Gli ignudi sono, nel campo dell'arte rinascimentale, delle figure nude, variamente atteggiate, che spesso si rifanno alla statuaria antica. Particolarmente famosi sono gli Ignudi dipinti da Michelangelo, in particolare sulla volta della Cappella Sistina.
Storia
La parola ignudo, versione arcaica e toscaneggiante dell'aggettivo nudo, deve la sua diffusione agli scritti di Giorgio Vasari e altri storici dell'arte. La diffusione di figure di "ignudi" nell'arte rinascimentale, sebbene riprendenti citazioni classiche già in voga fin dall'arte tardo-medievale (da Nicola Pisano in poi), è legata in primo luogo all'arte laurenziana, fiorita a Firenze sotto Lorenzo il Magnifico, in cui si ebbe una più marcata ricerca di rievocazione dell'antichità. Tra i primi artisti che usarono figure di "ignudi" ci furono Piero della Francesca (Adamiti), Antonio del Pollaiolo (celebre la sua Danza di nudi, che riprende la pittura vascolare greca), Pietro Perugino (Apollo e Dafni). Verso la fine del XV secolo il motivo degli "ignudi" iniziò a essere impiegato per decorazioni e come citazione colta. Ne è un esempio la Madonna col Bambino tra ignudi di Luca Signorelli (1490 circa), alla quale si rifece pochi anni dopo Michelangelo col Tondo Doni (1506-1508 circa).
Ignudi della Cappella Sistina
Celebre è la serie degli Ignudi sulla volta della Cappella Sistina, affrescata da Michelangelo tra il 1508 e il 1512. Essi decorano, a gruppi di quattro, gli spazi tra i riquadri minori delle Storie della Genesi. Essi siedono su plinti che, a differenza della cornice superiore dei troni dei Veggenti, non sono scorciati dal basso, assecondando l'andamento curvilineo della volta.
Gli Ignudi, che hanno un'altezza variabile dai 150 ai 180 cm, sostengono festoni con foglie di quercia, allusive allo stemma dei Della Rovere, e dei nastri che reggono i medaglioni che simulano l'effetto del bronzo. Gli Ignudi sono caratterizzati da pose riccamente variate, impostate a complesse torsioni, con un'indiscutibile bellezza fisica e anatomica.
Nelle prime coppie, più vicine alla parete d'ingresso da dove iniziò la decorazione, venne usato uno schema simmetrico, ricorrendo quasi sicuramente a un medesimo cartone ribaltato. Le coppie seguenti hanno una maggiore scioltezza, fino alle ultime, vicine all'altare, che presentano una massima libertà compositiva e la tendenza marcata a invadere i riquadri delle Storie. Sono stati interpretati come cariatidi, ma non sostengono niente, o come prigioni, ma non sono legati o incatenati. Vasari li indicò come simboli dell'età dell'oro, mentre la critica moderna ha parlato di simboli neoplatonici, o comunque teologici: l'interpretazione più convincente è che siano figure angeliche, nell'accezione di figure intermedie "tra gli uomini e la divinità" (Charles de Tolnay). Essi inoltre hanno quella bellezza che, secondo le teorie rinascimentali come la famosa Oratio de hominis dignitate di Giovanni Pico della Mirandola, è unita all'esaltazione delle facoltà spirituali e pone l'uomo al vertice della Creazione, fatto "a immagine e somiglianza" di Dio.
Due poliziotti in mondovisione (nomi e cognomi, persiono le foto), uno di loro è ferito. E a terra, nella notte, a Sesto San Giovanni, un giovane tunisino: Anis Amri. «Era lui il killer di Berlino?», si domanda Massimo Mazzucco su “Luogo Comune”. «Vedete? Anche la polizia e i servizi tedeschi imparano presto», scriveva giorni fa Maurizio Blondet. «Prima si lasciano scappare il terrorista della strage di Natale; ma il giorno dopo, guardando meglio, scoprono che – come tutti i terroristi islamici – ha lasciato nel vano porta-oggetti il suo documento di prolungamento della permanenza in Germania, che è praticamente la prova della sua identità». Lo ha fatto uno dei fratelli Kouachi dopo aver sparato a quelli di Charlie Hebdo. E lo stragista di Nizza, Lahouaiej-Bouhlel? «Anche lui, prima di lanciarsi nella folle corsa omicida e suicida, pone in bella vista patente di guida, carta d’identità, telefonino, persino carte di credito». Ricorda la storia, sempre uguale, dei documenti dei “terroristi” emersi tra le macerie dell’11 Settembre, in mezzo all’apocalisse. «Da allora, è una certezza per gli investigatori: cercate bene sui sedili, sotto la cenere, nella guantiera, e smetterete di brancolare nel buio». Un copione: diffondere ai media l’identità del “mostro” da braccare. Se intercettato, «invariabilmente risponde al fuoco gridando “Allah Akhbar!”. Sicchè non ne vien preso vivo uno. Succederà, possiamo profetizzarlo, anche al “tunisino “ identificato dalla polizia tedesca».
Queste righe, Blondet le scriveva il 21 dicembre, cioè quasi due giorni prima l’evento sanguinoso di Milano, che ha fatto il giro del mondo. «Ma com’è che ora si pubblica, oltre al nome e cognome, anche la fotografia del poliziotto che ha appena ucciso un terrorista?», si domanda Francesco Santoianni. «Una ipotesi: Marco Minniti – da tempo immemorabile tutor dei servizi segreti e ora anche ministro dell’interno – si era reso conto che la morte di Anis Amri – identificato come il responsabile della strage con il Tir a Berlino grazie ad un ennesimo documento di identità, miracolosamente ritrovato dopo 24 ore – per mano di un ignoto avrebbe legittimato in tutta l’opinione pubblica i sospetti che Anis Amri non fosse altro che un Patsy», cioè un capro espiatorio, paragonabile a Lee Harvey Oswald, l’apparente killer di John Kennedy. «Poliziotto – continua Santoianni, in un post ripreso da “Come Don Chisciotte” – al quale auguriamo che – dopo il nome, la fotografia, l’account Facebook – non venga pubblicato anche il suo indirizzo di casa». Se le “stranezze” abbondano, irrompe l’inevitabile corredo di dietrologie: Federico Dezzani si spinge a ipotizzare «un assist anglomericano all’Italia, ai danni della Germania», contraria alla nazionalizzazione di Mps, “punita” ora con la dimostrazione di efficienza della polizia italiana, che comproverebbe l’inadeguatezza di quella tedesca.
«Poca gloria, ma in compenso molte domande», sintetizza “Piotr” su “Megachip”: «Come sapevano che era proprio questo tizio alla guida del camion che ha fatto strage a Berlino? Semplice. Come al solito, hanno trovato – toh, guarda – un suo documento nella cabina del camion, sotto il sedile. Come mai allora l’efficientissima polizia tedesca aveva arrestato un pakistano che non c’entrava nulla? Ci hanno messo veramente un giorno a trovare un documento sotto il sedile dell’arma del crimine? Ma va là». La sequenza, sottolinea “Megachip”, si ripete con un cliché incredibilmente monotono: prima un attentato “imprevisto”, poi il ritrovamento dei documenti degli attentatori sul luogo del crimine, quindi la dichiarazione che l’attentatore era già sospettato, magari sotto sorveglianza (però l’attentato lo riesce a fare lo stesso, invariabilmente). Quindi scatta la caccia all’uomo. Finale: «Conflitto a fuoco e uccisione del sospetto. Niente cattura e interrogatorio. Nemmeno per Osama bin Laden». Identica sceneggiatura: «Qualcuno sta usando sempre lo stesso canovaccio. Non chiedetemi chi. Non ho le prove», ammette “Piotr”. L’importante, conclude, è vedere che la narrazione ufficiale «non sta in piedi, ed è diventata mortalmente noiosa». Intanto, «gli innocenti continuano ad essere ammazzati, per la gloria di poche élite, pronte a scatenare tutte le loro speculazioni politiche e gli stati di emergenza sull’onda di una campagna di terrore e tensione».
Mentre Gianni Lannes - che ha già smascherato pubblicamente ed inequivocabilmente il sindaco Riccardi del piddì - si sta battendo alla luce del sole, unitamente alle persone più sensibili della città di Manfredonia come Italo Magno e tanti altri, per impedire che venga impiantato a tutti i costi, violando leggi italiane e norme comunitarie, un complesso industriale a rischio di incidente rilevante secondo le direttive Seveso, che movimenterà 300 mila tonnellate all'anno di gas a petrolio liquefatto, in riva a questo angolo storico dell'Adriatico, un comico pugliese, ma che di certo non rappresenta neanche vagamente la Puglia, si piazza sul libro paga di Diamante Menale e fa da testimonial all'Energas (spot su telenorba). Alla festa a Villa Diamante il 15 dicembre scorso erano per caso presenti anche funzionari e/o dirigenti del Ministero dello Sviluppo Economico che hanno in carico il procedimento per il rilascio dell'autorizzazione unica? Ecco chi vuole realizzare lo stupro ambientale della Daunia. La Kuwait Petroleum in Italia è rappresentata ancora dai fratelli Cosentino?
"Napoli, Lino Banfi star del galà di Energas e Q8 a Villa Diamante"
Mentre le autorità tedesche hanno diramato la notizia che l’attentatore di Berlino è stato identificato perché ha dimenticato nel camion i suoi documenti – come nel caso dell’attentato al Bataclan, ed in diversi altri episodi – anche l’uccisione dell’ambasciatore russo in Turchia sembra presentare diversi punti oscuri.
L’assenza di altri appartenenti alle forze dell’ordine, oltre all’omicida: che dopo aver aperto il fuoco ha avuto un minuto di tempo per il suo bel teatrino dinnanzi alle videocamere.
L’attentatore avrebbe esploso ben 8 proiettili a distanza ravvicinata, tutti indirizzati al torace della vittima. Ma nonostante sia stato crivellato di colpi in terra non appare il classico lago di sangue. Eppure ben otto proiettili avrebbero dovuto provocare la copiosa fuoriuscita del sangue, specialmente dopo qualche minuto. con ferite di tale gravità, almeno 3 dei 5 litri di sangue da cui è composto un corpo umano medio dovrebbero fuoriuscire.
Un soggetto colpito da numerosi colpi in quel modo sarebbe dovuto cadere in avanti, a causa della spinta dei proiettili. Invece è caduto indietro, in modo da coprire le ferite. Ricordiamo nel caso dell’esecuzione di un poliziotto davanti alla sede di Charlie Hebdo un poliziotto fu colpito con un colpo di kalashnikov a distanza ravvicinata senza fuori uscite di sangue o altro.
Dopo l’esecuzione diverse persone sono rimaste nella scena, alcune senza manifestare preoccupazione (vedi foto di seguito)
Infine come spesso accade in casi come questi, l’attentatore è stato ucciso. Così non sarà interrogato. La polizia turca è intervenuta dopo alcuni minuti e ha aperto immediatamente il fuoco freddando l’uomo. Eppure dopo avere ucciso l’ambasciatore non aveva sparato ad altri presenti, rivendicando il gesto. Perché non hanno provato ad indurlo ad arrendersi?
Come spesso accade i punti oscuri in questi casi sono sempre numerosi…
Donald Trump dovrebbe “perdonare” gli americani per la loro ignoranza e condurre «un assalto frontale contro il “New York Times” e il “Wall Street Journal”, che ai cittadini hanno raccontato il contrario della verità». Se farà davvero un accordo strategico con Putin, il neopresidente «dimostrerà la sua serietà». Parola di Ray McGovern, ex dirigente della Cia. «Non sappiamo se Trump riuscirà a governare in modo indipendente dall’establishment: Jimmy Carter ci provò, ma non ci riuscì». L’unica buona notizia è che Hillary ha perso: «Si allontana così il rischio di una guerra nucleare», che McGovern – curatore del briefing quotidiano alla Casa Bianca dal 1963 fino al 1990 – giudicava concreto, con la Clinton al comando. Ma non c’è da stare allegri: «La situazione ricorda quella della Germania all’indomani dell’incendio del Reichstag nel 1933, che lanciò Hitler». Il problema? «Gli americani vivono sotto minaccia, dall’11 Settembre». Prima Bush, poi Obama, hanno calpestato la Costituzione in nome della sicurezza. E tutto, sulla base di rischi inventati di sana pianta, come le inesistenti armi di Saddam. Pessimo affare: l’America è nei guai, quindi anche il mondo. C’è solo da sperare che Trump sia sincero, e che non venga mangiato vivo dal super-potere.
«Credo che a breve vedremo di che pasta è fatto, Donald Trump», dice McGovern a Giulietto Chiesa, in una video-intervista concessa a “Pandora Tv”. «A parire dall’11 settembre 2001 – dice – gli americani si sentono spaventati, in pericolo: ed è stato l’establishment ad alimentare queste paure». Ora tocca a Trump: riuscirà a non farsi spolpare subito da Wall Street e dal Pentagono? A quanto sembra, le aperture verso la Russia lo confermerebbero. Poi c’è il fronte interno: «Le elezioni si vincono e si perdono sulle questioni economiche». Ufficialmente, «il tasso di disoccupazione è tornato ai livelli di oltre dieci anni fa, ma le persone sono ancora senza lavoro, o costrette a fare due lavori». Trump ha intercettato il malumore della gente comune, che «si sente abbabndonata, non gli piace quello che ha fatto il governo e ha sentito di non contare nulla». Ma la propaganda di Trump – sessismo, razzismo – è stata violenta: «Quello che mi fa paura è che ci troviamo in una situazione non molto diversa da quella che si manifestò dopo l’incendio del Reichstag», dice McGovern. E le premesse per l’esasperazione popolare, aggiunge, portano la firma di Bush e Obama.
A partire dall’11 Settembre, insiste Ray McGovern, negli Usa sta prendendo piede una reazione simile a quella della Germania alla vigilia sdel nazismo: «La gente normale è spaventata e crede che la Costituzione debba fare un passo indietro per lasciare spazio a “nuove leggi”: i tedeschi le chiamarono “leggi d’emergenza”, noi Patriot Act. Leggi che infrangono la Costituzione». Ci vogliono anni prima che la Carta stabilisca che sono incostituzionali, ma «nel frattempo, molta viene viene arrestata e incarcerata, illegalmente». Per esempio, il presidente Obama può ancora arrestare qualcuno senza neppure un processo e sbatterlo a Guantanamo, fintanto che è in corso la “guerra al terrorismo”. «Sarebbe legale? No. E’ stata varata, questa legge? No, ma è stata scritta. Quindi, potrebbe essere considerata legale». Nessuno è più libero di criticare il governo, insiste l’ex alto funzionario Cia. «E’ una cosa maledettamente seria. E’ sui libri, è scritta, e ha già un effetto deterrente su ciò che le persone fanno o dicono». Lo stesso Obama ha sorvolato ripetutamente la Costituzione: «Come la mettiamo coi i “presunti terroristi” che il presidente ha ordinato di uccidere in Afghanistan e in Pakistan? Alcuni di loro erano cittadini americani, sono stati privati della loro vita senza un regolare processo. Ma il ministro della giustizia di Obama, Eric Holder, diceva: no, noi non lo facciamo, il giusto processo, lo facciamo già qui alla Casa Bianca, senza bisogno di nessun tribunale».
«La cosa più triste», aggiunge McGovern, è che negli Usa «la professione legale si comporta in modo vergognoso: approva la tortura». Tutto merito di «un pugno di avvocati», che hanno dato il loro ok nel silenzio generale dei colleghi, «tutti molto riluttanti, troppo impegnati col loro prossimo ricco contratto». Persino gli psicologi, «utilizzati per avallare le tesi di Bush, dissero che non c’erano state torture: avevano corrotto anche loro». Ma, in compenso, «l’ordine degli psicologi li radiò dall’albo». Lo fecero «perché vincolati alla stessa regola dei medici: non fare del male». McGovern rivendica la “pulizia” di interi settori dell’intelligence: «Sapevamo, anche prima della guerra in Iraq, che le prove delle armi di distruzione di massa di Al-Qaeda e Saddam Hussein erano solo vecchi stracci, cioè che non esistevano. Lo abbiamo fatto presente, ma il presidente voleva la sua guerra, e così è stato». E la stampa? Non pervenuta: si è allienata al potere. Da allora è diventata il megafono della Casa Bianca, prima sotto Bush e poi con Obama. «I media hanno raccontato agli americani che la Russia ha “invaso” la Crimea il 23 febbraio 2014, anziché dire la verità: e cioè che noi, gli Stati Uniti, il giorno prima avevamo fatto un colpo di Stato in Ucraina contro la Russia».
Riuscirà Trump a imporre una narrazione veritiera degli eventi? Sarebbe bello, sospira McGovern, dopo che la Clinton ha definito “killer” un leader come Putin, sostenuto da oltre l’80% dei russi. «Credo che Trump ce la possa fare», dice l’ex dirigente Cia, ma dovrà dire ai grandi media: «Ci avete mentito, non ci avete riportato i fatti reali e i problemi dell’Europa». Trump ha l’opportunità di smentire il mainstream, facendo un accordo con Putin. Gli europei? Ne saranno disorientati: «La cattiva notizia, per loro, sarà che dovranno spendere di più per la loro difesa. Ma la buona notizia è che la gente si chiederà: perché?». Già: se la Russia non è più una minaccia, perché investire ancora nella Nato? Allora, dice McGovern, sulla stampa americana cominceremmo a leggere cose del tipo “ok, avevamo esagerato: è vero, non abbiamo più bisogno di incrementare la difesa”. «Se hai a che fare con un popolo che non è stato nutrito di informazioni corrette, devi cominciare a farlo. E Trump lo può fare». Funzionerebbe: «La stampa lo seguirà e dirà: ah è vero, la Russia non è poi così male. Putin? Sta parlando col nostro presidente, quindi non dev’essere così cattivo». Ma lo stesso McGovern è il primo a sapere che, prima, bisogna fare i conti con l’oste: «La stampa è controllata dalle mega-corporations che fanno soldi con l’industria delle armi».
Qualcuno mi manda per mail una copertina di Uomo Vogue Italia: ritrae James Franco,un attore di qualche notorietà, insieme a Marina Abramovic. Questa, il lettore ricorderà, è la ‘artista’ e strega che invitò John Podesta, il capo della campagna di Hillary, a un “cooking spirituale” con sangue e sperma.
Mi mandano anche un’altra foto: Riccardo Tisci, uno stilista italiano di successo (ha realizzato costumi per Madonna) che si fa’allattare al seno della Abramovic.
Mi tocca parlarvi dunque dello scandalo pedofilo-satanico che viene in questi giorni represso e sepolto dai media americani, perché coinvolge l’entourage intimo di Hillary Clinton. La Abramovic è solo una del vastp giro: ha ricevuto dalla Fondazione Clinton 10 mila dollari, probabilmente come compenso di una “performance privata”. Sui media alternativi e social (i soli che hanno compiuto l’indagine, collettivamente e con risultati probanti) lo scandalo è battezzato PIZZAGATE. Perché tutto gira attorno alla Pizzeria Comet Ping Pong, 5037 Connecticut Ave NW, Washington, proprietà di James Alefantis.
Qui sotto una immagine diffusa dallo stesso Alefantis su Instagram, che fa’ capire che lì non si mangia pizza.
I blogger sono convinti che il gruppo usi un linguaggio cifrato. Dove “pizza” sta per bambina, “hot dog” per bambino, e così via. Ora, il gruppo Podesta – ricco e sofisticato – sembra insaziabilmente affamato di questi cibi semplici e popolari. Li cercano in tutto il mondo. John Podesta, in una mail del 3 settembre 2015, scrive all’interlocutore: “Sogno il tuo banchetto hotdog in Hawaii”
From:SternTD@state.gov To: podesta@gmail.com Date: 2015-09-03 18:17 Subject: man, I miss you
I’m dreaming about your hotdog stand in Hawaii…
Nel 2009, il presidente Obama si fa’ arrivare in volo da Chicago, per “un evento privato alla Casa Bianca”, “pizze ed hotdog” per 65 mila dollari.
Mancano forse pizze e panini al wurstel a Washington? Anche le pizze cui si allude fra adepti. Qui “Joshua”, che è il cuoco del Comet Ping Pog, fa capire quali siano le specialità della casa.
Introduciamo dunque il padrone della Comet Ping Pong, James Alefantis. La rivista del lusso e della moda “GQ” lo dice “una delle 50 persone più potenti di Washington”, il che – ammettiamolo – è strano per un pizzaiolo. E’ uno dei massimi raccoglitori di fondi per Hillary. Bisessuale, il suo compagno è David Brock, noto giornalista liberal, che il Time Magazine ha descritto come “uno dei membri più influenti del partito democratico”. La coppia ha raccolto fondi e fatto intensa campagna per la Clinton.
Perché una pizzeria si chiama “Ping Pong”. Perché si gioca a ping pong, risponde la pubblicità della Comet. Secondo i bloggers, nel gergo pornografico, “ping-pong” è una pratica sessuale aberrante dove due uomini penetrano una donna. O il contrario… Si vedano le racchette da ping pong che appaiono sui menù del Comet:
Sono due simboli per “femmina”, uniti dal lato del sesso.
Sul suo conto Istagram, Alefantis – che qui si firma jimmycomet – posta foto come questa (o le postava, oggi ha chiuso):
O come questa:
Ma c’è anche questa foto: un lugubre sotterraneo senza finestre, forse una stanza frigorifera.
I commenti dei suoi “amici” sembrano sapere che lì succederà qualcosa di orribile: “killroom”, commenta uno. Un altro: “E’ dove i lupi mannari si chiudono nelle notti di luna piena?”. Lui, Alefantis, scrive: “murder”, assassinio.
Nella pizzeria di Alefantis, si esibiscono gruppi pop. Uno si chiama “Sex Stain” (macchia di sesso). Si guardi la foto del gruppo che si esibisce, in una performance alla Comet il 15 settembre scorso. . Il simbolo sulla sinistra della cantante, a forma di piramide o triangolo blu sul grosso dado:
E’ il simbolo che l’FBI ha identificato, fra molti altri, attraverso i quali i pedofili si riconoscono.
Quando nel corso di un’inchiesta ci si imbatta in questo simbolo, gli agenti federali sono istruiti a sospettare delitti di pedofilia.
A questo punto bisogna introdurre Tony Podesta, il fratello di John Podesta. Descritto dai media come “Un superlobbista”, professionalmente “capace di tutto”, con una cerchia di amicizie potenti. “Tony ha trasformato la sua magione di Kalorama in un santuario dell’arte contemporanea”, hanno scritto i giornalisti del Washington Post fra l’adulatorio e il terrificato. Perché nel suo studio, Tony Podesta tiene un quadro della pittrice Biljana Djiurdjevic. Qui sotto un altro quadro della Djurdjevic:
Cercate di metterla come volete, è un bambino che sta per essere torturato.
Qui un altro:
Gli occhi dilatati dal terrore e le faccine impaurite di queste vittime, sembrano attrarre l’attenzione (erotica) della pittrice.
Secondo un blogger psichiatra, da questi quadri si può ritenere che la stessa Djurdjevic deve aver subito qualche violenza carnale nell’infanzia.
Qui posto anche la pubblicità dell’agenzia di PR di John Podesta.
Molto istruttivo (e abietto) il comportamento dei mainstream media di fronte a queste scoperte. Invece di sguinzagliare torme di giornalisti ad indagare, hanno taciuto per settimane, sperando che il vecchio trucco “la CNN non ne parla” bastasse ad insabbiare la storia. Poi, siccome il vecchio trucco non funziona più e la storia diventa sempre più spaventosa via via che si moltiplicano le ricerche dei blogger, il New York Times si è deciso a pubblicare un articolo. Titolo: “i creatori di notizie false si scatenano contro una pizzeria che accusano di essere il nido di un traffico di bambini”.
Particolare interessante: il titolo dell’articolo è stato cambiato tre volte nella versione online. Prima è apparso come “Controlliamo i fatti – Questa pizzeria non è un sito di traffico pedofilo” « Fact Check – This Pizzeria Is Not A Child Trafficking Site ». Poi, la frasetta: “Fact Check” è scomparsa. Probabilmente hanno “controllato i fatti”, e trovato la pistola fumante. Allora il titolo è quello che abbiamo detto: : « Fake News Onslaught Targets Pizzeria as Nest of Child-Trafficking ».
I media hanno così inserito la storia nella campagna che stanno sferrando contro i blogger, e che chiamano “Fake News”, Notizie False. Una campagna che consiste in questo argomento: i blogger alternativi hanno provocato la disfatta di Hillary diffondendo “fake news” sul suo conto. Le sole notizie vere sono quelle che diamo noi sui nostri media. Noi siamo i professionisti, noi prima di dare le notizie “controlliamo i fatti” (fact check). I gestori dei social sono invitati a censurare, anzi chiudere i siti che danno “fake news”. Esiste anche una lista,che comprende persino Zero Hedge, Drudgereport, ed altri rispettatissimi siti.
In realtà, l’articolo del New York Times non porta alcun argomento o fatto che smentisca quel che i blogger hanno scoperto. Si limita a simpatizzare con Alefantis, poveretto, aggredito da cospirazionisti deliranti mentre lui gestisce solo una semplice pizzeria per famiglia.
Portateci i vostri bambini…
Ho pubblicato solo una minima parte delle scoperte dei blogger. Da ultimo è emersa questa notizia: un possibile collegamento fra la morte di Andrew Breitbart, celebre giornalista fondatore del notiziario più pro-Trump ed anti-Clinton, Breditbart Com.
“Mi sfugge come mai il guru-progressista John Podesta non è noto piuttosto come insabbiatore di una operazione di schiavi sessuali bambini di livelo mondiale”, scrisse Breitbart in un tweet il 4 febbraio 2011. Il primo marzo 2012, Breitbart è morto per “collasso cardiaco”. A 43 anni di età. Il suo posto l’ha preso Steve Bannon, che oggi è al fianco di Trump come suo consigliere speciale, nonostante le frenetiche accuse scatenategli contro di essere un “razzista, anti-donne, anti-negri” ed “antisemita” (ha litigato con metà dei neocon, tutti ebrei).
Penso non occorra ricordare che questo tipo di pratiche, oltre che per lussuria, sono esercitate per acquistare potenza magica. Sono “Peccati del Nono Cerchio”, il più profondo dell’inferno, dove Dante pone i “traditori contro chi si fida”. I bambini, innocenti, per eccellenza si fidano.