mercoledì 22 gennaio 2014

America 1609, i coloni cannibali di Jamestown



di Paula Neely

Gli archeologi hanno scoperto la prima prova concreta di cannibalismo da parte dei disperati coloni inglesi durante la carestia del 1609-1610 a Jamestown, in Virginia, il primo insediamento inglese stabile nel Nuovo Mondo. Lo ha annunciato un team di ricercatori dello Smithsonian Museum of Natural History, dell'Historic Jamestowne e della Colonial Williamsburg Foundation, durante una conferenza stampa che si è tenuta il primo maggio a Washington, D.C.

Esistono cinque resoconti storici scritti da o su coloni di Jamestown in cui si fa riferimento al cannibalismo, ma questa è la prima volta che si dispone di una testimonianza materiale, afferma William Kelso, direttore della sezione archeologica dell'Historic Jamestowne. 

"Si tratta di una scoperta davvero rara", dice James Horn, ricercatore della Colonial Williamsburg Foundation. "È l'unica testimonianza materiale di cannibalismo da parte di europei in una colonia europea  - che sia spagnola, francese, inglese o danese - nel periodo coloniale compreso  tra il 1500 e il 1800".

I frammenti del cranio macellato e dell'osso della tibia di una ragazza inglese di 14 anni, soprannominata "Jane" dai ricercatori, sono stati scoperti 
dagli archeologi di Jamestown lo scorso anno. I resti si trovavano a una profondità di circa 80 centimetri in un deposito di rifiuti del XVII secolo nel sottosuolo di un edificio costruito nel 1608 all'interno del James Fort. Kelso ha poi chiesto a Doug Owsley, capo della sezione di antropologia al National Museum of Natural History di Smithsonian, di esaminare i resti e determinare se fosse stata uccisa o cannibalizzata.

La scoperta mette la parola fine all'annosa controversia tra storici sul fatto che si siano verificati o meno episodi di cannibalismo nella colonia durante l'inverno del 1609, quando circa l'80 per cento dei coloni morì. 

Gesti esitanti

Owsley descrive segni di colpi e tagli multipli sul teschio della ragazza, inferti da uno o più aggressori dopo la sua morte. "Erano chiaramente interessati alla carne della guancia, ai muscoli della faccia, alla lingua e al cervello", dice. I capelli di Jane non furono rimossi.

I segni di quattro colpi vicini inferti sulla fronte indicano un tentativo fallito di aprirle il cranio, secondo Owsley. La prossimità dei colpi non andati a buon fine indica che la ragazza era già morta, altrimenti i colpi sarebbero stati più "a casaccio", spiega.

Il retro del cranio è stato poi spaccato da una serie di colpi inferti con una scure o una mannaia leggera, continua lo studioso. Le mannaie e i coltelli riportati alla luce nel sito di Jamestown sono stati confrontati con i colpi, e secondo Owsley, i colpi sono compatibili con quelli inferti da una mannaia. Sulla mandibola erano presenti anche numerosi tagli, segni di sega e segni di estrazione effettuati con la punta di un coltello per ricavarne la carne e rimuovere il tessuto della gola e la lingua.

Owsley afferma che la procedura di taglio non è attribuibile a un macellaio esperto, se si escludono forse i colpi alla tibia. "C'è esitazione e incertezza nei segni, atteggiamenti che solitamente non si riscontrano nella macellazione degli animali". 

"Il trattamento postmortem riservato al corpo di questa ragazza rivela la situazione disperata in cui si ritrovarono i coloni di James Fort durante l'inverno del 1609-1610", aggiunge Owsley.

Nonostante fossero ancora intatte solo alcune ossa della testa, i ricercatori sono stati in grado di produrre una ricostruzione facciale di Jane creando digitalmente un  cranio 3D.
Secondo lo storico di Jamestowne, Kelso, la colonia di Jamestown rappresenta "una pagina nera della nostra storia". Questa testimonianza di cannibalismo "ci proietta in quell'epoca", ha aggiunto. 

I resti raccontano

Poiché è stato ritrovato solo il 10 per cento dello scheletro di Jane, i ricercatori non sono stati in grado di dire molto della sua storia, ma esaminando la sua tibia sanno che aveva 14 anni. In base a studi isotopici sul suo terzo molare, l'alto contenuto di azoto indica che Jane forse apparteneva a una famiglia di elevato stato sociale, o ne era una domestica. Livelli elevati di azoto indicano infatti che mangiò molte proteine, che erano scarse e costose, afferma Kari Bruwlheide, un antropologo dello Smithsonian che collabora con Owsley.

I ricercatori sanno anche, grazie a un confronto tra isotopi di ossigeno nel suo dente e isotopi di ossigeno trovati in campioni di acqua freatica dell'area di provenienza che probabilmente Jane era originaria della costa meridionale dell'Inghilterra. Secondo Bruwelheide, l'analisi degli isotopi di carbonio nelle ossa, che indicano la possibile dieta della ragazza, rivela che Jane non  aveva vissuto a lungo a Jamestown prima di morire.

Una situazione disperata

Secondo Horn, della Colonial Williamsburg Foundation, Jane probabilmente arrivò a Jamestown nell'agosto del 1609 su una delle sei navi inglesi che approdarono al forte dopo essere scampate a un uragano durante la traversata. Le nuove riserve di cibo arrivarono guaste e in quantità ridotta: la maggior parte delle provviste andò perduta quando la nave ammiraglia Sea Venture affondò durante la tempesta, e molti nuovi coloni erano in cattive condizioni di salute.

I coloni di Jamestown stavano già morendo di fame quando arrivarono i 300 nuovi coloni, provati da malattie e carenza di cibo. 

La crescente domanda di cibo alle tribù indiane vicine, unita alla grave siccità, portarono al deteriorarsi delle relazioni con gli indiani Powhatan, una potente tribù che occupava gran parte della regione costiera della Virginia. Il capo della colonia, il capitano John Smith, che era stato ferito in un'esplosione, partì con la flotta per il suo viaggio di ritorno per l'Inghilterra, lasciando Jamestown senza una guida.

A novembre, i Powhatan avevano già dichiarato guerra agli inglesi, assediando Jamestown e tagliando ai coloni ogni aiuto esterno. "Le condizioni divennero sempre più disperate", racconta Horn.

All'inizio i coloni mangiarono i loro cavalli, poi i loro cani e gatti. I residenti di Jamestown mangiarono anche ratti, topi e serpenti, secondo un resoconto  di prima mano di George Percy, che divenne il capo temporaneo della colonia dopo la partenza di John Smith. Percy scrive che alcuni coloni mangiarono i loro stivali, le loro scarpe e qualsiasi altra pelle che riuscirono a trovare. Altri lasciarono il forte per cercare radici degli alberi, ma furono uccisi dai guerrieri Powhatan.

Atti indicibili

Con il proseguire dell'assedio durante l'inverno, racconta Percy, "per sopravvivere si ricorse a ogni mezzo, compresi atti indicibili". Il colono si riferiva al cannibalismo, afferma Horn. "Solo nelle circostanze più disperate gli inglesi sarebbero arrivati a tanto". A primavera del 1610, erano sopravvissute al forte solo una sessantina di persone, secondo i calcoli di Kelso. Quanti morti furono cannibalizzati non è noto, ma Jane non fu un caso isolato, secondo resoconti storici.

La colonia si salvò grazie all'arrivo di Lord de la Warr, primo governatore di Jamestown, che portò provviste per un anno e altri coloni. Jamestown sarebbe diventata la prima colonia inglese permanente nel Nuovo Mondo.

2 maggio 2013

fonte: www.nationalgeographic.it

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