sabato 15 febbraio 2014

Giovanna Monduro


La strega di Salussola

Qui si narra la storia della sfortunata Giovanna Monduro. Era moglie di Antonio Monduro di Miagliano abitante appunto a Salussola. Ella non era ben vista né dai parenti né dai vicini di casa a causa della sua bellezza, si diceva infatti che era troppo bella per essere una donna normale. Da qui partirono le prime accuse.

Prime accuse

Il 21 Gennaio del 1470 ci fu la prima testimonianza della moglie di Guglielmo Monduro, Antonia: Affermava che Giovanna l’aveva maledetta e aveva predetto che entro un anno sarebbe morto “il meglio” della famiglia nella casa Monduro. Dopodiché furono soffocati i figli e morì uno dei due, Agostino. I fratelli, dopo la morte accusarono Giovanna di aver maledetto più volte la madre Elena, ed ella riferì che la strega sapesse che il suo bambino non poteva vivere. Come se non bastasse, in prigione, un ‘altra strega, Maddalena, affermò di aver visto Giovanna in “stregheria” (che sarebbe il sabba: luogho d’incontro delle streghe, secondo le leggende del Vercellese e del Biellese) ma ella, appena fu davanti al Vicario, negò. Fu interrogata successivamente al tribunale dell’inquisizione ma ella sosteneva sempre che le accuse che a lei erano state fatte fossero false, anche sotto tortura. In questa cornice si muoveva Artemisia, che suggeriva la raccolta di alcune erbe (tra le più famose la lavanda, la mandragora, l’aglio, il rosmarino, meglio dette erbe di San Giovanni o erbe delle streghe) dal momento che si riteneva che queste, bagnate dalla rugiada, moltiplicassero i propri attributi terapeutici e magici. Altre usanze che si dicono suggerite da Artemisia sono la raccolta di 24 spighe di grano, da conservarsi tutto l'anno, un formidabile amuleto contro le sventure. Per difendersi da funeste influenze inoltre suggeriva di cogliere l'iperico dai fiori gialli e tenerlo sul corpo per una intera notte, oppure la verbena, simbolo di pace e prosperità.

Nuova accusa

Il 18 febbraio però, ci fu un’altra accusa da parte delle tre figlie di Martino Monduro, esse dichiaravano che uno sciame di api era entrato nel loro podere ma che si era diviso in due, e il secondo sciame andò a fare grappolo vicino alla terra di Giovanna, ella non riuscendo a catturare lo sciame, si era inginocchiata pregando e le api erano volate via.

La confessione

Ovviamente ella fu condotta nuovamente al tribunale e il 20 febbraio fu di nuovo torturata. Infine, sfinita per il trattamento subito, ella confessò i suoi “crimini”. Ovviamente, risultò simile a molte altre confessioni ricevute, Giovanna però rievocò il folklore diffuso in Europa; disse di aver bevuto dal “bariletto”(che in pratica era fatto dal cadavere di un giovane, fatto a polvere e bevuto da loro) di aver calpestato la croce, e rinnegato Dio, ammise anche di aver ucciso il figlio di Elena e aver soffocato, insieme alla strega Maddalena i due figli di Antonio.
Gli inquisitori insistettero poi che ella facesse altri nomi, lei cedette ma poi cercò di rinnegane dicendo di esser stata intontita quando li aveva pronunciati.

La morte

Infine, il 17 agosto 1470, presso il ruscello ai confini di Miagliano, Giovanna fu bruciata viva.
In suo ricordo, però, ella ci lasciò una frase che a mio parere, fa riflettere:
“Ogni maledizione su di voi, giudici che mi avete condannata mettendomi in bocca vostre parole, con la tortura mi avete costretta alla confessione, furono vostre le fantasie che mi hanno spalancato la porta dell’inferno! In verità l’unica mia colpa è stata di aver litigato con l’Antonia, mia cognata...”
E qui si conclude un’altra tragica storia, di una morte ingiusta, di una donna che aveva colpa solo di essere troppo bella.
Si parla di lei anche in un libro intitolato La terra e il fuoco. Storia di una inquisizione di Paola Cereda che racconta la storia di Giovanna in prima persona.
Desirèe

fonte: pianetaarcano.altervista.org

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