venerdì 23 maggio 2014

in Brasile

Lo squadrone della morte

Un ricordo insanguinato


Lo squadrone della morte


Il 20 giugno 1968 nacque ufficialmente a San Paolo, in Brasile, lo squadrone della morte. Alcuni poliziotti, nell'intento di salvaguardare il prestigio della polizia civile, decisero, senza preoccuparsi troppo delle conseguenze, di migliorare le statistiche dell'efficienza attraverso l'eliminazione pura e semplice di molti dissidenti e rivoluzionari, contando a tal fine sull'appoggio del vertice dell'istituzione e perfino su quello del governatore dello stato. Né il pubblico ministero né la magistratura sembravano disposti a far luce sugli omicidi. Con l'atto istituzionale numero 5 (AI5) del 13 dicembre 1968, si attribuirono al capo dello Stato poteri illimitati quali lo scioglimento del congresso, l'annullamento dei mandati parlamentari, la sospensione dei diritti civili e politici dei cittadini, la confisca dei loro beni e soprattutto l'abolizione del principio dell'habeas corpus, ossia le garanzie di libertà del cittadino arrestato illegalmente e accusato di reati politici e contro la sicurezza dello Stato. La repressione di tutte le libertà e in particolare dei diritti dell'uomo e la censura quasi totale imposta su ogni forma di espressione e di informazione, dimostrano che democrazia e regime militare possono convivere: mentre aumenta l'alienazione politica, sociale e culturale, la stampa critica viene uccisa dal regime. Le tragiche condizioni del Brasile erano dovute, oltre che agli evidenti limiti del “miracolo economico” e alla sua inevitabile regressione, alla forza delle multinazionali che approfittavano della manodopera abbondante e a buon mercato, del basso costo delle materie prime e soprattutto della protezione tariffaria offerta loro dal governo. Infatti nel 1965 si era arrivati ad un accordo per favorire gli investimenti privati degli Stati Uniti, concedendo una garanzia cauzionaria agli investimenti delle imprese nordamericane operanti in Brasile: il Paese era sottomesso ad una politica di alienazione totale, schiavo del dollaro e dell'imperialismo USA.
La Chiesa, apparentemente spaccata in due, da un lato una minoranza fortemente reazionaria sosteneva la politica del governo brasiliano, dall'altro una parte significativa mostrava la propria disponibilità ad un processo radicale di rinnovamento, andandosi a sostituire al welfare nazionale.
Dal 1964 esisteva, anche se minima, un'opposizione politica e il movimento studentesco brasiliano ne fu la principale forza. E' solo nel 1968, però, che il movimento studentesco maturò nella lotta diretta contro la repressione, ma le manifestazioni studentesche del settembre e dell'ottobre 1968 svoltesi a Guanabara e San Paolo, isolate e male organizzate, furono represse con brutale violenza dalla polizia dimostrando l'insufficienza di quella forma di lotta. Il nuovo potere fascista e legato fortemente agli Stati Uniti, diede inizio a una spietata campagna di repressione contro ogni libertà pubblica. In questa situazione il popolo brasiliano stabilì che per distruggere questo congegno imperialista, l'unica via sarebbe stata la lotta rivoluzionaria antiautoritaria. Mentre venivano decisi assemblearmente lo sviluppo della lotta nelle zone rurali, si continuò a mantenere nelle zone urbane quella struttura che diede vita ad azioni politiche nelle fabbriche, nelle scuole, fra i portuali, nelle favelas, nei quartieri operai. L'opposizione al regime aumentò anche attraverso la presa di coscienza di grossi gruppi di ceto medio e, mentre cresceva lo scontento fra gli operai, gli studenti e gli intellettuali, le organizzazioni rivoluzionarie armate cominciarono le loro operazioni di guerriglia.
Molte furono le azioni armate nelle banche e nelle caserme e le operazioni di sequestro di diplomatici stranieri per ottenere la liberazione di prigionieri politici.
Nel giugno del 1970 un agente di polizia veniva abbattuto da un gruppo armato rivoluzionario alla periferia di San Paolo. Non ci volle molto: una ottantina di pallottole lo abbatterono mentre, a quanto pare, stava dormendo in un riparo improvvisato. Un grido di vendetta riecheggiò in tutta la polizia di San Paolo che si mise subito a dare la caccia all'assassino: per ogni poliziotto ucciso si sarebbero fatti fuori dieci rivoluzionari. Questo “patto” permise una rapida eliminazione degli elementi della guerriglia urbana già nelle loro mani. La maggior parte degli uccisi erano, infatti, guerriglieri che lottavano per la libertà e la giustizia. Altri erano ladri comuni, piccoli spacciatori o a volte si trattava di questioni di prestigio o di vendette personali. Il governo diventa il protetto ufficiale di delinquenti pur di proteggere l'unica immagine di quanto esso possa offrire al Paese in cambio dell'accettazione di un modello socio-economico completamente alienato: e questa immagine è la sicurezza. Di quale sicurezza si tratti è chiaro, di quella contro i “sovversivi” e i “terroristi” come il caso della “pulizia della città” e della lotta alla mendicità a Rio de Janeiro, che si trasformò in uno sterminio di mendicanti, raccolti per strada, massacrati e gettati in un fiume. I luoghi destinati alla tortura dei detenuti politici sono perfettamente noti: a San Paolo il Deopos (Dipartimento dell'ordine politico e sociale) arresta, tortura e fa sparire chiunque sospetti, l'Oban (Operazione Bandeirantes) è un tipo di scuola superiore di tortura, responsabile di centinaia di uccisioni. Alcuni di questi omicidi, avvenute nelle carceri stesse, divennero motivo di scandalo, per cui il governo fu obbligato ad aprire inchieste, ma evidentemente le autorità incaricate dell'investigazione erano le stesse responsabili delle morti. Vi era un clima di terrore e lo si respirava ovunque, tutti agivano con una prudenza estrema per timore di destare sospetti. Il terrore regnava e da sporadiche indagini si scoprì che lo squadrone aveva una struttura simile a quella mafiosa e lo schema di pressione montato dalla polizia serviva per dominare il potere giudiziario ed ottenere così l'impunità dei membri dello squadrone della morte. I principali implicati nell'esecuzione dei crimini dello squadrone passarono ad agire nel campo della polizia politica, venendo così a far parte del sistema di sicurezza, al quale trasmisero la loro tecnica d'azione. Facendo ciò si trasformarono agli occhi di non pochi, in autentici eroi nazionali, intoccabili alla Giustizia. D'altra parte, quelli che cercarono di denunciare i crimini da essi commessi, inizialmente ispirati eppoi incoraggiati da un governatore e da un segretario di Stato, finirono per essere classificati come nemici dello Stato e trattati come tali. Resta però la speranza che la giustizia popolare sappia compiere, oggi, la sua parte, memore della storia, evitando provocazioni e di commettere gli stessi errori del passato, poiché man mano che si avvicina la redde rationem, non ci si offuschi la mente per un giudizio ponderato e un processo rivoluzionario finalmente efficace.
'Gnazio
n. 23 anno 92 luglio
fonte: www.umanitanova.org

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