sabato 23 maggio 2015

guerra: quante probabilità ci sono che scoppi a breve termine?

Forse il titolo dovrebbe essere una altro: “Che guerra combatteremo?” perché, probabilmente, la guerra è già iniziata l’11 settembre 2001 ed è poi proseguita in forme molto diverse dal passato (terrorismo, rivolte, guerre monetarie, commerciali, cyber, sanzioni economiche ecc.)

Abbiamo già detto altre volte che la guerra ha cambiato modalità: da scontro armato, aperto ed a dominante militare, è diventata coperta, multiforme e a dominante strategica complessiva, dove la strategia integra sia forme di pressione sia militare che economiche, finanziarie, monetarie, di intelligence, di guerra indiretta, ecc. C’è chi parla di guerra a “bassa intensità”, intendendo per essa una bassa intensità militare, che, però, non esclude un’altissima intensità economica, politica, tecnico-scientifica.

Dunque, la domanda che dobbiamo porci è: “quante probabilità ci sono, che la guerra prosegua in queste forme a bassa intensità militare e non si trasformi in guerra aperta e ad alta intensità militare?”.

Nel secondo caso, ovviamente, l’attuale guerra a bassa intensità diverrebbe solo un lungo prologo di quella successiva.

Per rispondere dobbiamo in primo luogo constatare come la crisi duri ormai da parecchi anni ed abbia assunto carattere realmente globale. Per globale non intendiamo solo “internazionale” o “mondiale”, ma “complessiva”, cioè che intrecci finanza, economia, relazioni interstatali, tendenze sociali, stabilità politica interna ecc (torneremo su questo concetto recensendo il libro diAlessandro Colombo “Tempi decisivi”).

Per quanto riguarda la durata, ricordiamo che i primi fallimenti bancari risalgono al 2007 e che non siamo affatto certi di esserne usciti. Dal punto di vista finanziario, ci sono stati momenti di tregua (segnatamente il 2009, e dal 2013 ad oggi,) ma con andamenti discontinui e differenziati da paese a paese e con segnali di ripresa molto modesti ed isolati, ma dal punto di vista dell’economia reale (in termini di produzione, consumi ed occupazione) la crisi non è mai terminata ed ora ci sono solo timidissimi segnali solo negli Usa.

Storicamente tutte le grandi crisi economiche sono sfociate in conflitti di vaste proporzioni: quella del 1873 nella guerra balcanica, conclusa con la Pace di Berlino, quella del 1907 nella prima guerra mondiale e quella del 1929 nella seconda. Fa parziale eccezione quella del 1973-74 che, però, non ebbe i caratteri di intensità e di generalizzazione delle precedenti.

Adesso ci sono le premesse per un nuovo conflitto di ampie proporzioni? E partendo da dove?

Allo stato attuale, abbiamo molti punti di crisi che possono degenerare in conflitti di ampie proporzioni: in primo luogo c’è l’esteso arco di crisi del Me-Na che include molti conflitti ancora non saldatisi fra loro (Mali, Libia, Egitto, Palestina, Siria, Iraq, Afghanistan, Yemen, Barhain ecc.), poi ci sono diversi focolai territorialmente localizzati, ma che si collegano sul piano politico-ideologico con altri (ad es Nigeria) e vecchie aree di conflitti “dormienti” che si riattivano periodicamente (Frontiera Indo-pakistana, isole Senkaku ed isole Paracel). Ma, allo stato dei fatti ed a meno di eventi imprevedibili, non è probabile che nessuno di questo possa portare ad un conflitto generalizzato.

Lo scenario più preoccupante, che può innescare uno scontro militare di proporzioni incalcolabili, è sicuramente quello ucraino del quale possiamo temere una rapida degenerazione già in estate.

Abbiamo una serie di scenari possibili della crisi ucraina che, in ordine di successione e di gravità crescente, possiamo descrivere in questo modo:

1: i contendenti minori (russofoni e ucraini) continuano a combattersi nelle forme attuali (sotterraneamente aiutati dai rispettivi sponsor) ancora per qualche tempo, in attesa di una soluzione diplomatica

2: uno dei due contendenti minori (Ucraina o Donetsk) lancia una forte offensiva verso l’altro, ottenendo di metterlo in ginocchio e chiudere il conflitto con la sua sconfitta militare

3: l’offensiva vincente di uno dei due contendenti obbliga lo sponsor del perdente ad entrare esplicitamente nel conflitto per evitare la sua sconfitta militare

4: il risposta all’ingresso di uno degli attori maggiori, anche l’altro entra apertamente nel conflitto (con due varianti per gli occidentali: Usa ed Europei insieme o Usa da soli), ma il conflitto si tiene nell’area geografica dell’attuale Ucraina (con o senza Crimea) e con armi convenzionali

5: uno dei due contendenti maggiori ricorre all’uso di atomiche tattiche

6: le azioni militari (soprattutto bombardamenti aerei, attacchi satellitari, eventuali sconfinamenti di carri ecc.) si estendono al territorio russo o di uno dei paesi europei eventualmente impegnati nel conflitto o colpisce unità navali americane

7: gli incidenti su territorio degli attori maggiori si susseguono e provocano l’aperto stato di guerra fra le potenze maggiori

8: la Cina si schiera con i Russi ed i Giapponesi attaccano la Cina generalizzando la guerra.

Come si vede andiamo dall’ipotesi più favorevole (la prosecuzione del conflitto nelle forme attuali sino alla sua composizione) a quella più catastrofica che è la generalizzazione del conflitto, in una vera e propria guerra mondiale a dominante militare.

di Aldo Giannuli



fonte: terrarealtime.blogspot.it

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