giudei, nei pressi di Notre Dame, il 18 marzo dell’Anno Domini 1314. (Wikipedia, voce Jacques de Molay)
Aver tagliato la testa al mostro era però servito a ben poco.
Filippo IV venne avvelenato da emissari dei Templari e la sua morte spacciata per ictus cerebrale occorso durante una battuta di caccia.


L’EVOLUZIONE DEI TEMPLARI

In alcuni Paesi i Templari cambiarono semplicemente denominazione (come in Portogallo, ove assunsero il nome diCavalieri di Gesù Cristo), in altri agirono “coperti”. Ma sempre e comunque potevano contare sulle immense risorse finanziarie delle ultracentenarie famiglie degli originari “bullion brokers”.
Proprio da tale marcescente fiume sotterraneo nacquero la Massoneria Eversiva, l’Ordine degli Illuminati, il Carbonarismo…
Ma – soprattutto – da tale Matrix corrotta si evolse l’illuminismo.
L’illuminismo, e quindi la civiltà occidentale, sono permeati da una dialogica demoniaca e autodistruttiva.
La pretesa arrogante della scienza illuminista di riuscire ad aumentare sempre di più il potere dell’uomo sulla materia si trasforma, de facto, nel potere assoluto dell’uomo sull’uomo, e nella riduzione in schiavitù dell’individuo nei confronti deidesiderata del Capitalismo e del Libero Mercato.


L’ILLUMINISMO TOTALITARIO

Come scrivevano i filosofi della Scuola di Francoforte,

L’illuminismo è totalitario più di qualunque [altro] sistema. […]

Si dà ragione a ciò che è di fatto, la conoscenza si limita alla sua ripetizione, il pensiero si riduce a tautologia. Quanto piú l’apparato teorico si asservisce tutto ciò che è, e tanto piú ciecamente si limita a riprodurlo. Cosí l’illuminismo ricade nella mitologia da cui non ha mai saputo liberarsi. Poiché la mitologia aveva riprodotto come verità, nelle sue configurazioni, l’essenza dell’esistente (ciclo, destino, dominio del mondo), e abdicato alla speranza. Nella pregnanza dell’immagine mitica, come nella chiarezza della formula scientifica, è confermata l’eternità di ciò che è di fatto, e la bruta realtà è proclamata il significato che essa occlude. Il mondo come gigantesco giudizio analitico, […]

Nel mondo illuminato la mitologia è penetrata e trapassata nel profano. La realtà completamente epurata dai demoni e dai loro ultimi rampolli concettuali, assume, nella sua naturalezza tirata a lucido, il carattere numinoso che la preistoria assegnava ai demoni.

L’apparato economico dota automaticamente, prima ancora della pianificazione totale, le merci dei valori che decidono del comportamento degli uomini. Attraverso le innumerevoli agenzie della produzione di massa e della sua cultura, i modi obbligati di condotta sono inculcati al singolo come i soli naturali, decorosi e ragionevoli. Egli si determina piú solo come una cosa, come elemento statistico. […]

Tutto il resto, idea o criminalità, apprende la forza del collettivo, che fa buona guardia dalla scuola al sindacato. Ma anche il collettivo minaccioso è solo una superficie fallace dietro cui si nascondono i poteri che ne manipolano la violenza. La sua brutalità, che tiene il singolo a posto, rappresenta altrettanto poco la vera qualità degli uomini come il valore quella degli oggetti di consumo. L’aspetto satanicamente deformato che le cose e gli uomini hanno assunto alla luce chiara della conoscenza spregiudicata, rinvia al dominio, al principio che operò già la specificazione del mana negli spiriti e nelle divinità e che invischiava lo sguardo nei miraggi degli stregoni. (M. Horkheimer – Th. W. Adorno, Dialettica dell’illuminismo)

Avevano compreso, i francofortesi, l’apodittica verità: l’illuminismo è solo una religione assolutista e totalitaria, tesa a sostituirsi a tutte le altre religioni, il cui simbolo è la statua di Ecate-Libertas posta davanti a New York (guarda caso è la città denominata la “nuova Babilonia”) e il cui Dio è il creatore della più marcia e corrotta materia, cioè il Demiurgo-Tetragrammaton-Yaldabaoth.


YALDABAOTH DIETRO IL CAPITALISMO


il dio veterotestamentario (conosciuto da alcuni gruppi gnostici come Yaldabaoth) è inconsistente, geloso, rabbioso e perpetratore di massacri, e il mondo materiale creato da lui è difettoso, un luogo pieno di sola sofferenza
Il creatore, per i marcioniti, doveva essere necessariamente […] un maligno demiurgo. (Wikipedia, voce Marcionismo).

Le epifanie di questa corrotta divinità sono il Capitalismo, il Neoliberismo e il Libero Mercato.


I DISVALORI DELL’ILLUMINISMO

A provare quanto sopra giungono le affermazioni del massone Jacques Attali, il Demiurgo-Pigmalione di Macron-Galatea:

Il mercato si estenderà fino a quei settori ai quali finora non aveva accesso: come la sanità, l’educazione, la giustizia, la polizia, gli affari esteri…

E nello stesso momento, in parallelo, nella misura in cui non ci sono regole di diritto, il mercato, si estenderà a dei settori oggi considerati come illegali, criminali come la prostituzione, il commercio degli organi, il commercio delle armi, il racket ecc..

E dunque avremo sempre più un mercato che dominerà, provocando una concentrazione delle ricchezze, un’ineguaglianza crescente, una priorità assoluta data dal breve termine e dalla tirannia del momento presente e del denaro.

Fino e compreso alla commercializzazione della cosa più importante: la vita, la trasformazione dell’essere umano in un oggetto mercantile. Esso diventato un clone e un robot di se stesso.

Se questa non è la prova che l’estremo Capitalismo, il Laissez Faire, il Libero Mercato, a cui siamo giunti non è puro male, non è l’espressione di un Dio minore e maligno, se questo non è mero satanismo, non so cosa possa esserlo.

La vita di un essere umano è una merce!

L’Oligarca Warren Buffett gongolava affermando che «La lotta di classe esiste da venti anni e la mia classe l’ha vinta. Noi siamo quelli che hanno ricevuto riduzioni fiscali in modo drastico e radicale». Ghignando, sottolineava che la sua segretaria, con il misero stipendio attribuitole, pagava più tasse di lui.

Questi sono i valori, anzi i dis-valori dell’Illuminismo Totalitario e dei suoi feti deformi: il Capitalismo e il Libero Mercato!



PRIGIONIERI NELLA MATRIX DELLA CABALA

Qual è la differenza tra l’illuminismo totalitario e satanico in cui viviamo oggi e l’antica Roma in cui gli esseri umani erano trattati come merce?
Beh, una differenza c’è…
Allora si erse un ignoto schiavo, Spartacus, per rivendicare i suoi diritti di uomo libero e fece tremare per anni la potentissima e demoniaca Repubblica romana.
Oggi tutti sono talmente impegnati a scrivere post su Facebook da non rendersi neanche conto che anche FB è un mezzo utilizzato dalla Cabala Mondiale per renderli sempre più schiavi del Neoliberismo e del Tanatocapitalismo.
L’uomo moderno, affermava Martin Heidegger «è in fuga davanti al pensiero», ma se presto non avviene un “cambiamento di paradigma” ipotizzato da Thomas Kuhn, nell’Umanesimo, nel modo in cui tutti gli esseri umani concepiscono se stessi, la propria vita e il proprio futuro, presto, proprio grazie al Capitalismo e al Libero Mercato. la Civiltà Umana sparirà dalla Terra.
E, forse, non è una cattiva notizia.
Oppure dobbiamo sperare nel ritorno di Gesù Cristo sulla Terra, o di un Neo, poiché viviamo nella Matrix della Cabala Mondiale.
“L’Architetto” in Matrix dichiara con sprezzo a Neo«la Speranza è la quintessenziale espressione dell’illusione umana».
Ma è proprio questa la Forza che rende Noi Umani migliori delle Macchine e degli Psicopatici della Cabala.

Matrix
fonte http://www.isoladiavalon.eu/illuminismo-e-cabala/

fonte: http://alfredodecclesia.blogspot.it/

sabato 23 settembre 2017

Movimento 5 stelle

DALLO STATO DI DIRITTO ALLO STATO DI POLIZIA





di Gianni Lannes

Il regime: Italia da culla del diritto a tomba della giustizia. Un antico adagio recita: “sbagliare è umano, perseverare è diabolico”. Sei onorevoli del movimento 5 stelle (Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti, Ferraresi e Sarti, laureati in giurisprudenza) hanno presentato il disegno di legge 4299, che alla lettera recita: “Modifica dell'articolo 403 del codice civile, in materia di intervento della pubblica autorità a favore dei minori”. Ecco testualmente cosa prevede la loro recente proposta normativa all’attenzione ora della Camera dei deputati:

“Art. 1.  1. L'articolo 403 del codice civile è sostituito dal seguente: «Art. 403. – (Intervento della pubblica autorità a favore dei minori). Quando il minore si trovi in uno stato, accertato o evidente, di abbandono morale o materiale e, comunque, per le condizioni in cui è allevato, si trovi esposto a grave pericolo per il suo benessere fisico e psichico, la pubblica autorità, preferibilmente a mezzo degli organi di protezione dell'infanzia, lo colloca in un ambiente sicuro, sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione, valutando, in via prioritaria, la possibilità di una collocazione presso parenti entro il quarto grado di accertata idoneità. L'autorità procedente deve, entro ventiquattro ore, dare notizia del provvedimento preso ai sensi del primo comma al procuratore presso il tribunale per i minorenni che, verificata la fondatezza delle ragioni dell'intervento della pubblica autorità, senza indugio, promuove l'adozione degli opportuni provvedimenti ai sensi dell'articolo 336 del presente codice nonché, ove ne ricorrano le condizioni, degli articoli 9 e 10 della legge 4 maggio 1983, n. 184»”.

Ieri colpiti nel vivo dalle mie argomentazioni critiche e comunque di livello dialettico (niente di personale!) hanno replicato sul blog 5 stelle sostenendo che non c’è alcun rischio che lo Stato tolga a madri e padri i figli non vaccinati; insomma sterili polemiche. Purtroppo, non è così. La loro proposta è insidiosa ed evidentemente ambigua in tal senso, perché consentirebbe ancor più alle istituzioni di destabilizzare una famiglia come accade spesso da troppo tempo.
Non bisogna essere premi Nobel del diritto italidiota, sia pure eterodiretto dall'estero per comprendere dove si vuole andare a parare, magari inconsapevolmente. Se l’etimologia dei termini usati dai sei predetti onorevoli pentastelluti ed il significato della lingua italiana non è stato invertito per legge o mutato nottetempo per decreto dal governo abusivo dell’eterodiretto Gentiloni, ciò significa che le cosiddette autorità, non si sa bene in base a quale criterio civile o democratico o comunque costituzionale, possono sottrarre i figli ai genitori se reputano a loro esclusiva discrezione - cito ancora testualmente il testo grillino - Quando il minore si trovi in uno stato, accertato o evidente, di abbandono morale o materiale e, comunque, per le condizioni in cui è allevato, si trovi esposto a grave pericolo per il suo benessere fisico e psichico, la pubblica autorità, preferibilmente a mezzo degli organi di protezione dell'infanzia, lo colloca in un ambiente sicuro…».

A parte l’abominio di sottrarre i bambini ai genitori naturali, una prassi tutta italiana in cui sguazzano numerosi giudizi minorili con palesi conflitti di interessi speculativi, poiché titolari di società che gestiscono le “case famiglia” dove sono reclusi circa 30 mila minori, che garantiscono un giro d’affari sui circa 3 miliardi di euro all’anno, nonché di assistenti sociali più spietati degli aguzzini, a rigor di logica, seguendo questa suddetta falsariga, se l’autorità reputa che un nucleo familiare recalcitrante alle vaccinazioni coercitive e dunque disubbidiente, può di fatto annullare la potestà genitoriale e sequestrare il piccolo malcapitato. La mancata vaccinazione alla luce di quanto evidenziato, può essere considerato un pericoloso motivo di allontanamento familiare.

I sei onorevoli pentastellati sono consapevoli di averla fatta grossa oppure no? Ma non hanno altro da combinare e non c’è qualcosa di significativo di cui occuparsi? Nel primo caso possono ritirare il provvedimento e chiedere scusa pubblicamente agli italiani, altrimenti, è evidente tutta la coerenza, con il movimento 5 stelle che si è già pubblicamente espresso per “la massima copertura vaccinale”. Allora ci fanno o ci sono? Dalle stelle alle stalle? Grillini, per cortesia, non siate grullini: gli italiani non hanno l'anello al naso.

riferimenti:











Gianni Lannes, BAMBINI A PERDERE, Pellegrini, Cosenza, 2016.



Gianni Lannes, VACCINI DOMINIO ASSOLUTO, Nexus Edizioni, Battaglia Terme (PD), 2017.





















finanziata da Bill Gates

MIT sta sviluppando un impianto di microparticelle che somministra vaccini automaticamente nel tempo

Una nuova scoperta potrebbe rivoluzionare il modo in cui i vaccini infantili vengono somministrati, poiché i ricercatori della MIT hanno inventato un modo per somministrare più dosi di vaccino o di farmaco in un lungo periodo di tempo con una sola iniezione.
Il processo prevede l’invenzione di un “nuovo metodo di fabbricazione 3D che può generare un nuovo tipo di particella “portatrice” del farmaco che potrebbe consentire la somministrazione di dosi multiple di un farmaco o di un vaccino per un lungo periodo di tempo”, secondo MIT News.
Questa nuova tecnica di fabbricazione, denominata SEAL (Assemblaggio stampato di strati di polimeri), crea microparticelle tridimensionali, assomigliano a piccole tazze di caffè che possono essere riempite con vaccini o farmaci, e poi sigillati con un “coperchio”. Le “coppe”, realizzate in un polimero biocompatibile omologato dalla FDA, possono essere progettate per degradarsi in tempi specifici, e far uscire i contenuti.
“Siamo molto entusiasti di questo lavoro perché, per la prima volta, possiamo creare una biblioteca di piccole particelle contenenti vaccini, ciascuna programmata per rilasciare il prodotto in un momento preciso e prevedibile, affinché le persone possano ricevere una singola iniezione con incorporate più formule. Questo potrebbe avere un impatto significativo sui pazienti ovunque, specialmente nei paesi in via di sviluppo in cui la maggior parte dei pazienti è particolarmente povera”, ha dichiarato Robert Langer, un noto chimico e biologico presso l’Istituto David H. Koch di MIT 
E se non c’è dubbio che si tratti di una chiara rivoluzione nella bioingegneria, con numerose applicazioni, non mancherà la preoccupazione per molti genitori relativa a questo “rilascio di dose” nel tempo e di un potenziale rischio di complicanze se i booster multipli falliscono o si degradano prima.
Secondo un rapporto della MIT News :
Il laboratorio ha iniziato a lavorare sulle nuove particelle come parte di un progetto finanziato da Bill e dalla Fondazione Melinda Gates, che stava cercando un modo per somministrare più dosi di vaccino per un determinato periodo di tempo con una sola iniezione. Questo permetterebbe ai neonati nelle nazioni in via di sviluppo, che possono andare dal medico quando gli pare e piace, di ottenere un’iniezione dopo la nascita, che fornirebbe tutti i vaccini durante il primo o il secondo anno di vita.
E se le “capsule” si aprono tutte in solo momento? Rilascerebbero un “sovradosaggio” di vaccino, questa opzione non va sicuramente sottovalutata.
Nelle prove in laboratorio con i topi, le microparticelle sono state rilasciate con successo a 9, 20 e 41 giorni dopo l’iniezione. I ricercatori hanno usato l’ovalbumina, una proteina trovata nei bianchi d’uovo spesso utilizzata per stimolare una risposta immunitaria, per verificare se le particelle conservassero la loro efficacia all’interno delle tazze “minuscole”. I topi presentavano una forte risposta immunitaria a 9, 20 e 41 giorni dopo l’iniezione iniziale, suggerendo che la il funzionamento di questa tecnica. Ma non ci sono ancora sperimentazione cliniche umane.
Secondo il rapporto MIT News:
I ricercatori hanno anche progettato particelle che possono degradare e rilasciare, centinaia di giorni dopo l’iniezione. Una sfida per lo sviluppo di vaccini a lungo termine basati su tali particelle, dicono i ricercatori, sta assicurando che il farmaco o il vaccino incapsulato rimanga stabile alla temperatura corporea per un lungo periodo prima di essere liberato. Ora stanno testando queste particelle di erogazione con una varietà di farmaci, inclusi i vaccini esistenti, come il vaccino antipolio inattivato e nuovi vaccini ancora in fase di sviluppo. Lavorano anche su strategie per stabilizzare i vaccini.
A causa dei finanziamenti provenienti dalla Fondazione Bill e Melinda Gates, probabilmente, il progetto otterrà una forte spinta internazionale – in particolare in India. Ma non bisogna dimenticare che recentemente sono morti sette bambini durante la sperimentazione clinica dei vaccini HPV proprio in India, bambini in case famiglie o comunque poveri, i cui genitori erano analfabeti e non sapevano che cosa stavano firmando, secondo quanto riferito alla Corte Suprema dell’India.
Una relazione del The Economic Times of India riporta le frodi e gli scandali che circondano l’incursione dell’impero dei vaccini Gates in India.
L’articolo, intitolato Controversia sui vaccini: Perché la Fondazione Bill & Melinda Gates è sotto il fuoco in India ?, riporta il caso che è andato davanti alla Corte Suprema dell’India per quanto riguarda la morte di sette ragazze e centinaia di lesioni che si sono verificate durante le sperimentazioni cliniche di vaccini HPV.
Le prove sono state condotte su migliaia di ragazze tra i 9 e 15 anni – migliaia di persone che vivevano in case per famiglie povere – la maggior parte dei quali e dei loro genitori non era a conoscenza di quale tipo di sperimentazione clinica si stava svolgendo.
Secondo il rapporto Economic Times of India:
Un comitato permanente sul benessere sanitario e familiare che ha esaminato le irregolarità relative agli studi di osservazione in India ha presentato la sua relazione.
Il comitato ha scoperto che il consenso per condurre questi studi, in molti casi, è stato preso dai proprietari delle case famiglie, una flagrante violazione delle norme. In molti altri casi, le firme digitali dei loro genitori poveri e analfabeti sono state apposte sul modulo di consenso. I bambini non avevano ancora idea della natura della malattia o del vaccino.
Quando i ricercatori come abbiamo riportato sopra, dicono “Questo potrebbe avere un impatto significativo sui pazienti ovunque, specialmente nei paesi in via di sviluppo in cui la conformità del paziente è particolarmente povera”, di sicuro l’India avrebbe qualcosa ridire a riguardo.
Fonte tratta dal sito .

fonte: http://wwwblogdicristian.blogspot.it/

martedì 12 settembre 2017

l'immaginazione materializzata. La Barcellona di Gaudì


Difficile immaginare cosa sarebbe Barcellona se non avesse avuto fra i suoi più illustri cittadini (forse il più illustre, di sicuro il più straordinario) Antoni Plàcid Guil-lem Gaudí y Cornet, detto Antoni Gaudì, architetto. 
Di sicuro lui, con un numero relativamente limi­tato di opere e in un arco abbastanza circoscritto di anni, ha donato per i secoli alla città catalana la sua immagine di modernità facendola partire addirittura dall’ottocento e facendocela trovare ancora vivissima oggi, nel nuovo millennio.



Gaudì è stato un genio, nel senso più compiuto del termine, per almeno due ragioni fra le tante.
La prima è che, sebbene inserito nella corrente ar­tistica di fine ottocento-primi del novecento co­nosciuta come modernismo (declinata in varie nazioni con altri famosi nomi come art noveau, li­berty e via dicendo), è alla fin fine sfuggito anche ad essa creando un genere e un tipo di architettura mai totalmente classificabile e soprattutto mai più ri­presa compiutamente da altri. L’architettura di Gaudì è solo e soltanto architettura di Gaudì, al di fuori di qualsiasi corrente o genere.


La seconda è che la sua sfrenata immaginazione e la sua fantasia spinta al limite dell’assurdo è sempre stata esercitata con l’obiettivo di creare opere con­crete e funzionali, palazzi, chiese o altri ambienti che per quanto fantastici e apparentemente folli fos­sero sempre e comunque per prima cosa palazzi, case, ambienti dove le persone devono vivere e muoversi. La storia dell’architet-tura, soprattutto mo­derna e contemporanea, è ab-bondante di progetti e disegni assolutamente fantastici da punto di vista estetico e anche simbolico che però non hanno al­cuna seria possibilità di realizzazione pratica. Le case di Gaudì, nella loro apparente assurdità di forme e di materiali, sono altrettanto straordinarie per la quantità di soluzioni geniali applicate alle più spicciole esigenze pratiche di chi doveva poi abitarle. Non soltanto stanno in piedi solidamente da più di un secolo a dispetto delle loro forme ap­parentemente illogiche, ma gli ambienti sono co­modi, le stanze sono funzionali, le aperture ap­parentemente più stravaganti hanno sempre uno scopo pratico anche quando sembrerebbero puro esercizio di stile.


Nel visitare le sue realizzazioni più significative, in particolare Casa Batllò e Casa Milà (La Pedrera), entrambe orgogliosamente affacciate da cento anni sul Passeig de Gràcia, l’effetto predominante diventa comunque quello di vivere un’esperienza che supera i confini dell’architet-tura e forse anche dell’arte co­me di solito la intendiamo, tanto vengono stimolati e chiamati in causa i sensi biologici come quelli intel­lettuali in un intreccio inestri-cabile.


La visita alla casa Batllò, realizzata dal 1904 al 1907 come imprevedibile ristrutturazione di un edi­ficio pre-esistente di proprietà dell’omonimo ricco industriale tes-sile, ci offre due effetti distinti e con­seguenti.
Dopo l’iniziale folgorazione esterna che ci fa am­mirare per un po’ a bocca aperta la facciata morbi­damente ondulata come fosse fatta d’acqua e bril­lante di fram-menti di ceramica colorata che la fanno sembrare la superficie di uno stagno primaverile ribaltata in verticale contro ogni logica di gravità, la visita si trasforma, una volta varcato l’ingresso, in un autentico viaggio allucinante dove l’immaginazione prende forma e si concretizza non solo davanti ai nostri occhi, ma sopra, sotto e tutt’intorno a noi in modo solido, concreto, funzionale.


Si entra letteralmente nelle viscere di un animale, probabilmente acquatico, e ci si muove nel suo in­terno scoprendo e constatando gli aspetti estetici e funzionali di tutti i suoi organi, come Geppetto nel ventre della balena. Scale che salgono con le forme curve di un intestino, finestre che sembrano uova di gattuccio appese ad alghe, spirali di conchiglie, camini a forma di fungo, forme naturali trasformate in architettura e in strumenti funzionali alla vita della casa. E nel salone principale ci regala, come dif­ficilmente può accadere in altri luoghi, l’indescri­vibile sensazione di essere pesci dentro un acquario, mentre fuori dalle enormi splendide vetrate curvi­linee scorre attutito, giureresti dall’acqua, il traffico e il caos della Barcellona più viva.
Impossibile anche solo elencare la quantità di me­raviglie e di soluzioni geniali e inaspettate che ad ogni angolo sorprendono il visitatore. Vetrate opa­che che fanno passare luci e ombre evocative, un cortile interno piastrellato di azzurro brillante che sembra un lussuosissimo bagno inspiegabilmente rivoltato come un calzino, porte modellate in curve arboree, vetrate appositamente screziate a ripro­durre effetti liquidi e stranianti, comignoli, sulla straordinaria terrazza, mosaicati e contorti come bizzarri elfi marini. 


Poi, in mezzo a questo tripudio di fantasia, con­tinuando a vagare in questo delirio di forme fuori dal tempo e dallo spazio, improvvisamente cogli l’es­senza vera di tutto questo, che non è puro stile o eccessiva stravaganza o semplice volontà di stupire. Vedi, dietro una finestra magari a forma di vongola affogata nel blu delle ceramiche marine, una stanza. Uno studio, con una lampada da tavolo, una libreria, un tavolo, delle poltrone. Ti ricordi, e ti accorgi di non averlo mai dimenticato, che questa è una casa, ed è una casa abitata ancora oggi, ed è soprattutto una casa abitabile. Comoda, pratica, funzionale. Nulla di ciò che è stato costruito per stupire l’occhio è stato realizzato a scapito della vivibilità o della praticità della vita quotidiana. Le soffitte ad archi catenari sono pensate per lavare e asciugare i panni con l’aria esterna che ci circola in mezzo anche se è brutto tempo, le stanze sono pensate per viverci, cucinare, dormire, il camino sarà pure a forma di fungo, ma è fatto per riscaldare e per starci anche seduti comodamente dentro, al calduccio, nelle fred­de sere invernali, le aperture più stravaganti servono sempre a portare la luce naturale in ogni angolo del­la casa.


Capisci così la vera natura del genio, e la sua grandezza unica. Studiare, elaborare, riprodurre le forme naturali per farne meraviglia dell’occhio e piacere dei sensi, ma sempre e comunque per farle diventare, con un dominio della complessità e una maestria tecnica che si può solo immaginare, oggetti e ambienti utili alle esigen-ze umane.
Nell’orgia di fantasia e di eccesso che ancora oggi stupisce chiunque a distanza di un secolo e che nessun altro ha mai osato o è mai riuscito a repli­care, Gaudì ci indica ancora cos’è, e cosa dovrebbe sempre essere, l’architettura.

26 Maggio 2008
Antoni Gaudì
Casa Batllò
(1904-1907)
Passeig de Gràcia, 43 – Barcelona


Alessandro Borgogno


(Capitolo estratto dalla raccolta “Attraverso le forme” http://ilmiolibro.kataweb.it/libro/arte-e-architettura/39600/attraverso-le-forme/ )

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.it/